Il Capriolo in Italia è ungulato che cela fascino e rispetto, capace di regalare emozioni straordinarie durante censimenti e prelievi di caccia selettiva. Il capriolo è un animale trasformista, considerato il “Principe del Bosco”.
I miei primi ricordi sono legati al capriolo, e non per via dei mille cartoni animati che lo mostrano come l’animale più tenero del mondo. Sono cresciuto nei pressi della favolosa Foresta Umbra, dove ieri più di oggi scorrazzavano queste creature eleganti e schive, che col tempo hanno imparato a diffidare dei predatori e dunque anche dell’uomo.
Non che in provincia di Foggia non si cacciasse il capriolo di velluto, ma durante la mia adolescenza ho imparato a rispettare questa creatura e il rispetto porta sempre con sé la voglia di conoscenza: credo che in buona parte la mia vocazione per la veterinaria sia stata incentivata da questa amicizia silenziosa.
Il capriolo è una creatura insolita: quando tutti abbandonano la montagna il capriolo resta, mutando colori, forme e struttura sociale. Tutto per non lasciare la propria casa che diciamocelo, durante la stagione invernale si fa parecchio inospitale. Non solo il cibo scarseggia, ma aumenta anche il numero di predatori che affamati si mettono alla caccia di qualsiasi cosa respiri: che si tratti di cani selvatici o di bracconieri la cosa cambia davvero poco.
Eppure il capriolo resiste: sarà pure dotato di occhi dolci, ma anche di una sagacia e di una intelligenza che non è da tutti.
E’ durante l’inizio della primavera che da ragazzi si facevano i conti dell’inverno passato: con i primi caldi le nevi si scioglievano e si trovava traccia di quei poveri animali che non ce l’avevano fatta: ma rimanendo in un territorio tanto inospitale ho sempre creduto che i caprioli mettessero in conto di perdere qualche amico. Quel che da sempre mi affascina è la capacità del gruppo di cambiare assetto; gli amori finiscono generalmente in autunno e con l’istinto all’accoppiamento sotto gli zoccoli i maschi si danno una bella calmata. Muore l’istinto territoriale e si iniziano ad intravedere i primi gruppetti di cervidi, normalmente composti da un maschio e qualche femmina. Sono proprio queste ultime a guidare il gruppo: pare quasi che con la perdita del trofeo i maschi perdano anche il loro diritto alla leadership.
Insomma quando il gioco si fa duro, le femmine di capriolo iniziano a giocare e mentre il maschio perde il pelo raso al quale sostituisce il fitto manto grigiastro con alcune macchie bianche sulla gola, queste guidano il gruppo verso la sopravvivenza. Spetta alle femmine trovare il cibo e luoghi sicuri. D’altronde, impegnate da sempre nella gestione dei cuccioli, sono avvezze a tutte le insidie che i predatori possono lanciare. Certo, i pasti che propongono sono poveri e consistono al massimo in poche erbe e foglie, ma tutto è utile per superare l’inverno.
Caccia di Selezione al Capriolo: Sia per via della stagione degli amori, sia per via della perdita del palco, i caprioli sono diversi dai cugini cervi che il trofeo lo vedono cadere in primavera.
Il maschio di capriolo perde il palco in autunno (generalmente in novembre) e lo vede svilupparsi pochi giorni dopo, durante i mesi invernali quando, l’abbiamo detto, la possibilità di approvvigionarsi di cibo è davvero scarsa. La ricrescita del trofeo invece richiede un notevole apporto di calcio, da accumulare durante tutto il periodo autunnale e invernale.
E’ molto affascinare scoprire la fase di ricrescita del trofeo: la ferita si rimargina presto dopo la caduta, viene ricoperta da un nuovo tessuto sotto il quale si sviluppa prima uno strato di cartilagine che diventerà poi tessuto osseo. La zona è naturalmente ben irrorata e protetta da una folta pelliccia: questo consentirà una spedita crescita del tessuto osseo. Quando da ragazzi incontravamo un capriolo con trofei anomali, magari con troppe punte o deformazioni sapevamo bene che nel periodo della crescita aveva subito urti, graffi o eccessivo gelo. Aveva sempre la possibilità di rifarsi l’anno successivo!
Oggi non è più così semplice incontrarli durante le proprie passeggiate invernali e primaverili, per questo non smetterò mai di ringraziare io padre e mia madre che alla vita cittadina hanno sempre preferito quella all’aria aperta, in pieno contatto con la bella natura che in Italia è la vera Regina.