Un caso di peste suina è stato registrato a Roma, all’interno del Grande Raccordo Anulare, ben lontano dal territorio appenninico ligure-piemontese dove il morbo ha già marcato 110 casi. L’evoluzione imprevista della situazione induce il senatore Francesco Bruzzone, responsabile nazionale Lega per la fauna selvatica, a ipotizzare scenari finora mai presi in considerazione, “anche e soprattutto perché questa vicenda mette in pericolo un comparto industriale di grande prestigio internazionale e da 20 miliardi annui, tale la dimensione delle aziende suinicole italiane”. “Il caso di peste suina registrato a Roma, a circa 500 km dal focolaio ligure-piemontese, a sua volta distante un’infinità di chilometri dai paesi est europei da cui proviene il virus, alimenta dubbi – sostiene Bruzzone – circa la possibile causa.
Non sarebbe il primo episodio di eco-terrorismo, come dimostrano i piromani che appiccano il fuoco in punti anche distanti fra loro. Confido però che questa ricostruzione non sia vera, e sia da attribuire invece alla circostanza che i cinghiali, che non dovrebbero assolutamente circolare per le strade delle nostre città, si sfamano direttamente dai cassonetti dove del cibo infetto, proveniente dalle zone dove il virus circola, potrebbe essere rinvenuto”.
“Delle due l’una: se è vera la teoria della provenienza esteuropea del morbo, diffuso dagli scarti di produzione zootecnica rimasti nell’ambiente per difetto di smaltimento e consumati dai cinghiali – argomenta Bruzzone – allora dobbiamo chiederci che cosa importiamo e quali problemi ci siano per la salute pubblica. L’alternativa, se vogliamo, è altrettanto inquietante se non di più”. “Auspico quindi che la magistratura attivi le procedure per un’indagine approfondita così da fare piena luce sul fenomeno. Considerato il fatto che la peste suina comporta dei divieti ad alcune attività umane, va fugato il sospetto – conclude Bruzzone – che qualcuno possa avere interesse a far scattare i divieti stessi” (Primo Canale).