Sulla questione della caccia in deroga si è assistito ad un cambio di rotta da parte della Regione Lombardia al fine di non incorrere nelle sanzioni europee; non è stata però la stessa linea di condotta del Veneto che resta sicuro della propria.
L’ultimatum inviato dall’Unione Europea all’Italia, riguardante le violazioni in materia di caccia in deroga praticata in questi anni dalla Lombardia e dal Veneto, scadeva in effetti ieri 27 dicembre 2011; la messa in mora è il primo passo per l’avvio di una vera e propria procedura di infrazione che può portare a pesanti sanzioni.
La Regione Veneto però, sicura del proprio operato, si difende e l’assessore alla caccia, Daniele Stival spiega: “Abbiamo presentato al ministero dell’Ambiente, che per fortuna ci ascolta di più adesso rispetto ai tempi della Brambilla e della Prestigiacomo una nota di ben 17 pagine in cui sosteniamo tutte le nostre ragioni di fronte alle contestazioni inviate il 24 novembre dal commissario Ue Janez Potocnik. Roma ha fatto sua questa nota e la invierà a Bruxelles”.
La Regione infatti precisa che proprio l’Europa, nella lettera inviata all’Italia, ha riconosciuto che il Veneto ha modificato la propria normativa sulla caccia in deroga già nel 2007 apportando così un “un recepimento corretto” della direttiva Ue.
Inoltre negli ultimi casino internet due anni per ben cinque volte la normativa veneta riguardante la caccia in deroga è stata sottoposta all’esame dei giudici del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale superando la valutazione di legittimità.
Nella Regione Veneto la pratica della caccia è ormai una tradizione fortemente consolidata e diffusa pertanto, scrive la Regione, “è essenziale che la Regione riesca a garantire il proprio ruolo di governo del fenomeno”.
Per tale motivo sono state approvate delibere che “indicano puntualmente tempi e modalità di esecuzione dei prelievi in deroga, indicando ad esempio “un numero di giornate inferiore rispetto a quelle del calendario venatorio” e con “altre puntuali limitazioni rispetto al numero di capi prelevabili e alle modalità di cattura”.
Spiega ancora l’assessore Stival, “Il punto che l’UE ci contesta è che non abbiamo previsto l’immediata annotazione da parte del cacciatore dei capi che abbatte. Ma noi osserviamo che ci sono dubbi di costituzionalità se le misure che ci chiede l’UE diventano di vero e proprio “controllo personale” sul cacciatore, e che l’accertamento sull’eventuale eccesso di selvaggina catturata può essere fatto dalle guardie anche durante l’attività venatoria, che ci sia o no l’annotazione. Viceversa le annotazioni ci consentono di avere dati precisi su quanto avviene. Per questo ad esempio nel 2010, numeri alla mano, è stata fermata la caccia alla peppola”.
Altro punto critico riguarda il numero di capi possibilmente abbattibili a fronte della necessità di parere scientifico in merito da parte dell’ISPRA. Su questo punto afferma Stival “L’ISPRA ci ha anche invitato a consultare i dati di Birdlife International. Ebbene, i numeri che se ne ricavano ci danno ragione. Per lo storno ad esempio erano state indicate 290 mila unità a livello nazionale, ma poi è risultato che si sarebbe potuto indicarne più del doppio. Per il fringuello siamo rimasti bel al di sotto degli stessi quantitativi ricavabili dalla sentenza della Corte di giustizia. La Regione ha indicato sempre quantitativi estremamente prudenti rispetto ai dati di Birdlife International. Insomma, riusciamo a gestire la caccia nel rispetto dei principi di conservazione della specie. E siamo fiduciosi che Bruxelles ce lo riconoscerà”.