Il binocolo c’è, torcia frontale presa, cioccolata, noci e alpenstock… tutto è pronto, non vedo l’ora di partire! La coda dell’hannoveriana Lea muove l’aria nel suo eccitato scodinzolare. Mi trovo ai piedi del monte Zoncolan, in piena Carnia, ospite dell’amico Franco in occasione dell’apertura al cervo. Siamo al termine di un’estate così torrida che resterà nella storia, ma qui il caldo che ancora tormenta l’Italia si manifesta con un bel fine settimana di sole e tepore, così raro a queste latitudini!
Segnata in bacheca l’uscita in località Ciampei, percorriamo ancora un pezzo di strada in macchina, prima di avviarci a piedi. La salita parte già ripida, e presto il nostro sentiero s’infila nel bosco di abeti. La Lea ci precede di qualche metro, io seguo Franco mentre la luna piena di agosto fa capolino tra gli alberi illuminando i nostri passi felpati.
Sull’altro versante della montagna contemporaneamente sta salendo Francesco, il socio di Franco: lui cammina già da più di un’ora, poiché è diretto al più alto costone di roccia che domina l’anfiteatro della zona di caccia.
Poco prima dell’arrivo al punto di osservazione ci fermiamo a cambiare gli abiti intrisi del sudore della salita e ci copriamo. Quassù c’è vento e una temperatura decisamente più alpina che a fondo valle! Posiamo gli zaini sotto un abete e iniziamo a scrutare l’orizzonte. “Nei giorni precedenti abbiamo avvistato numerosi camosci nei pratoni lassù in alto” mi spiega a bassissima voce Franco, “Francesco si sta posizionando su quei costoni di roccia, in modo da dominarli dall’alto. Il camoscio si aspetta di essere assaltato dal basso, la sua è un’ottima strategia… speriamo che riesca a identificare il capo assegnatogli!”.
Mentre mi parla a bassissima voce, Franco scruta col binocolo i terrazzamenti più bassi sul costone difronte a noi “I cervi preferiscono quei prati più giù, accanto alla cascata, dove c’è fresco e umido”. Anch’io mi metto a osservare quel punto, ma di animali neanche l’ombra. “Probabilmente la luna piena di stanotte ha un po’ alterato il ritmo dei pascoli” osservo, “Certo, è molto probabile, perciò ancora non se ne vedono, ma fidati Vincenzo, qui di animali ce ne sono eccome, aspettiamo qualche minuto e vedrai”.
Difronte a noi, lontanissimo e invisibile a occhio nudo, c’è Francesco, in cima alla cresta della montagna. Un suo SMS ci rende partecipi della sua situazione “Branco di camosci davanti a me, dalla vostra posizione non sono visibili, cerco la femmina, in bocca al lupo!”. Mentre Franco ripone il telefonino nella tasca, il suo formidabile occhio intercetta qualcosa d’interessante e lui quasi si pietrifica. Inquadra con il binocolo ed esclama “Un fusone! E’ nel piano!”. Lo imito, ma non identifico subito l’animale.
Seguendo le sue coordinate risalgo al punto in cui ha avvistato il cervo e mi rendo conto con ammirazione che è visibile solo una porzione di posteriore, la testa col breve palco occhieggia tra gli ontani alpini tra un passo e l’altro mentre pascola. “Che strano sia solo, mi sarei aspettato di vederlo con una femmina e un piccolo!” sussurra Franco tra se e se. “Ora è a cartolina, ma da qui sono 580 metri! Pensi di avvicinarlo?” osservo. “Mah, se continua a pascolare spostandosi in quella direzione finisce dritto nell’area di Francesco, aspettiamo ancora un attimo” dice Franco. Ma il cervo non si sposta. Sembra aver trovato qualcosa di suo gradimento in quei cespugli.
Passano i minuti e il viso di Franco si fa sempre più concentrato ed espressivo, capisco che sta maturando una decisione. Pochi secondi dopo ne ho la conferma: “Andiamo!”. La Lea ci segue con passetti leggeri, ogni tanto mi volto a controllare che ci sia tanto è silenziosa. Abbiamo camminato in salita per un po’, guadagnando un centinaio di metri. Non possiamo procedere oltre, rischieremmo di essere visti dal cervo. Franco posa lo zaino su un grande sasso, adagia la carabina e si stende. Il binotelemetro segna 426 metri. “Per me sarebbe un tiro estremo”, penso. “Raramente ho fatto tiri così lunghi” mi fa eco Franco, con la voce impercettibile, venata dall’emozione. Ma nel suo sguardo leggo determinazione e sangue freddo. Questo è il momento chiave. “Devo correggere di 40 centimetri” mi dice Franco con un’espressione tra il perplesso e l’intrigante, dopo aver consultato il telemetro. SEGUE