Racconti di Caccia: L’autunno è alle porte, e per quanto si ritenga che sulle isole le stagioni fredde lo siano meno che altrove, chi ha provato l’umido, il maestrale e la tramontana sa che si tratta di un’emerita baggianata.
Ciò non toglie che anche durante le giornate di vento e di pioggia promessa, io scappi via da casa e mi diriga in quel piccolo boschetto a pochi chilometri dalla mia quotidianità che ogni volta mi accoglie come un amico. Da qualche anno caccio meglio in solitaria, da che gli amici di vecchia data non ci sono più e anche se a fine giornata porto a casa poco o niente pazienza, l’importante e respirare aria pulita, non sentire il telefono squillare e dimenticare per almeno qualche ora i problemi di tutti i giorni. Ora che mi preparo a questo nuovo autunno che arriva, mi viene in mente dell’avventura che ho vissuto l’anno scorso mentre dividevo la mia bella giornata di caccia con il caro York Setter e con un giovanissimo Setter.
Il primo è un amico di vecchia data, con il secondo stiamo imparando a conoscerci, ma devo dire che l’addestratore, mio cugino, ha fatto davvero un ottimo lavoro. Quella domenica avevo deciso di dar la caccia a qualche lepre e vista la mia conoscenza del territorio mi sono diretto immediatamente verso “su murdegu”, una zona nella quale crescono numerose piante basse e profumate e un’infinità di rovi che rendono il passaggio davvero complicato.
E’ li che normalmente si nascondono le lepri e in effetti raggiunta la zona i miei cani, incitati dal sottoscritto, hanno iniziato la loro eccitata cerca attraversando con cautela quelle masse di rovi che durante fine agosto si riempiono di buonissime more; mia moglie le trasforma in deliziose marmellate.
Ma torniamo a noi: il mio York pare impazzito, scivola fra i rovi e mentre io attendo la fuga di una lepre sento invece un frullo piuttosto poderoso che te lo confesso, mi ha preso alla sprovvista tant’è che i miei tre colpi non hanno avuto alcun successo. Osservo quel maestoso fagiano che si allontana dopo avermela fatta alla grande.
Mi siedo per qualche minuto su uno dei grandi sassi di granito che si trovano in zona: penso che il freddo si sta facendo davvero pungente, ma lo sguardo dei miei cani mi convince ad andare avanti. Strano, dovrei essere io ad incitare i miei amici a quattro zampe, ma sempre più di frequente è il loro entusiasmo e la bellezza dei boschi incentivare la mia passione.
Avanzo: il fagiano può essersi nascosto solo in un posto e io so perfettamente dove. Scalo la piccola collinetta e raggiungo il limitare del piccolo boschetto che mi sta dando riparo dal freddo. Do uno sguardo in giro, ma soprattutto osservo i cani che hanno già trovato qualcosa: non avevo dubbi. Imbraccio il fucile e attendo e dopo pochi minuti ancora un forte frullare che questa volta non mi trova impreparato.
Basta un colpo per veder sparire il fagiano: sono quasi certo d’averlo preso, ma la sicurezza me la regala il ritorno del mio giovanissimo setter con in bocca il bottino. Il riporto è perfetto, il fagiano bellissimo e inizia pure a spuntare il sole.
Mica male le giornate nelle quali le lepri si trasformano in fagiani.