La Regione Autonoma Valle d’Aosta ha definito nuove direttive per la commercializzazione delle carni degli animali abbattuti nella normale attività venatoria.
Nell’ambito del nuovo “Progetto selvaggina cacciabile” al fine di garantire la sicurezza degli alimenti più consumati la Regione Autonoma Valle d’Aosta ha espresso nuove direttive per la procedura di vendita della fauna abbattuta dai cacciatori.
Il dirigente dell’’assessorato all’Agricoltura e Foreste, Paolo Oreiller, ha spiegato sul progetto, “Gli animali abbattuti durante la stagione venatoria sono di proprietà del cacciatore che, tuttavia, ha due opzioni. L’autoconsumo e la commercializzazione. Può cedere, cioè, un capo all’anno di selvaggina di grandi dimensioni (cinghiale, camoscio, cervo e capriolo ndr), ma non solo, a esercizi commerciali o ristoratori, compilando un semplice foglio di accompagnamento in cui sono indicati la data di abbattimento e le caratteristiche dell’animale”.
Qualora un cacciatore volesse cedere più di un capo all’anno dovrebbe rivolgersi ad un centro specializzato ed autorizzato per la lavorazione della selvaggina ma spiega in merito Oreiller, “In Valle d’Aosta non ne abbiamo. Le strutture in attività nel vicino Piemonte interessano poco. L’animale deve essere conferito in un tempo minimo e ad una temperatura molto bassa. Condizioni difficili da osservare. La Regione, pertanto, ha deciso di lasciare i capi abbattuti ai cacciatori, stabilendo l’autoconsumo e non la vendita”.
Le direttive riguardano espressamente la selvaggina abbattuta con l’esercizio dell’attività venatoria e non quella prelevata dai Forestali nella caccia di controllo e selezione finalizzata a limitare l’esubero di determinate specie, in particolare cinghiali, durante i periodi non previsti dal Calendario Venatorio.
Per questa seconda ipotesi, afferma Oreiller concludendo, “Stiamo considerando l’ipotesi di convenzionarci con qualche centro. “Nel caso in cui un cacciatore ceda uno di questi ungulati deve sottoporlo ad una visita veterinaria preventiva per scongiurare la presenza della “trichina”, un parassita tipico dei suini. Lo prevede la legge”.