Con un emendamento in Consiglio regionale il Piemonte abroga la legge sulla caccia e blocca il referendum sulla caccia risparmiando milioni di euro.
Passato l’emendamento che eviterà le urne e farà risparmiare 22 milioni di euro alla Regione. Contro il voto del Consiglio, contestato anche da esponenti Pdl, già pronti i ricorsi al Tar . E alla fine ce l’hanno fatta. Il referendum è stato bloccato: ieri, presente il presidente Roberto Cota in Consiglio regionale,il voto ha deciso per l’abrogazione della legge 70 e quindi niente votazioni il 3 giugno.
Tra citazioni di favole di Fedro (per la precisione «Il lupo e l’agnello») di Eleonora Artesio (Fds), appelli al «senso di responsabilità, per non buttare al vento quei soldi» di Giovanni Negro, Udc e non lontano dai cacciatori si è arrivati alla votazione dell’emendamento 200 Sacchetto (l’assessore all’agricoltura, molto vicino ai cacciatori). Un emendamento che sembra già una nuova legge, fatto di almeno tre pagine con già compresi i calendari venatori.
Ma l’assessore ha dichiarato che «dovevamo fare così» anche perché la legge nazionale sulla caccia prevede che le regioni la strutturino sul proprio territorio secondo i dettami dell’Ispra, istituto per la protezione e la ricerca ambientale. In consiglio la discussione sul referendum caccia ha scatenato la fantasia e le emozioni dei consiglieri, sono intervenuti praticamente tutti.
Da Davide Bono, Movimento 5 stelle, «C’è il governatore Cota con noi. Come sta? Sta bene? Non la vediamo mai…» e poi rispondendo all’intervento di Gian Luca Vignale, Pdl: «Non si tratta di chi vince e chi perde il referendum. Si tratta di cittadini che vogliono esprimersi attraverso la democrazia».
Tra i banchi dell’opposizione in ordine alfabetico: Eleonora Artesio (Fds), Monica Cerutti (Sel), e Andrea Stara, Insieme per Bresso, si sono dichiarati tutti a favore del referendum – Stara aveva già fatto stampare i manifesti settimane fa – mentre il Pd, come ha ricordato Aldo Reschigna, «ha cercato di mediare per settimane», per una legge che recepisse almeno un paio dei quesiti referendari, pur di evitare la spesa dei 22 milioni di euro. Ma alla fine ha votato contro l’emendamento abrogativo.
L’Idv con Andrea Buquicchio ha ribadito «noi da sempre abbiamo detto che l’unico modo per superare il referendum è modificare la legge recependo i quesiti». Quindi opposizione più o meno compatta contro e maggioranza a favore. Ma nel Pdl c’è stata una posizione fuori dal coro quella di Carla Spagnuolo, presidente della Commissione sanità: «Sono contro la caccia e voterò contro. Quando una donna ha 50 anni è considerata ormai con poco futuro, le persone oltre quell’età in genere sono “vecchi” e devono dare spazio ai giovani. Gli unici che non riusciamo a rottamare sono i cacciatori».
Giampiero Leo, anche lui Pdl, invece non ha partecipato al voto. Non deve averla presa bene il capo gruppo Luca Pedrale schierato con Sacchetto e neanche Roberto Boniperti che si è lanciato in un’accorata difesa delle aziende faunistiche venatorie quasi urlando per «tutti i posti di lavoro che si perderebbero cancellando le domeniche, come vuole il referendum. E di questi tempi si sa come il lavoro è importante».
Poi le votazioni, su 51 presenti, 27 a favore dell’abrogazione e 18 contro, un astenuto cinque non votanti. Poi seduta sospesa perché tra il pubblico c’erano rappresentanti del comitato promotore «Abbiamo visto come sprecano i nostri soldi i consiglieri della Lega stanno giocando al computer, altro che lavorare per noi».
Ora Cota deve far approvare in fretta la finanziaria per poter abrogare la legge in odore di referendum e così cancellarlo. Intanto sono già pronti i ricorsi al Tar degli anti caccia.
Fonte: LA Stampa