La sezione provinciale di Brescia della Federazione Italiana della Caccia ha pubblicato un approfondimento in merito ai requisiti igienico-sanitari che sono necessari per immettere, commercializzare e consumare le carni di selvaggina selvatica. Il cacciatore deve essere in possesso dell’attestato di persona “formata”, inoltre non si deve dimenticare che l’attività venatoria con finalità commerciale non è altro che la caccia condotta per la successiva immissione sul mercato delle carni.
Nella Delibera della Giunta Regionale della Lombardia si può leggere come il cacciatore abbia la possibilità di fornire piccoli quantitativi di selvaggina selvatica o carne al consumatore finale oppure ai laboratori, nel pieno rispetto dell’accordo tra governo, regioni e pubbliche amministrazioni. Il piccolo quantitativo è definito come un capo di selvaggina grossa (dal capriolo in su per quel che riguarda la stazza) e 500 di piccola (lepri e fagiani ad esempio).
La carcassa può transitare presso un Centro di Lavorazioni di carni di selvaggina con tanto di modulo allegato. Di conseguenza il cacciatore diventa il responsabile del rispetto delle disposizioni legislative alimentari. Un obbligo importante è quello di documentare la provenienza dei prodotti e delle carni cedute. L’esame dei cinghiali è tra i più importanti, in quanto occorre ricercare l’eventuale presenza di trichinella, nello specifico si ispeziona un campione di muscolo.