Come spesso accade per le cose belle, tutto è nato per caso: una cena per onorare la selvaggina di precedenti avventure venatorie e la fortuna di capitare a fianco a Susy, un’elegante signora austriaca, ormai da tempo residente in Italia, appassionata cacciatrice di montagna. Finita l’ottima cena, davanti al caffè, ho rivelato che mi stavo interessando per andare a caccia di camosci, prede che non avevo mai insidiato, e ho approfittato per chiedere qualche suggerimento. Dopo avermi raccontato in modo molto coinvolgente e dettagliato alcuni dei suoi trofei più belli, mi dice che avrebbe avuto piacere di invitarmi in Austria così da farmi avere il “battesimo del fuoco” proprio nella sua terra natia. L’ho ringraziata, rispondendo che sarei stato felice e onorato, ma devo confessare che, in cuor mio, pensavo che sarebbe rimasto non più di un gesto molto cortese.
Trascorso qualche tempo, quando ormai avevo dimenticato la piacevole serata, mi arriva la telefonata dell’amico comune che aveva organizzato la cena, dicendomi che l’invito in Austria era stato confermato e che avremmo potuto decidere un paio di opzioni per verificare la disponibilità. Diffidente, ho subito pensato ad uno scherzo, ma la sua insistenza, e soprattutto ricordandomi della gentilezza di Susy, mi sono convinto. Proponiamo un paio di date e, nel giro di poco, arriva la tanto desiderata conferma, si parte!!
Avrei avuto l’opportunità di andare caccia di camosci, addirittura sui mitici monti austriaci e allo stesso tempo mi rendo conto che avrei dovuto fare tante cose prima della partenza.
I giorni passavano rapidamente e, a ridosso del viaggio, l’attenzione si è focalizzata sul monitoraggio del meteo, per due ordini di problemi legati tra loro: il primo quale abbigliamento portare, in quanto le temperature straordinariamente miti, rendevano difficoltosa la preparazione della valigia e, strettamente collegato, l’altitudine alla quale avremmo potuto trovare i camosci, perché il caldo li avrebbe costretti in quota e questo avrebbe significato uno sforzo fisico per il quale non ero decisamente preparato!
Decido di lasciare per ultimo la verifica della taratura della mia carabina Sabatti Saphire 30.06, in abbinata con le palle MRR da 152 gr. fatte caricare appositamente per tiri lunghi e tesi, da un caro amico. Completo l’assetto montando sulla picatinny un’ottica Konus ABSOLUTE 5x-40×56 ZOOM, decisamente importante come ingrandimenti, ma molto luminosa e stabile anche utilizzando livelli di zoom alti. Qualche giorno prima della partenza Susy ci comunica che purtroppo non potrà accompagnarci in questa avventura venatoria ma si raccomanda, con ferma insistenza, di non annullare il viaggio perché in ogni caso ci avrebbe affidato anche nella mani del suo amato nipote Ludwig.
Il viaggio in macchina, dura una decina di ore, ma in due è quasi piacevole e, quando finalmente arriviamo a destinazione, il padrone di casa accoglie mettendoci subito a nostro agio. Trascorriamo una piacevolissima serata con lui e la moglie, anche lei appassionata cacciatrice e cuoca sopraffina di cacciagione. Ma tant’è la mia mente è già proiettata al domani quando finalmente potrò andare a caccia! Una volta in camera la stanchezza del viaggio prende il sopravvento anche sull’emozione e “svengo” letteralmente nel letto! L’appuntamento è al mattino presto, è ancora buio e l’aria è fresca ma sicuramente non come la stagione imporrebbe. Un caffè, due convenevoli e saliamo sulle jeep, ognuno diretto al suo ring di caccia, ma non prima di esserci scambiati un doveroso e quanto mai appropriato Weidmannsheíl. La luce del mattino lentamente comincia a rischiarare le cime delle montagne e si intravedono i contorni delle vette.
