Il Tar respinge il ricorso contro l’apertura anticipata della stagione. L’ira degli ambientalisti.
Il primo round della battaglia tra ambientalisti e cacciatori si conclude a favore di questi ultimi. Il Tar ha infatti respinto il ricorso contro il calendario venatorio approvato dalla Regione che prevedeva un anticipo dell’attività per la caccia di uccelli selvatici.
Ma Enpa, Lac (Lega per l’abolizione della caccia), Legambiente, Lipu e Pro natura non si danno per vinti e annunciano di ricorrere al Consiglio di Stato. A spingere le associazioni ambientaliste verso il ricorso al Tribunale amministrativo regionale c’era la «pre-apertura» che a sentire loro «viola le norme nazionali e internazionali che tutelano gli uccelli selvatici, in particolare tortore e colombacci».
Il presidente della sezione piemontese della Lac Roberto Piana ricorda che «la legge comunitaria 2009 tutela gli uccelli durante il periodo di dipendenza dai genitori e durante il ritorno ai luoghi di nidificazione». Il periodo in questione è previsto dal 1° ottobre, ma i nostri cacciatori piemontesi sono già stati autorizzati dal calendario venatorio regionale. Ma l’ordinanza del Tar osserva che la legge comunitaria «è entrata in vigore in data successiva a quella di adozione degli atti impugnati».
Inoltre «è prevista dalla normativa comunitaria soltanto per l’adozione di atti a contenuto pianificatorio e programmatorio (quale, ad esempio, il piano faunistico-venatorio), ma non per il calendario venatorio». Per il Tar la caccia combatte l’«incremento dei danni alle produzioni agricole causato dall’eccessiva presenza di talune specie avicole (tortore selvatiche e colombacci, che sono a rischio estinzone secondo i dati dell’Ispra, istituto protezione e ricerca amnientale; ndr) e l’assenza di pericoli di estinzione delle stesse desumibile dal piano faunistico-venatorio in corso di approvazione definitiva».
Considerazioni che non convincono gli ambientalisti, preoccupati per lo sterminio con le doppiette. «Avevamo chiesto alla Regione di rivedere la data – ricorda Roberto Piana -, senza successo. Peccato che la Regione disattenda quanto fissato dall’Ispra. Questo elenca le specie a rischio e i periodi in cui non si dovrebbe cacciare, non prima del primo ottobre, e chiude l’attività tra la fine di dicembre e i primi di gennaio.
E sia la Regione sia il Tar non hanno tenuto conto di ciò». Il Piemonte, del resto, non è l’unica regione dove gli ambientalisti si sono rivolti al Tar: ma le risposte variano del tribunale amministrativo non sono sempre le stesse.
Grazia Longo
Fonte: La Stampa