GREVE IN CHIANTI — Regole certe e fisse per i rifugi destinati ad accogliere i cani da caccia e i capanni che saranno ammessi in quanto strutture leggere e temporanee evitando il rischio di costituire abuso edilizio. E’ il Comune di Greve in Chianti, il primo in Toscana, ad averlo previsto in forma sperimentale in una specifica misura contenuta nella Variante anticipatoria al Regolamento Urbanistico. Un provvedimento inedito a livello regionale, frutto di un tavolo aperto con la Regione Toscana e la Sovrintendenza, che definisce norme e modalità certe per l’esercizio dell’attività venatoria ed in particolare per i ricoveri dei cani da caccia e gli appostamenti fissi delle squadre di caccia al cinghiale.
“Abbiamo deciso di intervenire in questo campo – ha detto il sindaco Paolo Sottani – per rispondere ad un’esigenza molto sentita sul territorio, la regolamentazione dei rifugi per i cani da caccia e degli appostamenti fissi potrà dare una soluzione puntuale alle attività venatorie, il cui valore ambientale si intreccia profondamente con il mondo agricolo, in virtù del fatto che una delle novità più significative è che la variante riconosce e identifica i capanni non come manufatti edilizi ma come strutture temporanee e fissa modalità costruttive affinché non costituiscono abusi edilizi”.
Il documento, infatti, così come previsto dal Regolamento disciplina i rifugi ovvero quelle strutture, leggere e reversibili, destinate ad ospitare i cani da caccia. Le squadre di cinghialai presenti a Greve in Chianti sono tre nelle aree di San Polo, Panzano e Greve. Oltre ai rifugi sono ammesse attrezzature per cani di caccia, aree di sgambamento, uno spazio infermeria e per lo sporzionamento del cibo per gli animali. Un’opportunità che il Comune offre alle associazioni che hanno sede a Greve in Chianti con l’obiettivo di rispondere alle loro esigenze. I ricoveri, debitamente distanti da abitazioni e strutture ricettive, potranno ospitare fino ad un numero massimo di 40 cani. Secondo quanto previsto dalla Variante, i rifugi devono essere collocati almeno a 150 metri dalle case sparse e 250 metri dalle strutture ricettive e agrituristiche.
Altrettanto importante è aver disciplinato i capanni per gli appostamenti fissi, che per un certo periodo sono passati come abusi edilizi e che invece, grazie alla prima sperimentazione in Toscana di coordinamento tra i settori della caccia e quello dell’agricoltura e con il coinvolgimento delle associazioni di categoria e del settore venatorio, hanno potuto essere ricondotti nella variante a manufatti non più rilevanti sotto il profilo urbanistico-edilizio. I capanni devono per questo essere realizzati in materiali leggeri, in legno e con strutture tubolari.