Sono euforico, non vedo l’ora cominciare la mia ricerca a piedi, ben sapendo che avrei pagato caro il prezzo della mia incosciente eccitazione. Quando finalmente lasciamo il fuoristrada, la luce del giorno ha preso il posto del buio, posso apprezzare appieno la bellezza del paesaggio circostante e con grande sorpresa Markus il guardiacaccia fa scendere dal retro della macchina una bellissima femmina di segugio bavarese di nome Frida che ci accompagnerà fedelmente durante la nostra avventura.
Cominciamo la salita e io, con passo costante, cerco di non rimanere troppo indietro, mentre Markus con discrezione, accortosi del mio scarso allenamento, incrementa le fasi di ricerca col binocolo per darmi la possibilità di raggiungerlo e di riprendere un po’ di fiato. Dopo più di un’ora di salita, finalmente scorgiamo i primi camosci. Sono una quindicina, 16 per l’esattezza, ad una distanza di circa 500 metri. Rimango incantato a guardarli col binocolo, sono bellissimi. La distanza e la posizione, sfavorevoli per tentare l’abbattimento, ci impongono un avvicinamento ma, in quota, scarseggiando ripari, non è facile accostarsi senza essere visti. Iniziamo quindi un giro largo, sfilando lateralmente e sperando così di portarci a tiro. Per qualche tempo i camosci escono dalla nostra visuale, e la domanda che mi martella nella testa è quella se, alla fine di tutto questo percorso, saremmo ancora riusciti a trovarli al pascolo.
Ad un certo punto il buon Markus, che ovviamente mi ha anticipato sulla salita, si sdraia per terra e comincia a “sbinocolare”. Faticosamente provo ad accelerare il passo e lo raggiungo. Mi sdraio accanto e anche io inizio ad osservare la scena. Il fiatone non mi aiuta a stabilizzare la visuale però mi rendo subito conto che, anche se li abbiamo sempre sopra di noi, siamo in posizione più favorevole. Finalmente mi arriva il responso, mi segnala un camoscio leggermente defilato dal gruppo, piuttosto vicino ad una delle vette. Il momento è arrivato! Mi preparo, inizio a sistemare lo zaino per trovare l’appoggio più stabile, posiziono la carabina e comincio a cercarlo con la mia ottica Konus, sfruttando appieno tutti gli ingrandimenti a disposizione, fino a che non lo inquadro bene nel mirino. A quel punto mi assale il dubbio se il capo che avevo nella croce dell’ottica fosse quello corretto.
Cerco riferimenti per essere più chiaro nella descrizione e comincia così un botta e risposta che, a ripensarci oggi, mi fa sorridere. Ma tant’è, l’emozione, e la voglia di evitare figure imbarazzanti, mi fa essere cauto. Finalmente, quando mi convinco di avere nel mirino l’animale giusto, questo comincia a muoversi, costringendomi a riposizionarmi. Lo vedo, lo seguo ma non lo trovo più in posizione ottimale per un tiro pulito e soprattutto mai più fermo. Dopo un po’ scompare dietro una roccia, ormai praticamente sulla vetta, e non lo avvisto più. Mi assale lo sconforto, da una parte mi sento in imbarazzo per non aver saputo cogliere il momento opportuno ed essermi fatto prendere dall’insicurezza, dall’altro mi ripeto che, in fondo, mi sono comportato eticamente, prima di sparare ho voluto avere la certezza che il capo fosse quello giusto e soprattutto ho resistito alla tentazione di sparare ad un animale in movimento, atteggiamento inaccettabile in questo tipo di caccia. Rimaniamo ancora fermi, per qualche minuto, ad aspettare nel caso il camoscio torni sui suoi passi, poi riprendiamo gli zaini e ci rimettiamo in marcia.
