Tre anni e mezzo di tempo per arrivare alla condanna: sono quattro i mesi di reclusione inflitti dal Giudice del Tribunale di Sondrio a tre bracconieri, come raccontato oggi da Il Giorno. I condannati si recarono nel Parco Nazionale dello Stelvio il 9 novembre del 2012, giornata in cui era in vigore il silenzio venatorio, ma decisero comunque di cacciare in una situazione proibita. Oltre alla pena già citata, i tre, tutti originari della provincia di Brescia, dovranno pagare 600 euro di ammenda a testa (spese processuali). Si tratta, secondo quanto riportato dallo stesso quotidiano, di un 34 enne, un 45 enne e un 60 enne. Il parco è stato istituito nel 1935 e con i suoi 80 anni di storia è uno dei più antichi di tutta Italia.
Nell’inverno del 2012 si sono introdotti in una delle zone più selvagge del parco lombardo, non lontano dal territorio che fa parte del comune di Valfurva (in provincia di Sondrio), per la precisione in un’area in cui sono presenti molte specie animali che hanno la possibilità di riprodursi. I bracconieri andati a processo hanno utilizzato due fari alogeni molto potenti, decisamente fuori luogo nel parco in questione oltre che vietati dalla legge in materia di caccia. Queste luci vengono sfruttate dai cacciatori nelle ore più buie, di sera e di notte, vale a dire nei momenti in cui la pratica venatoria è vietata per motivi di sicurezza.
Inoltre, i fari sono il mezzo ritenuto più “utile” per confondere gli ungulati (cinghiali in primis, ma non solo), i quali non riescono a orientarsi e i bracconieri hanno maggior tempo a disposizione per lo sparo con il fucile. Il trasporto delle luci viene considerato sufficiente per l’applicazione della condanna, in questo caso ci sono stati anche gli abbattimenti. I tre hanno ucciso due cervi e un capriolo, violando in maniera palese il regolamento che disciplina la caccia di selezione agli ungulati.
Gli animali abbattuti fanno parte dell’elenco della fauna stanziale delle Alpi e il capo di imputazione del tribunale sondriese ha fatto riferimento proprio al divieto assoluto di uccisione. Tre anni e mezzo fa i bracconieri furono scoperti dalle forze dell’ordine, colti in flagrante per l’appunto. Nell’immediato ci furono le denunce con una serie di violazioni ai regolamenti venatori della Regione Lombardia e del Parco Nazionale dello Stelvio, irregolarità che sono contemplate dal Codice Penale del nostro paese. I quattro mesi di reclusione rappresentano il giudizio di primo grado, non è dato sapere se ci sarà l’appello.