Caccia in forma vagante: La descrizione della forma di caccia più nota e diffusa in Italia, le modalità con cui viene praticata, l’uso del cane e la fauna che viene insediata.
La forma vagante è considerata una delle modalità di caccia più divertenti, dove si vive appieno il contatto con la natura. In ambito venatorio esistono molte tecniche di caccia, ognuna della quali presenta caratteristiche specifiche che riguardano modalità ed armi da usare, al fine di ottenere i migliori risultati in termine di carniere. Una delle più divertenti, secondo molti cacciatori che esprimono i loro pareri favorevoli sui principali forum di caccia, è sicuramente la caccia vagante.
Quest’ultima consiste nell’esercitare l’attività venatoria con o senza l’ausilio del cane, vagando alla ricerca della fauna da abbattere. Questa modalità di caccia prevede alcune varianti e la scelta di una di queste esclude la possibilità di praticarne le altre.
Per praticare la caccia vagante, il cacciatore è strettamente vincolato al territorio dell'”Ambito di caccia” o del “Comprensorio Alpino” cui è iscritto. Nello specifico ciò significa che un un cacciatore di fagiani non può abbattere una lepre, oppure un cacciatore di ungulati non può scendere nella pianura e sparare all’avifauna migratoria.
Il motivo per cui molti cacciatori considerano la forma vagante come una delle tecniche/modalità più divertenti è dovuto al fatto di stare molto a contatto con la natura, effettuando lunghe passeggiate tra la vegetazione, ascoltando i suoni, gli odori ed i colori del paesaggio. A volte capita di essere letteralmente circondati dal silenzio, rotto solo dal rumore dei passi sull’erba gelata e dal continuo movimento del cane che, naso a terra, cerca una traccia. Il cacciatore non solo respira gli odori del terreno umido, ma deve interpretare i segni del passaggio degli animali, scrutare l’orizzonte e “dialogare” con il suo compagno di caccia, il cane, per meglio coordinare l’azione di caccia.
La caccia “in forma vagante”, con o senza l’ausilio del cane, è indirizzata ad insediare sia migratori che stanziali, come lepri, conigli, fagiani. A seconda delle zone in cui si pratica la forma vagante, quest’ultima prevede diverse modalità. Quella forse più conosciuta al pubblico è quella col cane da punta. Per quest’ultima si impiegano razze di cani spesso particolarmente adatte come pointer, setter inglese o irlandese, bracco italiano o tedesco.
Il cane va alla ricerca della fauna, si avvicina con cautela ed al comando del cacciatore la fa alzare in volo con un ultimo balzo, per dare la possibilità al cacciatore di abbatterlo. Fagiani, starne, beccacce e beccaccini sono le prede maggiormente insediate, poiché fanno del mimetismo e dell’immobilità la loro principale arma di difesa e scappano solo quando avvertno e sono allarmati da un pericolo incombente. Il cane viene anche impiegato semplicemente per localizzare la fauna nascosta per farla uscire allo scoperto, dando così la possibilità al cacciatore di vederla, per poi effettuare il riposto una volta abbattuta.
Gli ungulati sono anch’essi preda ambita nella caccia vagante, sempre con l’ausilio dei cani: per la lepre, la volpe e gli ungulati si impiegano i segugi, cani dalla grande resistenza che battono incessantemente il terreno alla ricerca dell’animale selvatico, lo stanano e lo inseguono. Sotto l’aspetto tecnico, il loro lavoro è suddiviso in quattro fasi: ricerca della passata, accostamento, scovo ed inseguimento. In questa modalità il cacciatore rimane in contatto con i propri ausiliari grazie al loro incessante vociare. La muta di cani spesso si muove a notevole distanza dal cacciatore, rimanendo sia fuori dal suo controllo, sia sovra eccitata dalla caccia.
Per la forma vagante non è però vincolante utilizzare un cane, poiché molte prede possono essere individuate senza il suo ausilio, semplicemente aggirandosi con calma nei luoghi adatti: basti pensare alle gallinelle d’acqua, animali che frequentano fossi e ripe e sono particolarmente lente nella fuga. In quest’ultimo caso il problema consiste nel recupero dell’animale abbattuto o ferito, che il cacciatore deve ricercare solo con la vista, un senso difficle da impiegare nella fitta vegetazione, quando invece il fiuto del cane è straordinariamente più efficiente. Utilizzare un cane comporta non solo una migliore riuscita della forma vagante sotto ogni puntoi di vista, ma anche e soprattutto si evita un numero enorme di animali che vengono feriti e non recuperati, destinati a una lenta e inesorabile agonia, i quali si vanno ad aggiungere a quelli effettivamente incarnierati dai cacciatori.
Altri cacciatori, spesso soprannominati dai loro stessi colleghi “bruciasiepi”, si appostano in prossimità della vegetazione e aspettano pazientemnte la preda per sparargli. Fino ad alcuni anni fa, venivano utilizzati anche altri animali come ausilio alla caccia per la forma vagante. Un esempio è il furetto, un piccolo mustelide che, soprattutto in Sicilia, veniva utilizzato nella caccia al coniglio, andando ad inserirsi nelle tane a cui sono state precedentemente chiuse quasi tutte le uscite. I conigli, spaventati e attaccati dal furetto, fuggono attraverso le uniche uscite aperte davanti alle quali c’è il cacciatore che li aspetta con il fucile puntato.
Altro animale che può essere utilizzato è il falco, una delle forme di caccia ammesse dalla legge. Modalità rievocativa del Medio Evo, la forma vagante con l’ausilio del falco è uno dei modi più particolari ed impegnativa per questa tecnica di caccia.
La forma di caccia vagante, come già accennato all’inizio, è una delle più caratteristiche, anche se per praticarla occorre molta esperienza ed il consiglio di un esperto, poiché spesso si va da soli.
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