Dopo un’altra ora abbondante di cammino, incontriamo un altro piccolo branco di 7 camosci, li osserviamo con attenzione e, anche io che non sono esperto, noto che hanno un comportamento strano, diverso dai primi, sembrano più nervosi. Markus valuta la nostra posizione e ritiene improbabile che possano averci visto. Non potendo sparare decidiamo di muoverci, sempre con molta circospezione, per avere una visuale più ampia anche della zona sottostante. Ci fermiamo nuovamente e ci rendiamo conto del motivo di tanta inquietudine: a metà della montagna, su un ripido sentiero, stavano approcciando la salita un gruppo di escursionisti, non curanti di infastidire i camosci e inconsapevoli della presenza di cacciatori. Il guardiacaccia non si è per nulla scomposto, ha avuto un atteggiamento di assoluta naturalezza dicendomi che, trattandosi del weekend, le persone vanno spesso in montagna a camminare e a godersi la natura… stesso spirito ma finalità diverse dalle nostre. Continuando il nostro percorso, li incrociamo e ci fermiamo a parlare. Ci hanno domandato come stesse andando e alla fine ci hanno anche augurato Weidmannsheíl. Ho provato ad immaginare se la stessa scena fosse avvenuta da noi e, se lo scambio di convenevoli, sarebbe stato così cordiale e amichevole. Rimarrò con questo dubbio, pur sapendo la risposta!
La presenza di turisti in giro ci ha portato a valutare di interrompere la “cerca” e a riprendere la strada del ritorno. Ne ho comunque approfittato per sedermi qualche minuto a riprendere fiato, mangiare qualcosa di energetico e per scattare qualche foto e video del bellissimo panorama circostante. Tornando verso la macchina il pensiero è andato agli altri cacciatori e su come stesse andando.
Dopo una lunga camminata, io ovviamente stremato, e chi dice che la discesa è meno faticosa della salita è uno che non è mai stato in montagna, siamo finalmente arrivati alla jeep e abbiamo ripreso la via di casa. Doccia veloce e subito a colazione dove ci siamo tutti riuniti e, finalmente, ho potuto soddisfare la mia curiosità, scoprendo che alla fine io ero stato l’unico a non sparare. Mentre, con un po’ di amichevole invidia cercavo di consolarmi pensando che avrei avuto un’altra occasione il giorno successivo, neanche il tempo di finire il mio pensiero che, a sorpresa, ci è stata proposta un’uscita pomeridiana a sua maestà il cervo. Accoppiata camoscio e cervo, del tutto inaspettata! La nostra risposta, naturalmente scontata, non si è fatta attendere.
Dopo una doverosa “pennica” (rif. “riposino post pranzo” in romanesco) verso le 16 ci siamo diretti verso la nuova area di caccia, decisamente meno impegnativa di quella della mattina. Siamo entrati in uno splendido bosco illuminato dagli ultimi raggi di un tiepido sole dove c’era un’altana affacciata su una piccola spianata (Foto_10_Austria). L’attesa purtroppo non ha avuto il successo sperato, e pian piano le mie speranze si affievolivano insieme alla luce del giorno, fino al momento in cui il guardiacaccia ha decretato lo stop. Rassegnato, ma comunque grato per l’opportunità avuta, sono tornato alla macchina, ancora una volta puntando tutto sulla giornata successiva.
Abbiamo terminato l’intensa giornata con una abbondante cena e due chiacchiere con un buon whiskey. Il mattino dopo la sveglia era prevista un’ora prima rispetto alla precedente, il che mi ha fatto pensare che saremmo andati più lontano in macchina o che avremmo dovuto camminare di più!
Sveglia ore 04.30, in poco tempo pronto e carico per affrontare la giornata. Partenza e, dopo circa 45 minuti di macchina, inerpicati su una stradina poco più larga di una mulattiera, abbiamo cominciato la nostra salita a piedi, ancora a buio, aiutati dalla luce di una torcia. Dopo aver attraversato un bosco e usciti su una radura, ormai senza vegetazione e in piena luce, affacciandoci su un piccola collina sotto di noi scorgiamo a qualche centinaio di metri, un camoscio che ci vede e comincia a correre per allontanarsi, dandomi però il tempo di riprenderlo con il telefonino! La ripida salita si faceva sempre più impegnativa per le mie gambe, già provate dalla giornata precedente. Markus il guardiacaccia, ormai aveva capito la mia andatura e si era, immagino con disappunto, adeguato, precedendomi sempre di una ventina di metri, che in salita sono un’infinità!
