All’inseguimento del Bufalo africano, il più grande dei bovini africani
Il Botswana è un paese africano situato al centro del Continente. Ex protettorato britannico, il Botswana confina ad ovest con la Namibia,, al sud con la Repubblica del Sud Africa, ad est con lo Zimbabwe ed a nord con l’Angola e lo Zambia.
Il territorio del Botswana comprende nella sua parte ovest il deserto del Kalahari, mentre nella parte nord è attraversato dal fiume Okavango, il quale attira molti animali in cerca di acqua. Le antilopi, gli gnu ed il bufalo africano sono solo una piccola parte dell specie animali che si possono trovare sulle rive dell’ Okavango.
Leggendo i racconti di Peter Hathaway Capstick, uno dei più grandi cacciatori professionisti al mondo, il quale ha descritto le battute di caccia nel Botswana come le più belle ed avvincente, ho deciso insieme al mio amico Carlos di compiere un viaggio in questo splendido paese.
Giunti a Capetown, vicono a Johannesburg, successivamente ci dirigemmo verso un piccolo aeroporto dal quale saremmo partiti alla volta del Botswana. L’aereo che ci trasporto era un Cessna 210 Centurion, pilotato da un tipo che non ispirava molta destrezza e sicurezza.
Giungemmo nella città di Maun, a nord del Botswana in prossimità del fiume Okavango, dove incontrammo la nostra guida Simon, il quale ci avrebbe accompagnato durante la battuta di caccia. Al campo base Simon ci consigliò di provare i nostri fucili, un Mannliecher Schoenauer 8X68S, un Mauser 2000 ed un 300 Winchester, prima di partire alla volta del zona di caccia in prossimità del fiume.
Provate le nostre armi, la mattina seguente salimmo in macchina, una Land Rover, alla cui guida c’era Simon che ci spiegava il paesaggio, gli animali che incrociavamo lungo la strada e le accortezze che avremmo dovuto tenere a mente durante la battuta di caccia.
Infinite mandrie di impala ed antilopi scorrevano nei nostri finestrini, offrendoci uno spettacolare e suggestivo quadro di un territorio dove gli animali erano i veri padroni. Spettacoli unici al mondo che possono essere ammirati solo nel continente africano.
Il nostro obiettivo della battuta di caccia era, però, il Bufalo africano, un bovino di grossa taglia, che arriva a pesare 900 Kg e raggiunge un’altezza alla spalla di 1,50 mt. Le corna si estendono lateralmente per terminare a forma di gancio, suscitando una sensazione di potenza e fierezza. Il Bufalo africano è dotato un ottimo olfatto e di un eccezionale udito, che consentono all’animale di percepire anche i piccoli cambiamenti nell’ambiente a lui circostante. Simon ci spiegava che molti cacciatori sono stati “caricati” dal Bufalo , perché si erano avvicinati troppo facendosi scoprire dall’animale, il quale, per difesa, sferra il suo attacco a testa bassa contro la possibile minaccia.
Avevamo viaggiato per molte ore, facendo brevi pause e saltando il pranzo, ma nel pomeriggio Simon cacciò un impala per preparare la nostra cena. Il sapore si avvicina di molto a quello del cervo e dopo esserci rifocillati ci coricammo presto, per affrontare l’ultima parte del nostro viaggio.
Ci svegliammo all’alba per sfruttare il fresco, poiché la temperatura raggiunge i 40 gradi durante la giornata.
Giungemmo al fiume Okavango, poco distanti dal Lago Ngami, un punto dove Simon ci aveva assicurato che sarebbe stato possibile cacciare i Bufali, perché si recavano li per abbeverarsi. Ci appostammo su una collina per scrutare il territorio e vedemmo molte specie di animali, ma di bufali ancora non si vedeva traccia. Per non aspettarli al fiume, decidemmo di andarli a cercare nelle radure, poiché era molto probabile che stessero mangiando.
Scorgemmo una mandria in lontananza in una radura e scendemmo dalla macchina per proseguire a piedi l’avvicinamento ai bufali. Mentre camminavamo giù per la collina a passo svelto, tenevamo d’occhio la mandria e vedevamo che si stava dividendo in due gruppi. Era molto probabile che una parte si allontanava in cerca di erba fresca. Dovevamo decidere quale gruppo seguire, ma al tempo stesso dovevamo prestare molta attenzione mentre camminavamo nella savana. Simon ci precedeva, ogni tanto ci indicava di fermarci e abbassarci, cercava tracce ed escrementi dei bufali. Era diventato impossibile continuare a tenere d’occhio la mandria poiché gli alberi e l’erba ci impedivano di scorgere la radura. Simon ci precedeva, ordinava di fermarci ed abbassarci, studiava il terreno e gli escrementi per capire quanto fossimo distanti dai bufali.
Sul finire della collina, nascosti dall’erba, si trovavano una decina di bufali intenti a cibarsi dell’erba. Il maschio, probabilmente il capo branco, alzava continuamente la testa e si guardava intorno per osservare l’ambiente circostante. Ci buttammo a terra distanziandoci di circa tre metri l’uno dall’altro, prestando sempre attenzione a non fare rumore. Scegliemmo una posizione non sotto vento per evitare che gli animali ci fiutassero. Simon mi diede l’ordine, gesticolando, di imbracciare il fucile e mirare all’esemplare più grosso, il capo branco. Mirai sotto la spalla, in prossimità della zampa sinistra anteriore per colpire al cuore: un solo colpo, doveva essere necessario un solo colpo, per essere alla pari con l’animale ed impedire che, ferito, caricasse nella nostra direzione. Mirai trattenendo il respiro per pochi secondi, che parvero un’eternità. Tirai il grilletto e partì il colpo che entrò nella carne. L’animale sbuffò ed emise un verso di dolore. Avevo centrato il cuore, al primo colpo. Il resto della mandria scappò al rumore dello sparo e potemmo così avvicinarci alla preda in tutta sicurezza. Il mio primo viaggio in Africa, nel Botswana, mi aveva regalato forti emozioni, come non le avevo mia provate prima.
Solo dopo questa battuta di caccia comprendo le parole di Peter Hathaway Capstick, il quale affermò che le battute di caccia nei pressi del fiume Okavango sono le più suggestive e le più appassionanti.
Racconto di E. J.