Caccia: Liguria, Tar conferma la bontà del lavoro svolto dalla Regione sui Piani Faunistici e boccia il ricorso anticiaccia; soddisfatti Briano e Bruzzone per la prima vittoria al Tar.
Vittoria della Regione Liguria contro gli ambientalisti di Wwf e Vas riguardo agli indirizzi dei Piani Faunistici; il Tar ha respinto in toto, entrando nel merito, il ricorso anticaccia suscitando piena soddisfazione dell’Assessore regionale all’Ambiente Renata Briano e del consigliere Bruzzone. Sulla propria pagina Facebook l’assessore Briano ha così commentato la sentenza del Tar, “Una buona notizia! Il TAR ha respinto in toto, entrando nel MERITO, il ricorso degli ambientalisti sugli indirizzi dei Piani Faunistici. L’esito del ricorso permette ora alle Province di proseguire con i nuovi piani e dimostra che non era certo volontà delle amministrazioni tenere ferma la pianificazione. Questo tema é particolarmente rilevante anche per il Calendario Venatorio e il prelievo selettivo degli Ungulati”.
Proseguendo l’assessore ha affermato, “La Regione ha approvato gli indirizzi a inizio del mandato perché voleva accelerare la pianificazione faunistica ma il ricorso ci ha tenuti fermi per due anni e siamo stati attaccati su questo punto anche negli atti successivi e in modo strumentale. Invece abbiamo lavorato bene in modo legittimo e scientifico. Sono sicura che il tempo ci darà ragione anche sugli altri ricorsi”.
Alla notizia della bocciatura del ricorso anticaccia il capogruppo della Lega Nord nel Consiglio Regionale della Liguria, Francesco Bruzzone, che nell’ultimo periodo ha particolarmente sofferto la situazione controversa della caccia ligure, ha espresso condiviso appieno la soddisfazione dell’assessore Briano commentando “Apprendo con soddisfazione la notizia relativa alla decisione del TAR della Liguria, che ha respinto in toto, entrando nel merito, il ricorso degli ambientalisti sugli indirizzi dei Piani Faunistici Regionali. Si sono smascherati da soli, gli ambientalisti. Perché lamentano la mancanza dei piani faunistici per impugnare il Calendario Venatorio, e poi loro stessi sono quelli che avevano impugnato gli indirizzi per stilare i Piani Faunistici. Appare quindi più evidente – ha concluso Bruzzone – che mai l’uso di qualsiasi mezzo per fermare l’attività venatoria, tralasciando ogni tipo di vera attenzione alla tutela ambientale”.
Di seguito pubblichiamo il testo integrale della sentenza del Tar Liguria:
“
N. 01279/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00896/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 896 del 2011, proposto da:
Associazione italiana per il world wide fund for nature, WWF, in persona del legale rappresentante in carica
VAS associazione verdi ambiente e società onlus, in persona del legale rappresentante in carica
entrambe rappresentate e difese dall’avvocato prof. Daniele Granara, presso il quale hanno eletto domicilio a Genova in via Bosco 31/4;
contro
Regione Liguria in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Michela Sommariva e Gigliola Benghi, con loro domiciliata a Genova in via Fieschi 15
Provincia di Genova in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Scaglia e Valentina Manzone, con domicilio a Genova in piazza Mazzini 2
Provincia di La Spezia in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Veronica Allegri e Roberto Benvenuto, con domicilio eletto a Genova presso la segreteria del tribunale amministrativo
Provincia di Savona in persona del presidente in carica
Provincia di Imperia in persona del presidente in carica;
per l’annullamento
della deliberazione 15.4.2011, n. 387 della giunta della regione Liguria
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Liguria e di Provincia Di Genova e di Provincia di La Spezia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
viste le produzioni effettuate in udienza dalle ricorrenti, nulla opponendo le controparti;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’ associazione italiana per il world wide fund for nature, WWF e la VAS associazione verdi ambiente e società onlus si ritengono lese dalla deliberazione 15.4.2011, n. 387 della giunta della regione Liguria, per il cui annullamento hanno notificato l’atto 19.7.2011, depositato il 1.8.2011, con cui lamentano:
violazione dell’art. 10 della legge 11.2.1992, n. 157, dell’art. 3 della legge regione Liguria 1.7.1994, n. 29, eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità manifeste, sviamento.
