I comitati federativi Arci Caccia delle tre regioni coinvolte dal “Parco Nazionale del Catria – Nerone – Alpe della Luna”, si coalizzano contro la sua costituzione, aderiscono al “Comitato no Parco” e invitano gli agricoltori, cacciatori e cittadini delle zone interessate a tranquillizzarsi in quanto la proposta avanzata da una manciata di passeggiatori della domenica è pura utopia e miraggio di una falsa realtà. La Politica di ogni colore lo ha già capito e per questo nulla si farà. Le ragioni della posizione di Arci Caccia rappresentata dai tre Presidenti regionali Gabriele Sperandio, Sirio Bussolotti ed Emanuele Bennati, non sono solamente legate a ragioni venatorie, ma sono il risultato di un’analisi oggettiva delle problematiche gestionali che coinvolgono gli attuali Parchi presenti nelle Regioni del centro Italia.
I promotori del Parco, abili a raccontare solamente i residuali aspetti positivi di un’area protetta di grande estensione, non si soffermano, vuoi per carenza di competenze nella gestione della fauna e dell’ambiente, vuoi per comodo, sui non pochi aspetti negativi. È sufficiente analizzare cosa stia accadendo nel Parco delle Foreste Casentinesi: come sta avvenendo per il fantomatico “Parco Nazionale del Catria – Nerone – Alpe della Luna”, si decise di chiudere una vastissima area a protezione di non si sa che cosa. Assoluta assenza di specie faunistiche e vegetali di particolare interesse, alte densità di aree boschive artificiali, spesso costituite da specie arboree alloctone, importante presenza di aziende agricole, alcune basate sull’allevamento, altre sulle attività silvicole.
Il lupo e gli ungulati (soprattutto cervi, daini e cinghiali) già largamente problematici in gran parte del territorio nazionale, aumenteranno esponenzialmente e, come sta accedendo in diversi Parchi -quello delle Foreste Casentinesi né è un perfetto esempio-, andranno ad assorbire gran parte delle risorse umane ed economiche destinate alla gestione dell’area protetta, risorse inizialmente “vendute” dai promotori del Parco come ricchezza che si dovrebbe riversare nelle comunità locali, ma che andrà solamente a pochi a discapito dei tanti, soprattutto agricoltori e allevatori custodi da sempre della meraviglia delle nostro Appennino.