Per il cacciatore di montagna, ed in particolare per quello del Tarvisiano, ( che è un piccolo angolo relegato all’estremo Nord/Est, lascito di Maria Teresa d’Austria ), è ogni giorno più pesante il contrasto tra le spinte tradizionali e le imposizioni della cosiddetta moderna civiltà.
Racchiuso in sé stesso, ridotto, all’angolo dello studiolo, a rimirare i fischietti, ormai rauchi, con i quali tentava il conteggio del Francolino di monte, facendo a gara con il Guardiacaccia o con il Professore di turno, pensa al prezioso animale, perso nel limbo del dimenticatoio generale e non si sa bene il perché. A pensiero triste si unisce pensiero triste: ed ecco il ricordo amaro della rapina della caccia primaverile al canto del Gallo Cedrone e del Gallo Forcello; amarezza acuita dal fatto che gli amici carinziani, pur essendo entrati in Europa dal 1995, continuano a praticare sul territorio confinante la caccia primaverile al canto sia al Forcello che al Cedrone. Come non bastasse, dopo quasi cinque lustri di meditazione la Regione ha emanato il Piano Faunistico regionale; sorpresa : niente caccia nel periodo delicato degli amori degli ungulati! E questo senza nessun sostegno scientifico, ma solo per la pruderie appenninica, subito colta dai tecnici benpensanti, non si sa bene a che fine. Si aggiunga che il nostro montanaro vive nel costante timore di vedere ulteriormente prevalere le esigenze dei “cittadini”, che necessitano evidentemente di aria sana e non si accontentano di impianti di risalita, di ciaspolate, di baite; che sono forniti di mezzi fuoristrada e di tecnologia avanzata per tiri ultrasonici e di tutte le più avanzate diavolerie moderne.
In conclusione, dopo aver praticamente perso la battaglia in difesa delle proprie tradizioni e nel rischio di perdere anche la battaglia finale, il cacciatore della montagna tarvisiana deve ora confrontarsi con una nuova realtà incombente : l’arrivo – non si sa come – del lupo. Il cacciatore di montagna tarvisiano si è a suo tempo ben difeso dal tentativo WWF/Forestale di Stato di costituire il Parco Nazionale per la protezione (simile a quella di Trento?) dell’orso. Ha contrastato in modo efficace la ricerca di imbalsamare il territorio anche con la Riserva naturale di popolamento animale e successivamente con la Riserva biogenetica. Ma tant’è. Già nel corso di una ricerca sul Gallo Forcello, la sorpresa, una trentina d’anni fa : la lince a caccia di capriolo! Si sperava in un reinserimento spontaneo ( cosa che non piace ai tecnici faunistici: non rende parcelle!). E invece, finanziamenti, studi, rilasci: ed ora il lupo. Notizie solo saltuarie. I tecnici si sono smaliziati. Ma data per letta tutta la letteratura seria sull’argomento ( Zunino, Modugno) , vediamo cosa è apparso qua e là.
27 gennaio 2016: intervento in televisione del Dott.Lapini. “Ritorno massiccio del lupo”. “Convivenza difficile, tant’è che avanzano ipotesi per piani di contenimento”. “E’ necessario intervenire prima che il lupo si insedi definitivamente e trasmetta ai piccoli abitudini negative, come il gusto degli animali domestici”. “In Lessinia oggi esistono 16 lupi imprintati su mucche.” “Necessitano altresì interventi tempestivi perché è una specie complessa”. “In Maremma c’è una situazione di ibridismo ( al 25%). E’un fatto gestionale anarchico. Anche qui bisognerebbe evitare danni e che i lupi prendano brutte abitudini”. “Il Giornale – 25.2.2016” : In Italia oggi vivono circa 1600 lupi di cui 1500 sull’Appennino e poco più di un centinaio sulle Alpi : 115 quelli trovati morti l’anno scorso.” “Panorama 23.3.2016”:Intervento del Dr. Bernardino Ragni. “Controllare il numero (dei lupi : n.d.a.) è semplicemente buon senso!”. “2150 gli esemplari di lupo presenti in Italia nelle statistiche ufficiali: il numero reale – senza timore di sbagliare – è il doppio.” “ Al di là delle percentuali, dei perchè e dei modi contenuti nel Piano del Ministro dell’Ambiente (che prevede di poter abbattere del 5% all’anno la popolazione di questo predatore), se tale provvedimento costituisce un primo, timoroso, certamente imperfetto, tentativo di sdoganare la risorsa naturale rinnovabile “Canis lupus italicus” dal ghetto dei tabù emozional-confessional-ideologici, che ben venga!” L’appetito vien mangiando, non solo al lupo. E così ho ricercato alcune notizie che per il passato mi avevano solleticato, anche se non erano di stretta attualità. Risulta dagli Atti del II^ Convegno Nazionale dei Biologi della selvaggina (1991) che dal 1972 al 1990 sono stati ritrovati ben 145 cadaveri di lupi in Appennino, anche se ( avvertono i Biologi Francisci, Boitani, Guberti, Giucci e Andreoli) è il risultato di una raccolta né sistematica né capillare. Un’altra ricerca, effettuata dal 1978 al 1988 ( quindi praticamente in contemporanea) sulla biologia e conservazione dei carnivori in Italia, la consistenza dei lupi è valutata in 200 capi ! (Atti del I^ Convegno Nazionale dei Biologi della selvaggina – comunicazione di Augusto Vigna Tagliandi).
E allora? Come la mettiamo?
Io direi che o attraverso la FACE o come FIDC o come cittadini d’Europa potremmo ( dovremmo) chiedere al Commissario europeo di conoscere quali, quanti e quanto finanziati siano stati i “progetti lupo” negli ultimi trenta/quarant’anni, ossia i progetti che abbiano interessato direttamente o indirettamente allevamento, cattura, restoking, immissione, reintroduzione del lupo, a favore di ricercatori, università, onlus ecc.ecc.ecc.
Giusto per sapere. Così come sarà il caso di chiedere alla Regione Friuli Venezia Giulia cosa intenda fare della Riserva di caccia “Picco di Mezzodì” ( ca 700 ettari, a Tarvisio, ex Weissenfels), dopo averla destrutturata a colpi di 50 euro a camoscio! Potrebbe essere un nuovo “covo di lupi!”
Weidmannsheil! Goffredo Grasssani.