In questi giorni, su alcuni quotidiani, si è riaccesa la discussione sull’ampliamento della Riserva della Biosfera Unesco dell’Appennino Tosco Emiliano. Ovviamente, quando si spendono termini “Riserva”, “Ampliamento” etc., l’attenzione del mondo venatorio raggiunge livelli da allarme rosso. E’ giusto pertanto mantenere “alta la guardia”, considerato che sul progetto in questione, presentato all’attenzione del Ministero dell’Ambiente lo scorso 30 novembre 2020 e già inviato all’ Unesco, potrebbero scaturire delle importanti decisioni già nel prossimo mese di giugno 2021. L’estensione territoriale non è certo trascurabile; circa 500.000 mila ettari, 6 province ed 80 comuni.
Tra questi anche tanti comuni della Lunigiana Toscana saranno in futuro interessati. Ma che cos’è in realtà il programma MAB e più in particolare cosa sono le Riserve della Biosfera? Il Programma “L’uomo e la biosfera”, Man and the Biosphere – MAB, è un programma scientifico intergovernativo avviato dall’UNESCO nel 1971 per promuovere su base scientifica un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente attraverso la tutela della biodiversità e le buone pratiche dello Sviluppo Sostenibile. Il Programma mira a migliorare le relazioni tra le persone e l’ambiente in cui vivono e a tale scopo utilizza le scienze naturali e sociali, l’economia e l’educazione per migliorare la vita delle persone e l’equa distribuzione dei benefici e per proteggere gli ecosistemi naturali, promuovendo approcci innovativi allo sviluppo economico che siano adeguati dal punto di vista sociale e culturale e sostenibili dal punto di vista ambientale.
Il programma ha come obiettivo primario l’uso e la condivisione razionale e sostenibile delle risorse della biosfera. A tale scopo tende ad aumentare l’abilità delle persone di gestire in modo efficiente le risorse naturali, per il benessere degli esseri umani e dell’ambiente. Al proprio interno il MAB inserisce le Riserve della Biosfera che comprendono ecosistemi terrestri, marini/costieri o una combinazione degli stessi. Le Riserve promuovono attività di cooperazione scientifica, ricerca interdisciplinare e sostenibilità ambientale nel pieno coinvolgimento delle comunità locali, pertanto rappresentano esempi di best practice nell’ottica dello sviluppo sostenibile e della interazione tra sistema sociale e sistema ecologico. Il Network mondiale delle Riserve della Biosfera comprende attualmente 714 Riserve della Biosfera di cui 19 in Italia. Dagli obiettivi e dalle finalità risulta evidente che al momento non si rilevano particolari azioni e prescrizioni limitative per l’attività venatoria.
Anzi, ragioni come lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità si legano ampiamente agli obiettivi ed agli interessi del mondo venatorio rappresentando una potenziale opportunità per la caccia stessa. Va anche detto che l’attività venatoria è soggetta alle leggi degli stati membri sui quali l’ Unesco non ha né possibilità, né autorità per intervenire. Tale concetto è stato del resto ribadito dalle dichiarazioni del coordinatore MAB Appennino e Presidente del Parco Appennino Tosco-Emiliano Dott. Fausto Giovannelli. In una recente intervista rilasciata al quotidiano “La Nazione”, il Presidente ha affermato come il riconoscimento MAB Unesco non comporta alcuna modifica alle norme, ai limiti o confini imposti alla caccia dalle leggi nazionali e locali. “Le riserve dell’ Uomo e della Biosfera non sono e non vogliono essere riserve naturali o parchi” – dichiara Giovannelli; “I cacciatori e le associazioni venatorie di 5 province hanno già potuto sperimentare nei 5 anni trascorsi dal giugno 2015, che l’istituzione della MAB non ha introdotto limitazioni ulteriori alle attività venatorie, rispetto a quelle preesistenti. Così sarà anche con il nuovo allargamento.”
Ciò detto non è nostra intenzione trascurare o minimizzare la problematica ma anzi, richiederemo con forza il necessario coinvolgimento del mondo venatorio e delle comunità locali, sulle future scelte riguardanti i territori su cui essi vivono ed operano. Una attenzione che però non vuole e deve scadere in allarmismi di cui i cacciatori non sentono il bisogno e che deve essere supportata dalla conoscenza dei problemi e delle varie evoluzioni che ad essi ruotano attorno. Non ci sfugge infatti ciò che anche in queste ore sta accadendo in altri luoghi delle istituzioni e della politica, a partire dal Senato per quelle che saranno le nuove proposte sulla rivoluzione verde e sulla transizione ecologica. Proposte che andranno ben monitorate a partire da quelle riguardanti il potenziale raggiungimento del 30% di territorio ad aree protette (e pertanto presumibilmente a divieto di caccia). Lo stesso livello di attenzione e di proposta che abbiamo sviluppato con i recenti documenti di osservazioni e proposte inviate all’Assessore all’Ambiente della Regione Toscana Monia Monni sulle modifiche dei Piani di gestione delle aree appartenenti alla Rete Natura 2000, in attesa di conoscerne la stesura definitiva.