Spesso, quando dico che vado a caccia ed assolvo il compito del canaio la gente mi dice: “Ma non spari nemmeno un colpo, che gusto ci provi?”. Sorrido e non mi offendo, perché non sanno cosa significhi veramente fare il canaio.
Andare a caccia non è sempre sinonimo di fucile e colpi sparati. Il canaio è colui che cerca, segue, conduce la muta dei cani e permette ad altri di sparare al cinghiale. Senza di me ed i miei fedeli segugi non sarebbe possibile sparare nemmeno un colpo. Senza di noi, non sarebbe possibile braccare il cinghiale.
Mi preparo durante tutto l’anno per questo compito, addestro costantemente i miei segugi per farli diventare sempre più bravi ed arrivare pronti all’apertura della stagione venatoria.
Mi chiamo Silvano e sono un canaio. I miei segugi si chiamano Scaltro, Mia e Jenna. Noi scoviamo il cinghiale e lo conduciamo verso i fucili.
Da pochi giorni era iniziata la stagione venatoria, quando squillò il telefono. Era Giovanni, che disse: “Ciao Silvano, quest’anno quanto sono bravi i tuoi cani?”. Risposi sorridendo: “Sono i migliori della zona, lo sai. Quando è prevista la battuta di caccia?”. Giovanni esitò e rispose: “Tra quattro giorni. Siete pronti?. Ed io: “Noi siamo pronti tutto l’anno!!”. Affianco a me c’era Scaltro. Ascoltò tutta la telefonata e sembrava avesse capito che doveva prepararsi. Non per niente l’ho chiamato Scaltro. Terminata la conversazione con Giovanni, misi giù la cornetta e guardai il fedele amico e gli dissi: “Tra quattro giorni andiamo a caccia”. Scaltro iniziò ad abbaiare chiamando a raccolta Mia e Jenna. Sembrava stesse loro dicendo: “Tra quattro giorni si parte, tenetevi pronte!!”.
I tre giorni successivi portai i cani a fare lunghe passeggiate nella macchia circostante il mio casolare. Volevo tenerli in allenamento senza sfiancarli troppo. Arrivò il giorno della battuta di caccia. La sveglia suonò molto presto, prima dell’alba. Mia era già in piedi, mentre Scaltro e Jenna erano ancora distesi sul pavimento di casa, ma con gli occhi aperti.
Erano pronti ed io ero emozionato. Una volta preparato, misi il guinzaglio ai cani e li feci salire il macchina. Erano silenziosi, concentrati. Dopo un po’ arrivammo all’appuntamento. Giovanni ed il resto della squadra ci aspettavano.
Ci salutammo tutti e dopo esserci organizzati assegnando a ricordano ad ognuno il proprio compito, partimmo e ci addentrammo nel bosco. L’odore, i colori ed i rumori del bosco sono qualcosa di inconfondibile: le foglie secche che scricchiolano quando le calpesti, l’odore di muschio ed il marrone che domina tutto mi infonde sempre sensazioni nuove.
I cani fremevano dalla voglia di iniziare. Una volta che tutti avevano preso posizione, il capocaccia, ossia Giovanni, suona il corno: la braccata era iniziata. Scaltro, Mia e Jenna iniziarono il loro lavoro a testa bassa, fiutando il terreno in cerca della traccia del cinghiale. Erano veloci nei movimenti come se non volessero perdere nemmeno un secondo e trovare subito una scia di odore da seguire.
Per tutto il bosco si diffondevano voci che spronavano i cani a trovare la traccia e spaventare il cinghiale per condurlo verso i fucili. Trascorsero più di venti minuti, quando Mia trovò una traccia e gli altri iniziarono ad abbaiare in canizza. Ogni volta che andavo a caccia il mio unico pensiero era la loro sicurezza: capita che il cinghiale, sentendosi braccato, attacchi i cani provocando loro ferite alquanto serie. Sapevo che erano in grado di difendersi, ma un cinghiale infuriato diventa molto pericoloso.
I cani seguivano la passata del cinghiale ed in quel momento capì che non era molto distante da noi, anche se non ero ancora riuscito a vederlo. Ad un tratto lo vidi in lontananza, ad una distanza di circa venti metri. Si giro verso di noi ed il cuore iniziò a battere forte: poteva caricare i cani e questo mi preoccupava. Invece, il cinghiale iniziò a corre in direzione opposta, verso i fucili.
I cani lo inseguivano abbaiando freneticamente. Il cinghiale era più veloce dei cani, ma stava andando nella direzione giusta, verso il fucile di Giovanni. Dopo un breve inseguimento il cinghiale era sparito dalla mia visuale, non ero più in grado di vederlo.
Sentivo i cani che lo inseguivano. Aspettavo in ansia il colpo del fucile. Sentì guaire uno dei miei cani e pensai che fosse stato attaccato dal cinghiale, ma non era così. Si era leggermente ferito calpestando dei rovi, ma non ci pensò tanto e continuò l’inseguimento. Senti lo sparo in lontananza: il fucile di Giovanni aveva fatto centro. Un colpo al fianco del cinghiale, che dopo pochi metri era caduto a terra.
I cani capirono che il loro lavoro era terminato e che lo avevano svolto alla perfezione. Si voltarono tutti e tre verso di me, come se aspettassero i miei complimenti. Mi fermai a guardarli sorridendo. Li chiamai aprendo le braccia e si tuffarono sul mio petto. Mi congratulai con loro, accarezzandoli e dicendogli: “Bravi!! Ce l’avete fatta!!”.
Scaltro fece un abbaio molto lungo, come a dire: “Abbiamo vinto!!”.
Mi chiamo Silvano e loro sono i miei cani.