Il referendum contro la caccia in Piemonte viene bloccato da un emendamento abrogativo della stessa legge regionale sulla caccia votato in Consiglio Regionale; inevitabili le contestazioni del Comitato promotore, degli animalisti e del Movimento 5 Stelle.
Lo stesso Comitato promotore del Referendum spera ancora in una falla nella procedura abrogativa affermando in una nota che “sono ancora necessari infatti alcuni passaggi formali perché la consultazione venga affossata”.
Qualora invece l’emendamento della Regione vada a buon fine ed il referendum venga effettivamente bloccato il Comitato annuncia battaglia con nuovi ricorsi e manifestazioni nonché, più di tutto, uno stretto controllo su quanto dichiarato dal governatore Roberto Cota in merito all’utilizzo del denaro risparmiato evitando il referendum “ovvero se i 22 milioni risparmiati andranno al welfare e ai malati di Alzheimer”.
Secondo Davide Bono, Capogruppo in Consiglio Regionale del Movimento 5 Stelle, i consiglieri che hanno approvato l’emendamento avrebbero violato l’articolo 294 del codice penale che enuncia “Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l’esercizio di un diritto politico [..] è punito con la reclusione da uno a cinque anni” ma allo stesso tempo, asserisce Bono, l’art.122 della Costituzione enuncia “I Consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni” pertanto i Consiglieri non saranno chiamati a risponderne.
Inoltre Bono si dice certo che il Comitato Promotore chiederà che venga indetto il referendum non appena sarà promulgata la nuova legge sulla caccia, presumendo già da oggi che questa non avrà recepito i quesiti proposti, e chiederà il risarcimento civile dei danni per la non indizione del Referendum, a cui da sentenza della Corte d’Appello di Torino del dicembre 2010 si doveva dare seguito per il tramite del Commissario Ad Acta, individuato nella persona dello stesso Presidente Cota.
Proseguendo nel proprio comunicato Bono definisce la scelta del Consiglio regionale piemontese inutile poiché a suo dire non risolve il problema; antidemocratica poiché non rispetterebbe lo Statuto regionale e la stessa Costituzione che all’art.1 sancisce che “la sovranità appartiene al popolo”; diseconomica poiché la spesa per la consultazione referendaria sarebbe solo rinviata.
Infine il consigliere Bono auspica che vengano almeno accolte le proprie proposte di legge per l’eliminazione del quorum e la possibilità di accorpare i referendum ad altri tipi di votazioni amministrative e politiche; inoltre Bono fa sapere di aver chiesto di studiare la possibilità di utilizzare il voto elettronico al fine di ridurre i costi delle future consultazioni referendarie.