La Lega Nord abbraccia la posizione di Coldiretti sulla questione dei danni provocati dagli ungulati: “Contenere il numero di animali selvatici e difendere le imprese agricole”.
Il Carroccio presenta un ordine del giorno collegato al Piano Regionale Agricolo e Forestale 2012-2015. Tra le richieste anche l’anticipo dell’inizio della caccia al cinghiale e l’estensione del periodo di caccia oltre i normali calendari.
La Lega Nord Toscana ha presentato in Regione un ordine del giorno collegato alla Proposta di Deliberazione n° 184 – PRAF 2012-2015 dal titolo “contenere il numero di animali selvatici, ridare dignità alle imprese agricole”. In tale atto, il Carroccio chiede soprattutto di “anticipare la data di inizio della caccia al cinghiale”, ampliando “i periodi di caccia oltre i normali calendari in presenza di superamento delle soglie di densità sostenibile”.
Tale iniziativa ricalca le posizioni di Coldiretti Toscana che già lo scorso mese aveva espressamente avanzato delle richieste che la Lega ha percepito e rivolto alla Giunta Regionale.
“Il numero eccessivo di ungulati – spiega il capogruppo del Carroccio in Regione Toscana, Antonio Gambetta Vianna – ha modificato le abitudini dei cervi, dei caprioli, dei daini, dei mufloni e dei cinghiali che si stanno sempre più urbanizzando, creando non pochi problemi anche in Toscana. Fino a poco tempo fa, i danni provocati dagli ungulati riguardavano essenzialmente gli agricoltori e qualche malcapitato automobilista. Adesso, invece, i disagi riguardano tutti, anche chi non frequenta i boschi e i campi. E lo stesso ecosistema ne risente perché, se un cervo è un bellissimo animale e il capriolo è simpatico, centinaia di ungulati su un territorio ristretto fanno male e provocano danni ingenti”.
Secondo la Lega Nord, il problema è grave in tutta la Toscana anche a causa dell’estensione della superficie boschiva. “Con lo spostamento a valle – afferma ancora Gambetta Vianna –, gli ungulati si spingono anche nelle aree a vocazione vivaistica della pianura. E un cervo che entra in un vivaio, in pochi attimi può provocare migliaia di euro di danni”.
Nel proprio ordine del giorno, il Carroccio considera anche che, nonostante il canale diretto creatosi tra imprese agricole e Atc, i tempi per i risarcimenti sono molto lunghi e l’entità dei rimborsi in passato, secondo i dati del 2009, è stata pari a poco più del 60% rispetto al danno accertato.
“Questa situazione – chiosa l’esponente leghista – non è più sostenibile e lo denunciamo ormai da molto tempo. Nonostante gli interventi effettuati, non è stata trovata una soluzione definitiva. Non è bello sapere che gli agricoltori sono costretti a mettere in conto che almeno un 10% della produzione potrà andare perduto a causa della presenza di animali selvatici. Non è più tollerabile che un’impresa venga messa in pericolo e per questo occorre ridefinire le aree vocate, tendendo conto del carico complessivo delle diverse specie. E su quelle non vocate, la presenza di ungulati deve essere pari a 0. Non è nemmeno tollerabile che gli uliveti figurino tra le aree vocate alla presenza di cervi visti i danni irreversibili che questi animali creano”.
Secondo la Lega, bisogna determinare le densità massime a fine stagione venatoria considerando il carico complessivo delle diverse specie così da contenere il danneggiamento alle colture agricole ed il rischio di incidenti stradali. Ma è necessario rivedere anche gli obiettivi dei piani degli abbattimenti per le diverse aree innalzando il tetto dei prelevamenti.
“Oltre all’anticipo dell’apertura al cinghiale e all’ampliamento dei periodi di caccia – precisa Gambetta Vianna –, chiediamo alla Giunta di effettuare interventi di controllo nelle aree non vocate così da perseguire l’obiettivo di “densità zero”. In più, impegniamo la Regione a promuovere e a realizzare intese con gli imprenditori agricoli per l’installazione di sistemi di prevenzione dei danni e per mettere in atto sistemi di controllo per limitare i danni alle colture provocate da storni e piccioni”.
Ma il Carroccio avanza altre tre richieste. La prima è quella di “assicurare il diritto al risarcimento del danno in base alle stime che tengano conto sia del valore del prodotto perduto, sia dei danni pluriennali o permanenti alle strutture produttive e agli impianti”.
La seconda, invece, è quella di “definire procedure più snelle e tempi certi di pagamento. Svincolare definitivamente il risarcimento dei danni dalle azioni di prevenzione dei danni che non sempre possono essere effettuate e/o sono prevedibili. Tutte le azioni e le attività di prevenzione (recinzioni, dissuasori etc.) devono essere posti a totale carico dell’Ente pubblico o Atc”.
La terza e ultima richiesta, invece, riguarda il “prevedere una modalità di risarcimento dei danni che “prioritariamente” vada a preferire gli imprenditori agricoli professionali”.