I cacciatori sardi hanno espresso tutte le loro perplessità sulla legge isolana alla Commissione Attività Produttive del Consiglio Regionale. In particolare, il malumore è suscitato dall’obbligo imposto alle autogestite di effettuare i censimenti della fauna selvatica nei territori assegnati. La legge regionale è stata definita “superata” e piena di regole confuse. Come sottolineato da Ausonio Pinna, numero due di Nobile Stanziale (l’associazione che raggruppa le zone di caccia autogestite): “Paghiamo una situazione di grande confusione determinata da una normativa inapplicabile (la legge 23 del 1998) e da decisioni calate dall’alto senza sentire le associazioni venatorie.
La Regione ci chiede oggi di fare il censimento con modalità assurde e con costi a nostro carico. Senza il censimento si rischia di vedere bloccata la caccia, quindi è un obbligo. Il giudizio è stato condiviso da ACSR, Sarda Caccia, Unione dei Cacciatori Sardi e Arci Caccia. In particolare quest’ultima ha proposto la ricostituzione dei comitati venatori comunali, una soluzione che in passato ha funzionato in modo egregio.
Infine il presidente della Commissione, Piero Maieli, ha consigliato a tutti di dar vita a un documento unitario per raggruppare ogni osservazione e proposta, in modo che possa arrivare alla Giunta Regionale. Nelle prossime settimane potrebbero esserci sviluppi interessanti.
Le autogestite sono illegali dal 98.
Di fatto sono riserve private dove gli iscritti fanno ciò che vogliono.
Per una volta che gli mettono i paletti e gli ordinano di fare i censimenti a loro spese (giustissimo) si lamentano perché da sempre sono abituati alla botte piena e moglie ubriaca.
Le autogestione devono diventare Aziende faunistico venatorie dove l’iscritto deve pagare per censimenti e quant’altro sia necessario per la gestione.
Che dire poi delle “assicurazioni caccia” che dovrebbero pensare seriamente a tutelare la categoria anziché esprimere contrarietà ai censimenti.
Autogestione=riserve private solo usate