LA CACCIA
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La caccia è la pratica di catturare o uccidere animali, solitamente selvatici, per procurarsi cibo, pelli o altre materie oppure per scopo ricreativo. La caccia fu certamente una fonte primaria di sostentamento in alcune fasi dell’evoluzione umana, ovvero prima della nascita dell’allevamento e dell’agricoltura, quando l’uomo era cacciatore-raccoglitore. Ancora oggi la caccia (eventualmente nella forma della pesca) rappresenta la fonte principale di proteine nell’alimentazione di molte comunità, soprattutto nei paesi più poveri del mondo. Nei paesi industrializzati la caccia ha perso il ruolo di sostentamento, diventando gradualmente una attività principalmente ricreativa oppure condotta allo scopo di commerciare il ricavato della cattura o dell’uccisione di animali. In questo contesto, il termine “caccia” si riferisce generalmente a un’attività approvata dalla legge, mentre con bracconaggio si intende la caccia fatta in modi o in contesti che la rendono illegale. La caccia può anche avere un ruolo nella gestione della fauna selvatica, ad esempio per mantenere la popolazione di una certa specie all’interno delle capacità di sostentamento dell’ambiente ecologico. In Italia, come negli Stati Uniti e in molti paesi occidentali, le guardie forestali e ecologi partecipano alla scrittura delle norme di regolamentazione della caccia in modo che le quote e i metodi permessi garantiscano il preservamento della fauna selvatica. La cattura di pesci, ovvero la pesca anche nella sua espressione subacquea (nota col nome di caccia subacquea ma ancor meglio pesca subacquea), non viene solitamente considerata un tipo di caccia anche se ne condivide molti aspetti. Anche la cattura di animali con trappole, oltre a essere generamente proibita, viene solitamente considerata un’attività separata dalla caccia.
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LA STORIA |
La caccia è una delle più antiche attività conosciute in quanto risale sicuramente alla nascita della specie Homo sapiens. Sebbene gli antenati della specie umana più remoti fossero in prevalenza insettivori sono stati ritrovati reperti, risalenti a 1.8 milioni di anni fa, che provano come gli ominidi si procacciassero grandi animali per il sostentamento; non è tuttavia del tutto chiaro se fossero prevalentemente cacciatori attivi o raccoglitori di carogne. La caccia era una componente cruciale per le società di cacciatori-agricoltori, prima che si iniziassero ad addomesticare i primi animali e prima del sorgere dell’agricoltura. Sono state ritrovate in Asia prove fossili dell’utilizzo di lance per la caccia, la cui datazione riconduce a circa 16200 anni fa. Secondo alcuni storici la caccia potrebbe aver contribuito al rimpiazzo della megafauna dell’olocene con gli erbivori più piccoli delle epoche successive. Con l’avvento del linguaggio e della cultura la caccia diventò un tema ricorrente di storie e miti, ma anche di proverbi, metafore e aforismi molti dei quali sono usati ancora oggi. La prima tecnica di caccia è stata probabilmente la caccia per sfinimento praticata dagli uomini del paleolitico. Poiché l’epoca è precedente all’invezione delle armi da lancio, quali lance e archi, l’unico modo per cacciare una preda era di inseguirlo per lunghe distanze. Forse per questo scopo gli ominidi diventarono bipedi; la postura eretta che riduce la velocità di corsa e quindi le probabilità di catturare una preda dopo un inseguimento breve, ma permette una migliore durata e può favorire la caccia per sfinimento. Anche lo sviluppo delle ghiandole sudoripare (assenti nella maggior parte dei mammiferi) e la mancanza di pelo degli umani può aver favorito questo tipo di caccia permettendo di mantenere la temperatura corporea abbastanza bassa durante una lunga corsa nel calore del giorno. La caccia per sfinimento viene ancora praticata dai cacciatori-raccoglitori del deserto del Kalahari nell’Africa meridionale. Durante una partita di caccia mirante allo sfinimento di un’antilope del Kalahari centrale l’animale non viene bersagliato con proiettili ma solamente inseguito. La temperatura dell’aria può essere compresa tra i 40 e i 42 °C e la caccia può durare da due fino a 5 ore per un percorso totale tra i 25 e i 30 km. Il cacciatore insegue l’antilope che scappa fino a portarsi fuori vista; tuttavia inseguendolo correndo ad un buon passo è il cacciatore riesce a raggiungerlo prima che abbia avuto il tempo di riposarsi all’ombra. Ad un certo punto la preda è troppo esausta per continuare a correre e può essere uccisa a breve distanza con una lancia. Sebbene gli animali domestici fossero diventati piuttosto diffusi, la caccia continuò ad essere una fonte importante di cibo anche dopo lo sviluppo dell’agricoltura. I materiali e il nutrimento aggiuntivo derivanti dalla caccia comprendevano proteine, ossa da lavorare, tendini, pelo o penne, pelli grezze e cuoio utilizzate per la produzione di abiti e la costruzione di ripari. Le prime armi da lancio erano sassi, lance (a volte atrezzate con un propulsore, o atlatl), archi e frecce. Negli antichi altorilievi, in particolare in Mesopotamin, i re venivano spesso rappresentati come cacciatori alla presa con bestie di grandi dimensioni, come i leoni; solitamente su un carro da guerra, cosiderato simbolo virile. L’archetipo è probabilmente il leggendario re biblico Nimrod. L’importanza psicologica e culturale della caccia nelle società antiche è rappresentata dalle dività associate, quali il dio cornuto Cernunnos o la dea greca Artemide e l’equivalente romana: Diana. Molti taboo erano relativi alla caccia; l’associazione mitologica di una certa preda con una divinità poteva riflettersi in restrizioni alla caccia come, ad esempio, il divieto di caccia nelle vicinanze di un tempio. Ad esempio la storia di Artemide e Atteone, narrata da Euripide, può essere interpretata come un monito verso il disprezzo per le prede e il vanto. La caccia è ancora vitale in molte società, in particolare quelle non adatte alla pratica dell’agricoltura e dell’allevamentp. Gli Inuit dell’artico cacciano, con armi e trappole, animali per il cibo e per produrre le complicate tende (formate da decine di pezze di pellame) che possono resistere alle rigide temperature. Dalle pelli impermeabili dei mammiferi marini producono canoe, guanti, abilti e calzature. Con l’addomesticazione del cane, degli uccelli da preda e del furetto sono state sviluppate varie forme di caccia con l’aiuto di animali. Allo scopo sono state selezionate delle precise razze di cane: segugi, cani da punta o da riporto.
