Si è riunita presso il palazzo della Regione Umbria la terza commissione consiliare della Regione, presieduta da Massimo Buconi, sulla gestione delle deleghe in materia venatoria dalle Province di Perugia e Terni.
Presenti all’incontro per la Provincia di Perugia il funzionario Lino Volpi e per la Provincia di Terni l’assessore Filippo Beco; secondo una nota del Consiglio Regionale durante l’incontro “è emerso un quadro ricco di dati e di alcune novità interessanti”.
Secondo l’assessore Beco l’operato della provincia di Provincia di Terni si svolge con “con spirito costruttivo, in un clima di confronto estremamente disponibile da parte delle associazioni venatorie”.
Proseguendo ha affermato Beco “Questo, ha consentito di gestire in forma molto efficace le zone di ripopolamento, con catture e lanci di animali nei periodi più idonei: a febbraio per le lepri catturate e solo a giugno per i fagiani, quando le campagne offrono alimentazione certa”.
Inoltre, continua Beco, “Ha consentito anche di formare con specifici corsi mirati, 200 cacciatori per l’abbattimento dei cinghiali in eccesso ed altrettanti per i cervidi, una specie in aumento per la quale si fa solo caccia di selezione” Secondo Beco la maggior parte dei cacciatori della Provincia di Terni sarebbe interessata ai calendari venatori della Toscana e delle aree dell’alto Lazio in particolar modo della provincia di Viterbo.
L’assessore della Provincia di Perugia, Lino Volpi, ha discusso sul tema del rischio del mercato nero delle carni di cinghiale e dell’eventualità di predisporre centri mobili dislocati sul territorio per il controllo delle carni. Inoltre l’assessore ha posto l’evidenza sul problema del contenimento delle specie in continua espansione, come i cinghiali, per il quale Provincia di Perugia non è riuscita ad ottenere buoni risultati su tutto il territorio.
Infatti i migliori risultati su contenimento delle popolazioni di cinghiale e quindi sulla riduzione dei danni all’agricoltura sono stati raggiunti in Valnerina,ma nella zona dell’Alto Tevere e del Trasimeno i risultati sono stati alquanto scarsi a causa del passaggio agevolato degli animali tra il vicino bosco e l’adiacente zona umida lungo le rive del lago.
Volpi ha poi parlato degli enormi danni alle coltivazioni di circa settemila aziende prodotti dalla specie storno; ha affermato Volpi, “Per convincere l’Istituto nazionale che autorizza le deroghe a fare selezione, sono stati attivati 1.500 punti di osservazione su territori nei quali lo storno di fatto da qualche anno nidifica, soprattutto nei tetti delle abitazioni. Stessa cosa per il fringuello che da tre anni viene monitorato nei suoi transiti, negli stessi 1.500 punti di osservazione”.