C’era una volta un lupo partito dalla Slovenia che trovò una compagna italiana in Lessinia (provincia di Verona)… Nacquero cinque cuccioli e la famiglia si mise alla caccia di cinghiali, mufloni, cervi, pecore…Sembra una favola, la storia dei lupi e del Cansiglio (una delle più belle foreste italiane, stretta fra il Veneto ed il Friuli). Una favola che racconta come la natura, a volte, riesca a riparare i guasti provocati dall’uomo. O almeno ci prova. Dicembre 2011. “Il paradiso perduto dei Bambi. Sono troppi, la metà sarà abbattuta” titola la Repubblica. “Questo era davvero un paradiso”, raccontava Michele Bottazzo, laurea in Scienze forestali, responsabile della ricerca faunistica per Veneto Foreste. “Fino a pochi anni fa qui c’erano ottocento cervi, altrettanti caprioli e poi i galli cedroni, i francolini di monte… Ora ci sono tremila cervi e tutti gli altri animali sono scomparsi. Un cervo maschio arriva a due quintali e sfonda le recinzioni che proteggono i pascoli delle mucche. Le cerve piegano con le zampe i rami più alti per farli mangiare ai piccoli.
Sono spariti i piccoli alberi in “rinnovazione”, cioè in crescita. In pochi anni i cervi distruggeranno tutto il bosco, si ammaleranno e moriranno di fame. Dobbiamo abbatterne 1.200-1.400 in tre anni, dimezzando la popolazione”. Il Piano di controllo del cervo nel comprensorio del Cansiglio, 2011- 2013 fu approvato dalla regione Veneto e dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale. Ci furono però mobilitazioni, appelli e proteste degli ambientalisti e il piano fu bloccato dal presidente della regione Luca Zaia. Novembre 2021. Franco De Bon, consigliere provinciale con delega a caccia e pesca (ora dimissionario con tutta la giunta) annuncia i risultati di un “censimento” svolto ad aprile. “I cervi sono circa duecento. I controlli li facciamo seriamente. Una pattuglia esce alle 22 e fino a mezzanotte conta i puntini rossi, che sono gli occhi dei cervi illuminati da un faro. I numeri riguardano solo il Cansiglio bellunese, che però si estende su 4.500 dei 7.000 ettari della foresta.
Conosco bene il problema, per trent’anni ho lavorato nella polizia provinciale. Ho visto i cervi che mangiavano la punta del mais ancora latteo, che così tranciato veniva rovinato dalle tossine. E le deiezioni nei prati che poi venivano raccolte assieme al fieno e lo contaminavano” dice De Bon. E continua: “non tutti sanno che l’arrivo di questi animali è stato provocato da un errore umano. Alla fine degli anni Ottanta alcuni alberi, durante il taglio, abbatterono la recinzione in cui la forestale aveva chiuso daini e cervi, come in un piccolo zoo. I daini in fuga, non autoctoni, furono abbattuti. I cervi no, erano autoctoni, anche se in Cansiglio nessuno ne aveva visti da decenni. All’inizio fu festa. Nella foresta, che è area protetta, non si poteva cacciare, ma quando gli animali uscivano da lì, ad aspettarli c’erano i cacciatori. Anche per questo la crescita è stata abnorme: i cervi hanno capito subito che era meglio stare in zona protetta. Poi è arrivato il lupo e tutto è cambiato in pochissimi anni”. Ma i dati di De Bon fanno discutere. “Io non credo che il numero dei cervi sia oggi così esiguo” dice Michele Nenz, dirigente della Coldiretti che riunisce gran parte degli allevatori di bestiame.
“Penso che almeno in parte abbiano abbandonato il Cansiglio per ripararsi in boschi non troppo lontani. Questa fuga è stata certamente provocata anche dai lupi, arrivati qui fra il 2017 e il 2018. La prima cucciolata è stata ripresa da una fototrappola l’anno dopo. I lupi non sono più andati via perché in Cansiglio hanno trovato un “ristorante” sempre aperto e con un ricco menù, prima portata i cuccioli di cervo”. Non è facile amministrare una zona protetta quando a comandare sono due regioni e tre province: Belluno, Treviso e Pordenone. Buone recinzioni, scriveva Robert Frost, fanno buoni vicini. “Nella piana del Cansiglio” racconta Nenz “gli allevamenti ora sono protetti bene, con recinzioni elettrificate. Ma bisogna difendere anche le malghe isolate, le vacche in alpeggio, le pecore… “E allora chiudiamo gli animali in stalle e recinti“, sostengono gli animalisti. Ma lo sanno che per stare bene le mucche e le pecore debbono essere libere?
In estate, ad esempio, le vacche per evitare le mosche e il caldo mangiano all’alba, al tramonto e di notte, quando trovano erba fresca. E l’alpeggio è indispensabile per animali sani e latte buono”. “Nessun allevatore, qui da noi, ha mai chiesto di cacciare i lupi, anzi” continua Nenz “se la comunità vuole questi bellissimi animali deve però partecipare ai costi. Facile fare gli ambientalisti se a pagare sono gli altri. Un allevatore, per difendere i suoi animali, fra recinti, cani da difesa e a volte i guardiani, spende circa 30 mila euro. Che sono pari al guadagno di una stagione in un allevamento medio: così l’incasso scompare. I rimborsi per danni subiti sono troppo bassi. E coprono – al 20 per cento del valore – solo le pecore di cui si trovano le carcasse. Nulla per gli aborti, la perdita di latte per lo shock subìto… Comunque, l’arrivo dei lupi ha smosso le acque, dopo decenni di progetti e decisioni prese e subito annullate. E sono fiducioso nel futuro: questa estate ho visto in alpeggio delle mucche all’inseguimento di un cane che sembrava un lupo. Ho capito il motivo dell’attacco: avevano già visto un lupo vero, pensavano fosse tornato. E hanno deciso l’attacco, non la fuga” (Venerdì di Repubblica).