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LA CACCIA CON I CANI
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Nessuna delle varie specie animali addestrate per la caccia ha mai avuto un’importanza paragonabile a quella dei cani. Dopo l’addomesticazione il cane perse la propria indipendenza evolutiva diventando un aiuto prezioso aiuto per la caccia. I cani da caccia moderni sono il risultato di millenni di selezione genetica ad un livello che è unico nel sue genere. Atteone viene divorato dai suoi cani. L’utilizzo dei cani da caccia risale all’alba della civiltà umana, la parola stessa caccia deriva dal greco antico kynègia che a sua volta deriva da kynos, cioè cane. Nell’impero ottomano 33 o 34 delle 196 compagnie di Giannizzeri erano Sekban, cioè custodi dei cani. Oggi i cani sono usati per stanare, inseguire o riportare la selvaggina e a volte per ucciderla. Esistono tutt’ora innumerevoli tipi di caccia che si avvalgono dell’ausilio del cane. Infatti l’olfatto sensibile dei cani permette ai cacciatori di scovare, inseguire e uccidere prede che, altrimenti, sarebbero molto difficili o pericolose da cacciare.
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LA CACCIA MODERNA
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Testa di elefante africano, ambito trofeo di caccia grossa, durante il periodo della colonizzazione africana. Quella che un tempo era la caccia aristocratica è oggi un hobby, diffuso in modo relativamente uniforme tra le classi sociali. I cacciatori possono essere motivati dal divertimento o dal raccoglimento di trofei. Solitamente i cacciatori dilettanti ritengono che passare del tempo all’aria aperta, in ambienti relativamente selvaggi, e lontano dai sentieri più frequentati, sia una parte essenziale dell’attività venatoria.
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LA CACCIA IN ITALIA
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In Italia, la caccia ha un numero di cacciatori in diminuzione, infatti sono passati dai 1.701.853 del 1980 ai 791.848 del 2001, con un calo netto del 53.5%, mentre l’età media di chi pratica la caccia, sta aumentando. Tutto ciò è indice del fatto che ormai questa pratica è diffusa prevalentemente tra gli anziani e che riscuote uno scarso interesse tra i giovani. L’attività venatoria è regolamentata dalla legge n. 157 del 17 febbraio 1992, anche se le regioni possono approvare delle deroghe a tale normativa.
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REFERENDUM CACCIA
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Nel corso degli anni novanta sono stati proposti tre referendum, nessuno dei quali raggiunse il quorum, per inasprire le norme che regolano la caccia: 3 giugno 1990: inasprimento delle norme nella disciplina della caccia, affluenza: 43.4%, favorevoli: 92.2%, contrari: 7.8% 3 giugno 1990: divieto di accesso ai cacciatori ai fondi privati, affluenza: 42.9%, favorevoli: 92.3%, contrari: 7.7% 15 giugno 1997: divieto di accesso ai cacciatori ai fondi privati, affluenza: 30.2%, favorevoli: 80.9%, contrari: 19.1% I referendum sul divieto di accesso ai cacciatori ai fondi privati furono proposti con l’intento di abrogare l’articolo 842 del codice civile. Secondo tale articolo, i cacciatori possono entrare (armati) nei fondi privati senza il consenso preventivo del proprietario, introducendo una discriminante, da alcuni giuristi valutata come incostituzionale, nei confronti dei cittadini non cacciatori che invece verrebbero puniti ai sensi dell’articolo 614 del codice penale per violazione di domicilio.
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SONDAGGI CACCIA
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Un sondaggio SWG del 2001 ha evidenziato che l’87% degli italiani è contrario alla caccia dei piccoli uccelli, mentre solo l’8% è favorevole (il rimanente 5% del campione intervistato non si è espresso).
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Un sondaggio Abacus del 2003 ha evidenziato che il 72% degli italiani è favorevole all’abolizione della caccia, mentre il 22% è contrario alla sua abolizione (il rimanente 6% del campione intervistato non si è espresso).
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Un sondaggio Eurisko del 2005 ha evidenziato che il 74.1% degli italiani è contrario alla caccia, il 15.2% è favorevole e il 10.1% indifferente (il rimanente 0.6% del campione intervistato non si è espresso).
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