Caccia Africana: Il Kudù Maggiore, tra i più ricercati trofei del continente africano.
La Greater Kudu o Kudù Maggiore è forse la più emblematica delle antilopi dalle corna a spirale. E’ stata immortalata da Hemingway in “Le verdi colline d’Africa” con l’appellativo nome di “fantasma grigio”.
Era ottobre, quasi alla fine della stagione secca. Il Kudù Maggiore è un animale dalle abitudini quasi notturne, mentre durante il giorno va in cerca di riparo dal sole e dal caldo soffocante, all’ombra di aree boschive in particolare lungo le rive dei fiumi. Si sposta durante le prime ore al giorno e sera, per cui la caccia è sempre più difficile e richiede grande attenzione: camminata lenta è essenziale.
Siamo partiti una mattina presto con il vecchio Land Rover insieme ad Erwin Jeske, la mia guida, viaggiando sulle colline nel territorio ovest della Namibia. Durante il viaggio, ci siamo imbattuti in grandi branchi di Springbok, una gazzella dall’agilità sorprendente, alcuni facoceri e tanti Orici.
Arrivammo in prossimità di un letto di un fiume in secca e decidemmo di scendere dal veicolo ed incamminarci sul fianco della montagna con il vento in faccia. Il sole era sorto ed una tinta giallastra copriva il paesaggio secco. Improvvisamente abbiamo sentito un rumore provenire dal basso della fiancata ed Erwin indicava di guardare giù, ma il tempo di girarci e l’unica cosa che eravamo riusciti a vedere era stata un coda bianca che scompariva nella boscaglia.
Da lì si è proceduto con più cautela. Un’ora più tardi, dopo aver costeggiato la fiancata, scendemmo in basso in prossimità della boscaglia e, proprio in quel momento Erwin si fermò, puntò il dito verso gli alberi e sussurrò: “è un maschio”. Io non riuscivo a vedere nulla, poiché la boscaglia era troppo fitta ed il gioco di luci ed ombre confondeva la vista.
Mi sforzai di scorgere qualcosa, ma a quel punto Erwin si avvicinò a me e orientò con le sue mani la mia testa per indicarmi il punto esatto. Era sotto l’ombra di un’acacia, con le corna a spirale ed il mantello con grigio con sottili striature bianco cenere. Mi ricordai di Hemingway e il suo fantasma grigio.
Non ci aveva sentiti e continuava mangiare le foglie di acacia, muovendosi in modo lento, quasi stesse seguendo una coreografia per un balletto. Erwin mi disse che la distanza era eccessiva e che la boscaglia non avrebbe consentito un puntamento pulito. Decise di cambiare posizione, prestando attenzione a non fare troppo rumore.
Erwin aveva in mente di aggirare l’animale per trovare un punto migliore per accovacciarsi e puntare l’animale. Era un’occasione unica, non potevamo lasciarcela sfuggire. I maschi, fatta eccezione nel periodo dell’accoppiamento, il resto dell’anno lo trascorrono in solitudine o in gruppi di tre esemplari al massimo. In questo periodo diventano ancora più diffidenti e controllano continuamente il territorio che li circonda, facendo molte pause tra una bevuta e l’altra o mentre stanno mangiando.
L’esemplare che stavamo braccando era un grosso maschio solitario, un duro. Erwin ci aveva detto che era un esemplare alto 150 cm e dal peso di 250 Kg circa. Non so come poteva fare certe stime, visto che la prima volta che avevamo avvistata l’antilope era praticamente nascosta nella boscaglia. Eppure Erwin era sicuro. D’altronde in tutte le battute di caccia nelle quali mi aveva accompagnato non aveva mai sbagliato.
Tutta quella sicurezza e fiducia nelle proprie capacità di cacciatore, in alcune occasioni mi avevano impressionato al punto che pensavo che ci fosse qualcosa di magico che guidava Erwin. Credo ad Erwin nessuno mai, nella vita, gli abbia detto “Hai sbagliato”.
Eravamo in prossimità di promontorio roccioso e decidemmo di salirci per avere una visuale maggiore e ,soprattutto, evitare che l’0animale ci fiutasse o sentisse. Iniziammo la salita, ma venne interrotta da una famiglia di babbuini, che urlavano inferociti. Ancora una volta cambiammo direzione, ma il sole delle 10 del mattino si faceva sentire. Io no vedevo più il Kudù Maggiore, ma Erwin mi diceva che tra poco lo avremmo avvistato. Finalmente ci fermavamo e ci appostavamo su una sporgenza del promontorio. Era una posizione riparata dal sole e dal vento.
Ci sdraiammo per terra ed Erwin prese subito il binocolo ed osservò in direzione della radura dove si trovava il Kudù. La distanza che ci separava era di circa 130 mt. Il Kudù si trovava sotto un albero spinoso, sembrava addormentato. Decidemmo di scendere di nuovo; il sole era ormai alto ed il caldo stava diventando sempre più difficile da sopportare. Raggiungemmo un punto distante circa ottanta metri dal Kudù.
Erwin aveva ragione, un maschio adulto spettacolare. Mi ordinò di nascondermi tra l’erba alta ed imbracciare il fucile. Mi misi in ginocchio, e puntai l’animale. Il reticolo del cannocchiale inquadrava perfettamente la grossa antilope. Punto al cuore. Un colpo solo. Faccio fuoco.
L’esplosione del 8X68S Mannlicher fu assordante. Sembrava che il tempo iniziasse a scorrere lentamente. Dallo sparo all’impatto credevo fossero passati decine di secondi. Quando vidi l’animale cadere a terra, tornai in me. Attendemmo qualche minuto e poi ci avviciniamo al trofeo che giaceva inerme.
Erwin mi sorrideva. Non mi fece mai un complimento da quando mi portava a caccia con lui. Questa volta mi diede una pacca sulla spalla ed io ero contento più per quel gesto, che per la preda conquistata.
Racconto di D.M.