Un ampio numero di razze è costituito dai cani adatti per la caccia. Illustrando queste razze, è facile sollevare un animato contraddittorio essendo il loro apprezzamento promosso da diversi intenti selettivi: per alcuni il traguardo è produrre cani che soddisfino i dettami morfologici dello standard, per altri che siano ideali nell’impiego. Ciò non esclude che il più bravo, dotato della costruzione ideale suggerita dallo standard, possa anche essere il migliore nell’attività venatoria.
In origine carnivoro, il cane è dotato dell’istinto di preda e di un fiuto molto raffinato e molte razze, se non tutte, possono essere definite “adatte per la caccia”. Alcune, pressate da antiche selezioni, dispongono di spiccate e specifiche abilità venatorie.
Queste attitudini hanno prodotto una secolare simbiosi tra cane e cacciatore, resa possibile dalle doti di questo eccezionale prodotto della natura, ma anche dalla sua duttilità e dedizione all’uomo. La poliedricità attitudinale del cane consente al cacciatore di scegliere la razza adatta al tipo di selvaggina da cacciare, ai vari ambienti naturali ed anche alla predisposizione e resistenza di ogni appassionato.
I cani da caccia si distinguono per la diversa abilità nell’impiego, imposta dal tipo di caccia, dalla natura del selvatico e dall’ambiente in cui essi vivono. Si utilizzano i cani da ferma per intercettare la selvaggina che può volare, i cani da cerca per intercettare la selvaggina di terra, i cani da riporto per rintracciare e riportare il selvatico, i cani da tana per lo scovo, i cani da seguita per pedinare il selvatico anche di grosse dimensioni. Altro motivo di differenziazione è il modo con cui fiutano: prevalentemente a teleolfatto per la selvaggina che vola, a megaolfatto per la selvaggina di terra.
I cani da caccia, da corsa e da tana, come tutte le razze, hanno forme anatomiche che generano il tipo di movimento più adatto al tipo di caccia esercitato. I soggetti iscritti nel quadrato sono prevalentemente galoppatori, quelli nel rettangolo trottatori. Quanto più sarà ridotto e stretto il quadrilatero di sostegno con il quale si reggono sul terreno, ed elevata la distanza del baricentro da terra, tanto più saranno soggetti dinamici e veloci, come lo sono i levrieri. La soluzione inversa genera soggetti più lenti e stabili, come lo sono i bassotti. Soluzioni intermedie generano le varietà dinamiche del movimento. Gli instabili ed agili levrieri compiono ampi movimenti al galoppo, i bassotti, resi stabili dal basso baricentro, per essere dinamici, devono muovere freneticamente le zampe al trotto, mentre al galoppo devono inarcare il tronco, come certi bruchi.
Mai, come nei cani da caccia, non solo la costruzione, ma lo spirito di razza sono matrice di un dinamismo che identifica il loro stile.
La tipologia dei cani da caccia
Considerando l’appartenenza tipologica, i cani da caccia sono costituiti dai braccoidi, ossia soggetti dalla testa a forma prismatica con labbra abbondanti, orecchie cadenti; dai levrieroidi, cani da caccia velocissimi dotati di testa a forma di cono allungato, orecchie piccole e portate all’indietro, con un corpo agile e snello; dai bassottoidi, cani da tana, dotati di gambe molto corte, sovente storte all’infuori, e di un corpo robusto che si correla ad una testa che ricorda il tipo d’appartenenza originale (levrieroide, lupoide o braccoide); dai lupoidi, soggetti robusti e bassi, adatti ad introfularsi tra i rovi e nelle tane. Tra questi figurano anche i terrier, di piccola o media taglia, tenaci e dinamici.
I cani da ferma
Nella grande varietà dei cani da caccia, troviamo i cani da ferma che, attraverso differenti attitudini, intercettano la preda. Tra i cani da ferma si distingue il bracco italiano che, un tempo, rappresentava un ambito dono per re e principi. Un soggetto di buona taglia, dal pelo raso, dal temperamento calmo e riflessivo, trottatore piuttosto lento ma indefesso. Ha subito la concorrenza dei braccoidi stranieri (pointer, setter, kurzhaar), un tempo selezionati per ampi terreni, dotati di una morfologia submesomorfa che li predispone a maggior reattività e dinamismo.
Tra i cani da ferma va annoverato un soggetto molto duttile e versatile, il piccolo ma utilissimo epagneul bretone che si vuole d’origini spagnole. Per questo la sua natura di spaniel è stata tradotta in epagneul. In lui si è evoluta la tendenza dello spaniel, che cercava e alzava la selvaggina, per divenire un efficace cane da ferma, pare per l’aggiunta di sangue del setter inglese e dello spaniel gallese. Dimostra buona predisposizione al riporto in virtù delle sue antiche memorie di spaniel. Il suo successo è legato anche alle dimensioni che lo rendono facilmente trasportabile.