Finalmente si ferma e mi indica proprio davanti a noi un piccolo branco di camosci dove però non sono presenti animali cacciabili. Ricominciamo quindi la salita fino ad un primo costone affacciato a strapiombo su un’ampia vallata. Sotto di noi, sulle rocce mi segnala due camosci ma mi avvisa che non avremmo potuto fare nulla, in quanto l’eventuale recupero sarebbe stato impossibile. Proseguiamo fino ai piedi di una delle vette e proprio a metà, su un piccolo costone distante circa 300 metri da noi, finalmente incrociamo quello che speravo sarebbe stata la mia opportunità di riscatto. Dopo una breve ma attenta osservazione ricevo l’ok. Suggerisce di avvicinarci un po’ per ridurre la distanza, assicurandomi che l’avremmo potuto fare con relativa tranquillità camminando all’interno di un piccolo canalone. Arrivati a circa 150 metri posiziono lo zaino e comincio la ricerca nella mia ottica Konus. Questa volta è decisamente più facile selezionare il bersaglio, è solitario e non c’è possibilità di confondermi. È arrivato il momento, lo inquadro e cerco di tenere la croce del mirino ben ferma sul mio obiettivo. Sono emozionato ma abbastanza concentrato. Prendo un bel respiro, mando fuori l’aria e tiro il grilletto.
Lo sparo del mio Sabatti echeggia tra le montagne, mi fa sussultare, ma riesco comunque a vedere il camoscio che si impenna, accenna qualche passo e poi rotola giù, scomparendo tra le rocce. Il mio sguardo incrocia quello del guardiacaccia in attesa di un cenno. Lo vedo che si sofferma col binocolo, passa qualche secondo, che a me sembra infinito, poi si gira, mi guarda, si toglie il cappello mi tende la mano e finalmente si complimenta, Weidmannsheil!
Non è facile descrivere quel momento, solo chi è cacciatore riesce a decifrare quell’insieme di emozioni che si alternano dopo un abbattimento. Aspettiamo qualche minuto e cominciamo a dirigerci verso il luogo dove presumiamo sia caduto l’animale. La mia ansia era al massimo, avrei voluto correre ma, la volontà di darmi un contegno e, molto di più, la mancanza di energia, hanno frenato il mio impulso. Arrivati cominciamo a cercare e, tra due rocce, lo intravediamo. Lo adagiamo con cura e finalmente posso ammiralo.
È bellissimo, in quel momento l’adrenalina cala e l’emozione prende il sopravvento, mi accorgo di avere gli occhi lucidi. Lo guardo, lo accarezzo mentre Markus prende i ramoscelli di rito, uno lo sistema con cura nella bocca dell’animale e l’altro me lo porge, non prima di averlo intinto nel sangue del primo camoscio della mia vita! A quel punto mi sento autorizzato a tirare fuori dalla tasca la mia inseparabile fiaschetta per brindare di felicità!
Passata l’euforia guardiamo l’ingresso del colpo e mi rendo conto, con soddisfazione, di aver effettuato uno sparo pulito e preciso. Trattiamo sul posto la spoglia dell’animale e lo carichiamo nello zaino cominciando la discesa. Propongo di alternarci nel trasporto a valle e Markus, certo del fatto che se avesse ceduto alla mia richiesta avrebbe poi dovuto portarci tutti in spalla tutti e due, con educata austriaca fermezza mi fa capire che proprio non è il caso.
Arrivati alla macchina, prima di tornare, mi faccio scattare ancora qualche foto, anche se quelle immagini saranno per sempre nella mia memoria.
