Figura di recente istituzione, quella del selecontrollore opera principalmente nelle regioni centrosettentrionali e si lega a doppio filo con l’attività della caccia vissuta in maniera responsabile e sostenibile.
Ogni provincia italiana, in base alle proprie necessità affida a questi profili l’importante compito di controllo della fauna selvatica, anche e soprattutto mediante abbattimenti regolamentati.
E’ proprio per la delicatezza dell’incarico che il selecontrollore si trova a svolgere, che la professione deve essere abilitata mediante la frequenza di un corso di formazione, che preparerà il cacciatore provetto alla nuova mansione. Le lezioni gli regaleranno una buona conoscenza del carattere faunistico ed ambientale della propria provincia, indispensabile per poter garantire una profilassi a cinque stelle del territorio.
Inutile dirlo, il ruolo di selecontrollore deve essere ricoperto esclusivamente da personale qualitativamente preparato ma soprattutto idoneo per lo svolgimento dell’incarico, ecco perché non è da tutti potersi fregiare di questo titolo.
Dopotutto il selecontrollore nasce per un unico motivo: quello di salvaguardare, regione per regione, l’immenso patrimonio faunistico messo a disposizione da madre natura. Questo è ovviamente possibile esclusivamente se si possiede una perfetta conoscenza del territorio, delle specie presenti e degli eventuali problemi interni all’ambiente territoriale. Per dirla più semplicemente, il selecontrollore è chiamato a mantenere equilibrio fra le specie presenti in un territorio, tutelandone alcune (spesso caprioli e camosci), e organizzando l’abbattimento controllato di altre che in alcuni casi si sono riprodotte a dismisura, come spesso è accaduto nel caso dei cinghiali.
Non a caso l’attività di questo cacciatore super partes è rivolta principalmente alla gestione degli ungulati presenti in un determinato territorio. Tutto questo avviene ovviamente dopo uno studio attento delle popolazioni animali selvatiche, e dopo la stesura di un corretto piano di abbattimento che non si può esimere dal considerare la struttura sociale del branco e l’età dei capi che andranno abbattuti in una determinata area.
L’istituzione di questa figura guarda lontano e si inserisce in una nuova visione della caccia responsabile e sostenibile, che tutela il proprio territorio grazie al controllo prettamente numerico di quelle specie comunemente dette invadenti.
Ecco perché al selecontrollore, già cacciatore d’esperienza in possesso di un tesserino di riconoscimento, è consentito il prelievo mirato di queste specie anche nei periodi durante i quali ne è vietata la caccia, o in ambienti protetti. L’eccessiva densità di una determinata specie può infatti causare serie problematiche in tutte quelle aree che sono soggette ad uso atropico, si tratti di turismo o si tratti più semplicemente di coltivazione dei campi