Violazione dell’art. 6 della legge regione Liguria 1.7.1994, n. 29, eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca ed illogicità manifeste, sviamento.
Violazione dell’art. 5 comma 3 e 4 della legge 11.2.1992, n. 157 e dell’art. 29 comma 11 della legge regione Liguria 1.7.1994, n. 29, eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca e illogicità manifesta, sviamento.
Violazione degli artt. 2, 12 comma 2 e 3, 10 comma 8 lett. e) e 18 della legge 11.2.1992, n. 157, eccesso di potere per illogicità ed irrazionalità manifeste, sviamento.
Violazione dell’art. 10 comma 1 della legge 21.11.2000, n. 353, eccesso di potere per difetto del presupposto e contraddittorietà manifeste.
Si sono costituite in giudizio con distinte memorie la regione Liguria e le province di Genova e La Spezia, tutte chiedendo respingersi la domanda.
Le parti hanno poi depositato memorie e documenti.
L’impugnazione riguarda la deliberazione con cui la giunta della regione Liguria ha predisposto le linee generali che le province dovranno osservare nella compilazione dei piani faunistici che la legge locale 1994, n. 29 attribuisce alla loro competenza.
Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni con cui le parti resistenti costituite hanno contestato l’ammissibilità del ricorso.
E’ stata al riguardo dedotta l’insussistenza dell’attualità dell’interesse ad impugnare, in quanto la determinazione è stata emanata nell’esercizio delle funzioni di programmazione, coordinazione ed orientamento degli enti di livello inferiore; ne consegue che l’atto non avrebbe attitudini di immediata lesività, dal che l’inammissibilità del gravame.
Il collegio rileva a tale riguardo che l’ordinamento, e la giurisprudenza in particolare, hanno avuto modo di applicare i principi normativi (art. 100 cpc) sull’interesse ad agire anche agli atti dal contenuto generale che possono essere in tutto od in parte direttamente lesivi; una delle ipotesi più note è quello dell’ammissibilità del gravame immediato interposto per l’annullamento della deliberazione consiliare di adozione del piano regolatore, che si dubitava fosse ammissibile proprio per la difficoltà di individuare un profilo immediato di lesione della situazione giuridica tutelata.
In tal senso è stato ritenuto possibile che la posizione di taluno a fronte del procedimento di approvazione dello strumento urbanistico sia pregiudicata sin dall’adozione del suo progetto, sì che non residuavano spazi per negare l’immediata possibilità di agire in giudizio; tale acquisizione può apparire poco appagante dal punto di vista dogmatico, visti i suoi non lineari corollari in tema di improcedibilità del gravame interposto ove non sia censurato anche l’atto approvativo del PRG, ma ha rappresentato un punto di raccordo delle diverse istanze che possono darsi in argomento, sì che essa configura una valida stregua alla quale riferirsi per decidere.
Ne consegue che anche l’atto impugnato può essere conosciuto in questa sede, con l’avvertenza che quelle sue parti che potranno apparire affatto generali e non direttamente lesive non potranno essere conosciute nel merito.
L’eccezione è pertanto infondata, e le doglianze possono essere apprezzate nel merito.
Con la prima di esse si lamenta l’illegittima determinazione del territorio agro-silvo-pastorale di cui è menzione nell’art. 10 della legge 11.2.1992, n. 157; esso deve essere oggetto di un’adeguata pianificazione per tendere al conseguimento della migliore compenetrazione tra le esigenze della tutela della fauna e quelle che, invece, ne giustificano il prelievo.
Preliminare in tale senso è la definizione dello spazio in cui concretamente si potrà esercitare l’attività venatoria, atteso che la sua considerazione ai fini di che si tratta deve tener conto di altre istanze che al territorio si correlano in modo altrettanto rilevante. La censura lamenta l’illegittimità del provvedimento regionale che non ha disposto a priori il divieto della caccia nelle aree di rispetto stradale, ferroviario ed in quelle urbanizzate; la questione origina dalla previsione dell’art. 10 comma 3 della legge 11.2.1992, n. 157 che destina una determinata percentuale del territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione alla protezione della fauna selvatica, ma non specifica se in tale porzione debbano essere ricomprese o meno le aree in cui differenti norme impediscono la caccia.