Siamo arrivati a casa praticamente tutti nello stesso momento e con grande orgoglio ho finalmente potuto mostrare il buon risultato della mia caccia, godendomi i complimenti degli altri cacciatori che invece questa volta non erano stati così fortunati.
Subito dopo pranzo i padroni di casa ci salutano per fare rientro a Vienna, ma non prima di averci proposto un’altra uscita pomeridiana al cervo, questa volta alla cerca, senza fermarci all’altana. Purtroppo non ha avuto lo stesso esito fortunato del mattino.
L’avventura si è ormai conclusa, il giorno dopo, di buon mattino, ci rimettiamo in viaggio verso Roma entrambi entusiasti della bellissima esperienza. Oggi sono qui, a cercare di trasmettervi le mie suggestioni, ben conscio sia un’impresa difficile. Mi conforta che ogni Cacciatore è consapevole di quanto forti e intense possano essere le emozioni provate a caccia e custodisca, nella sua memoria le immagine e i sentimenti di ogni avventura venatoria.
Non finirò mai di ringraziare chi mi ha regalato questa bellissima esperienza, e ancora una volta ho la prova che, la condivisione di una passione, fa nascere con facilità nuove e sincere amicizie!
Weidmannsheíl a tutti!
Scheda prodotto:
- SABATTI SAPHIRE 30.06
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Modello | Saphire Thumbhole |
Utilizzo | Caccia |
Azione | Otturatore girevole |
Scatto | Standard |
Canna | Rigata, intercambiabile |
Calcio | Thumbhole |
Materiale azione | Ergal 55 |
Chiusura e Otturatore | 3 tenoni, acciaio cromato |
Serbatoio | Metallo, rimovibile – Capacità (colpi) 3 cartucce |
Mire | Tacca regolabile, mirino fisso |
Attacchi ottica | Slitta Picatinny integrale all’azione |
Rigatura | Sabatti MRR (Multi Radial Rifling) |
Lunghezza canna | 61-65 cm / 24″-25.6″ |
Materiale canna | Acciaio, rotomartellato a freddo |
Diametro volata | 15 mm / 0.59” – Filettatta con coprifiletto |
Materiale calcio | Polimero |
Peso | 3,3-3,4 kg / 7.3-7.5 lbs |
Lunghezza | 114-118 cm / 45″-46.5″ |
- Cartucce caricate con palle MRR da 152 gr.
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- Konus ABSOLUTE 5x-40×6 ZOOM
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INGRANDIMENTO PER DIAM. OBIETTIVO | 5-40 × 56 ZOOM |
RETICOLO | MODIFIED MIL DOT |
CAMPO VISIVO A 100 M. | 7.3 A 5X – 0.9 A 40X |
LUNGHEZZA | 401.5 MM. |
EYE RELIEF MM. | 91 MM. A 5X – 92 MM. A 40X |
PUPILLA D’USCITA MM | 8 A 5X – 1.4 A 40X |
VALORE SCATTO A 100 M. | 1/10 MIL |
GAMMA DI REGOLAZIONE A 100 M. | 20 M.O.A. |
DISTANZA DI MONTAGGIO MM. | 182.8 MM |
- Abbigliamento Konus Text – https://www.konustex.com/
I pantaloni studiati dai cacciatori per i cacciatori
I pantaloni da caccia sono prodotti in 7 versioni, con diverse caratteristiche, ognuna concepita per “soddisfare” le diverse necessità delle varie tipologie di caccia.
Abbiamo scelto il modello GAMEXEL, un pantalone molto sottile, leggero e impermeabile, realizzato con una particolare cura dei dettagli, che si apprezzano specialmente nelle rifiniture, come le cuciture termonastrate che impediscono il passaggio dell’acqua e del freddo e un comodo elastico in vita che permette un facile adattamento alla singola taglia. Internamente il capo è foderato in rete, e il fondo gamba è completato da una striscia di flap in velcro.
Tre tasche, una posteriore e due anteriori a taglio, tutte dotate di zip a scomparsa.