Setter di ieri e di oggi a confronto: come l’ideale del setter perfetto si è evoluto cambiando nel tempo.
E’ il cane più amato dagli italiani, cacciatori e non solo, una razza che nel bene e nel male è diventata famosa e che oggi vive sotto i riflettori. Eppure la razza la conoscono davvero in pochi: parlarne è un conto, sapere realmente con che cane si ha a che fare è tutto un altro paio di maniche. Per quanto alcuni professionisti del settore siano dell’opinione che il setter inglese così come si mostrava decenni fa non esiste più, è più probabile che la razza di oggi non sia per niente peggiore di quella di ieri: sbaglia dunque chi va alla ricerca del setter perduto, ad essere cambiata, in fondo è solamente l’idea che noi abbiamo della razza. Questo non significa che il setter di cinquant’anni fa non fosse diverso da quello odierno: il tratto che maggiormente li differenzia è la fortuna. I setter di ieri erano piuttosto fortunati visto che dalla loro avevano la selvaggina, quella vera, da cacciare che niente ha a che vedere con gli esemplari che oggi si immette suoi territori di caccia, rassegnati e storditi. Per il resto questo cane da caccia è rimasto grosso modo invariato nei tratti e nei caratteri che spesso vengono elogiati tanto da aver reso il setter inglese una vera e propria super star che si allontana purtroppo dalla realtà. E’ infatti piuttosto difficile trovare un animale che corrisponda perfettamente all’ideale di razza che con gli anni si è venuto a creare. Conoscere il setter inglese significa infatti mettere in luce i suoi pregi (cosa che in tanti hanno già fatto piuttosto bene), ma anche conoscerne i lati oscuri, i difetti che ad oggi stanno diventando piuttosto comuni.
I talloni d’Achille del Setter Inglese. Piuttosto spesso si sente dire, con una certa ironia che non esiste un solo setter, ma almeno quattro: uno è da esposizione, uno è da gara, uno è da caccia è l’altro è da scaccia. Di quest’ultima tipologia si parla davvero poco, eppure chi ama la razza è bene ne conosca anche i difetti che diciamocelo, non sono pochi. Non è raro incontrare setter inglesi particolarmente paurosi: temono lo sparo, timore che può essere recuperato, ma che non di rado torna. Spesso la loro capacità olfattiva non va in parallelo con la loro velocità; non lo si dice spesso ma non di rado si incontrano esemplari testardi e soggetti alla ribellione durante il dressaggio, con taglie sempre più piccole (è lontano ormai il problema del gigantismo). Sempre più di si incontrano esemplari con mancanza di frangiatura o con problemi di displasia. Inoltre non tutti i setter presentano nel galoppo e nel movimento quello stile elegante che è loro richiesto e che è diventato uno standard, carenza probabilmente causata dal desiderio eccessivo di incrementare la velocità della razza tramite unioni poco proficue.
Caccia vs gara. Alla base di questa idealizzazione forzata della razza è probabile ci sia il fatto che negli ultimi anni il setter inglese è diventato, è triste dirlo, un cane da spettacolo. Tutta colpa dell’eccessiva importanza che si regala alle gare e alle prove cui sempre più di frequente i setter vengono iscritti. Il problema è che le prove sono una cosa, la caccia, quella vera è tutto un altro paio di maniche: chi ha visto un setter inglese correre per cacciare questo lo sa piuttosto bene. D’altronde la vera efficienza il setter la deve dimostrare quando attraversa e vive un terreno difficile, accidentato, naturale. Le giornate di caccia durano molto più dei 15 minuti di prova: sul campo di caccia il setter più ritrovare sé stesso e dimostrare quanto vale. Gli si potrà allora richiedere di dare il massimo in qualsiasi situazione e in qualsiasi ambiente, ma soprattutto di mantenere sempre stretto il legame con il proprio conduttore e sui terreni di caccia sì che è difficile farlo. Si tratta di attitudini che dovrà saper mettere in mostra anche quando sarà stanco da una giornata di caccia, affaticato ma sinceramente felice.
Ecco perché se davvero si è convinti che il setter sia stato perduto e sia da ritrovare, il campo migliore per farlo è quello di caccia e il cane da elogiare è quello che partecipa per davvero alle giornate venatorie e che a tempo viene iscritto alle gare. Quello sì che è un campione perché anche lontano dai riflettori è stato in grado di superare tutte le prove che la natura e il selvatico gli hanno riservato.
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