In argomento la corte costituzionale si è pronunciata con la sentenza 30.11.1997, n. 448 con cui ha ritenuto legittima la disposizione denunciata nella parte in cui la percentuale delle zone da destinare alla protezione dei selvatici ricomprende anche le aree che sono inibite alla caccia in forza di altre norme.
Al riguardo le ricorrenti osservano che altre pronunce hanno deciso diversamente, e che taluni passaggi della sentenza della corte costituzionale farebbero pensare ad una possibilità di leggere altrimenti la norma denunciata: non di meno il collegio ritiene di prestare adesione alla lettura che fanno della disposizione le difese resistenti, posto che non è incongruo immaginare che la fauna selvatica possa trovare rifugio e protezione anche nelle zone dove altre norme hanno imposto il divieto di caccia in forza di differenti esigenze.
Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano l’incongruità delle direttive regionali, che permetteranno alle province liguri di determinare degli ambiti omogenei cacciabili che invece omogenei non sono, posto che essi potranno ricomprendere delle aree costiere insieme con zone situate al di là dello spartiacque appenninico, e così del tutto diverse dalla precedenti.
Anche in questo caso il tribunale deve aderire alle difese resistenti nella parte in cui esse sottolineano che l’art. 19 della legge regione Liguria 1.7.1994, n. 29 è stato modificato, tra l’altro nel senso che gli ambiti di caccia devono essere possibilmente omogenei. Il legislatore ha pertanto ravvisato l’opportunità che la necessità di determinare porzioni del territorio assimilabili dal punto di vista venatorio sia temperata da altri fattori, la cui individuazione è rimessa all’autorità amministrativa.
Consegue da ciò che anche questo motivo è infondato e va disatteso.
La terza censura riguarda l’illegittimità dell’atto gravato nella parte in cui ha ammesso l’ubicazione di appostamenti fissi per la caccia ulteriori rispetto a quelli che erano in uso nella stagione 1989/1990.
Il tribunale rileva al riguardo che l’allegato 3 alla deliberazione impugnata non ammette l’aumento delle postazioni oltre il limite indicato, ma prevede che l’autorità amministrativa presti l’assenso a nuove installazioni nei limiti di cui s’è detto, dal che l’infondatezza anche di questo motivo.
La quarta censura lamenta che l’atto regionale ammette l’addestramento cinofilo anche nei periodi di caccia chiusa, violando con ciò le norme di legge vigenti in materia.
Il tribunale rileva che le norme denunciate (artt. 2, 12 comma 2 e 3, 10 comma 8 lett. e) e 18 della legge 11.2.1992, n. 157) non vietano l’attività addestrativa dei cani nella misura ammessa dalla deliberazione impugnata. Oltre a ciò la difesa regionale e quelle delle province di La Spezia e Genova adducono argomenti convincenti (tra l’altro la sentenza 11.2.2013, n. 778 del consiglio di Stato) per asserire che non vi deve essere necessaria coincidenza tra il periodo venatorio e quello destinato all’addestramento dei cani.
L’acquisizione è oltre tutto logica, posto che un cane non addestrato risulta di scarso ausilio al cacciatore, che deve invece procedere al prelievo della fauna che gli atti hanno considerato venabili.
Anche questo motivo è pertanto infondato e va disatteso.
Con l’ultimo motivo si denuncia la violazione della legge 21.12.2000, n. 353 in tema di divieto della caccia nelle aree boschive percorse dal fuoco; la norma ha inteso preservare la capacità dell’ambiente di riorganizzarsi in senso naturale dopo un evento devastante come è il fuoco diffuso in un bosco, ed aveva fissato il termine di dieci anni dopo l’evento per la ripresa dell’attività venatoria.
Non può essere tuttavia revocato in dubbio che la legislazione regionale ha un’ampia portata nel settore di che si tratta, sì che la disposizione introdotta dalla legge ligure 7.10.2008, n. 35 che ha ridotto ad anni tre l’interdizione alla caccia nelle zone boschive percorse dal fuoco appare legittima ed in grado di disciplinare la specie.
In conclusione il ricorso non merita condivisione e va disatteso: le spese seguono la soccombenza e sono equamente liquidate nel dispositivo, tenendo conto della natura della lite e della qualità delle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
Respinge il ricorso e condanna le associazioni ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute dalle parti resistenti, che liquida per ciascuna di esse in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre ad accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Paolo Peruggia, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 31/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
“