Una gloria della cinofilia italiana è lo spinone, antica razza greco-romana, la cui origine si vuole confusa con quella del bracco. Di questa razza è stato un esaltatore il Dott. Paolo Brianzi. Con canna nasale montonina e uno sguardo languido, lo spinone è dotato di speroni. La taglia è piuttosto grande, il pelo duro, fitto e lungo, bianco o con macchie di varia pezzatura. E’ un cane rustico, docile e sensibile, cacciatore appassionato ed anche ottimo nuotatore. Si adatta a molti tipi di caccia.
Simili nell’aspetto rustico, dal pelo semilungo e duro, vanno menzionati i griffoni, tenaci e dediti al padrone. Il loro pelo igroscopico suggerisce la predisposizione alla caccia in palude. Per queste caratteristiche, vanno ricordati due soggetti d’origine francese famosi per la loro versatilità: il griffone di Boulet ed il griffone korthals. Il secondo prende il nome da un allevatore olandese che, con cani da ferma scelti nel Nord della Francia, si prefisse di esaltarne le doti ed uniformarne il tipo.
Tra i bracchi primeggiano molte varietà francesi. Tra queste va ricordato il bracco francese, un tempo denominato “bracco Carlo X”, buon cacciatore, dicevano dal dente duro, ossia tendeva a mordere le prede per poi cibarsene.
Va pure menzionato il vizsla, bracco ungherese, prediletto dalla Principessa Jolanda di Savoia, cinofila e cacciatrice; presentò alcuni esemplari di questa razza, allora poco noti, in una lontana mostra torinese. E’ un ottimo cane adatto alla caccia nella puszta, la steppa ungherese, tanto che gli ungheresi lo vantavano come una loro creazione sortita unendo la velocità del pointer alla dedizione di un bracco tedesco, probabilmente il Weimaranes.
Un ottimo bracco da ferma, d’origine germanica, è il kurzhaar, un soggetto derivato dall’antico steinbracke. Gli allevatori tedeschi ne hanno ricavato una razza a pelo raso, versatile, agile, dinamica, energica e ben addestrabile, adatta per tutte le cacce. Con diversa natura del pelo, esistono alcune varietà di questa razza. Altro cane d’origine germanica è il weimaraner, soggetto altrettanto versatile e buon cacciatore.
Tra i grandi cani da ferma figurano razze inglesi molto apprezzate e diffuse anche se con caratteristiche venatorie differenti: il pointer ed i setter.
Il pointer veniva definito perro de punta perché di probabile origine spagnola anche se in Francia esistevano cani similari. Fu merito di validi allevatori inglesi, di cui il principale fu l’Arkwright, che lo perfezionarono rendendolo un appassionato cane da ferma, tanto da darsi disponibile anche a più cacciatori purché soddisfino la sua brama venatoria. Cane da ferma eccellente, è restio al riporto. Dagli assi cranio-facciali convergenti, predisposto al lavoro a teleolfatto, dinamico e veloce come la sua immagine fa supporre, è adatto a percorrere grandi spazi.
Dei setter vanno considerate le tre varietà: inglese, irlandese e scozzese. Pur simili d’aspetto, presentano caratteristiche dinamiche e venatorie differenti che si possono supporre analizzando attentamente la loro morfologia.
Il setter inglese, o Laverack, appassiona per la bellezza ed il carattere affettuoso. Mesocefalo, mesomorfo, dagli assi cranio-facciali paralleli, ha un pelo lungo e sericeo con colore nero-bianco, bianco-arancio, bianco-fegato oppure tricolore. Le sue origini si intrecciano con quelle dello springer spaniel, che alcuni ritengono il genitore, altri da lui disceso. E’ dedito al padrone, con cui caccia con amore, ed è adatto ad una mano sensibile che sa attendere lo sviluppo della sua abilità senza forzate imposizioni e costrizioni. Edward Laverack, agli inizi del ‘900, si dedicò a selezionare la razza che ancor oggi ne ricorda il nome.
Il setter irlandese, dalle tracce vagamente submesomorfe, selezionato sulle montagne e negli acquitrini d’Irdanda, è un soggetto da ferma impetuoso, dinamico e di alta qualità, dal corpo affascinante, con colori che vanno dal castano dorato al rosso mogano. E’ un soggetto molto sensibile che deve essere addestrato con altrettanta sensibilità. Ama un padrone amico e diviene, per lui, docile e dipendente.
Il setter scozzese, o gordon, dall’aspetto mesomorfo vagamente appesantito, è di origine scozzese. Il nome gordon gli deriva dal Duca Alessandro IV di Richmond e Gordon che allevava questa razza nel suo castello. Le sue origini sono contrastanti: chi lo crede discendente da un incrocio tra cani del Duca con un pastore scozzese, altri con lo springer spaniel, altri dall’unione di un setter inglese con un irlandese. Cane più massiccio degli altri due setter, l’inglese e l’irlandese, è metodico, preciso nel suo lavoro, non molto dinamico, ama un solo padrone.