Corsa contro il tempo per far saltare la consultazione del 3 giugno. Si vuole evitare di spendere 22 milioni, ma un pateracchio sarebbe controproducente. Entro lunedì la soluzione?
Non sono state sufficienti le due ore di riunione ai capigruppo di Palazzo Lascaris per partorire un testo di legge in grado di superare lo scoglio del referendum sulla caccia. Sull’incombente consultazione popolare – fissata per il prossimo 3 giugno – pesa sopra tutto il costo: circa 22 milioni, una cifra giudicata da tutti inopportuna, stante la contingenza economica e lo stato delle casse regionali.
“La discussione avviata presenta un percorso tortuoso», spiega il capogruppo Pd Aldo Reschigna, promotore di un’iniziativa volta a uscire dalle secche, attraverso un percorso legislativo condiviso. Tutto comunque rinviato a lunedì, sperando che il weekend porti consiglio.
Com’è noto, sono state presentate quattro proposte di legge di modifica alla legge regionale, la numero 70 del 1996, che disciplina l’esercizio venatorio, da parte del Pdl e Lega Nord, dell’Italia dei valori, del Pd e dei Verdi-Verdi.
Al momento tutto è fermo alla fase “redigente” in Commissione: da qui la richiesta a ogni proponente di fare un passo indietro e ritirare i rispettivi documenti, onde procedere all’elaborazione di un testo comune (o ampiamente condiviso) che «preveda la riduzione delle specie cacciabili, dell’attività venatoria esercitabile nei giorni di domenica, nonché la limitazione delle deroghe al divieto di caccia sulla neve e una riduzione, per le deroghe, alle norme previste per legge per la caccia in altri territori”.
Una strada che Gian Luca Vignale (Pdl), primo firmatario della proposta del centrodestra, giudica difficilmente percorribile: «Premetto di essere ovviamente sensibile al risparmio dei fondi pubblici, ma ritengo che vadano evitati pastrocchi, peraltro potenzialmente forieri di guai. L’unica possibilità è l’abrogazione della legge vigente, non ci sono altre scorciatoie.
Ma non si può stravolgere un impianto che tiene conto delle esigenze legittime del mondo venatorio e di quello agricolo, coniugato con la promozione del territorio”. Altrimenti, fa capire l’esponente pidiellino, la sua proposta di legge rimane.
Sulla vicenda fa sentire la sua voce anche il presidente. “Con la crisi che c’è, con tutti i problemi che abbiamo, spendere oltre venti milioni di euro per un referendum sulla caccia indetto quasi trent’anni fa è semplicemente una follia. L’unico modo per evitarlo è l’abrogazione”.
Roberto Cota aggiunge: “la Giunta intende portare avanti questa soluzione, impegnandosi ad approvare subito dopo una legge nuova il più possibile condivisa. Mi auguro che ci possa essere una collaborazione ed un’assunzione di responsabilità, indipendentemente dagli schieramenti politici”.
Fonte: LoSpiffero