Caccia: FACE Europa sfida le AA.VV. italiane, necessario approntare un progetto globale che abbracci caccia, agricoltura e ambiente.
La caccia, con agricoltura e ambiente, necessita di un forte progetto europeo che abbia come momento di fondo proprio l’agricoltura e l’ambiente. Se fossimo capaci di lanciare, attraverso le nostre Associazioni venatorie, linee guida operative durante il prossimo semestre italiano del 2014, avremmo colto uno degli obiettivi più rilevanti in questo specifico settore che ha nei comparti agricoli e ambientali due dei suoi pilastri essenziali per la salvaguardia del territorio.
La presidenza italiana giungerà in un momento di transizione, subito dopo il rinnovo del Parlamento europeo (elezioni il 25 maggio 2014) e con una commissione appena nominale, ma dobbiamo prepararci per tempo. Il vice presidente di FACE Europa da Bruxelles, l’italiano Giovanni Bana (socio fondatore dell’organizzazione europea), lancia la sfida alle Associazioni venatorie che sembrano essere alquanto stanche non riuscendo a esprimere idee innovative nel settore caccia, affinché abbandonino una volta per tutte le “campagne acquisti” del tesseramento che è impensabile sia il solo elemento qualificante della loro esistenza operativa.
Dobbiamo renderci partecipi di una volontà di rinnovamento sulla base di un “miglior coordinamento tra le diverse politiche” nei vari settori del sistema europeo. Ambiente e agricoltura, in cui deve essere inserita la caccia con i suoi uomini, con i suoi mezzi, con le sue strutture, devono tendere a migliorare la presenza di un comparto che attualmente, in Italia e in altri Paesi dell’UE, offre ancora elementi qualificanti di interesse economico. Il messaggio è esplicito: la globalizzazione non perdona i più deboli, li cancella.
Una volta in Europa la caccia aveva altri valori: ora sembra che vi sia una spietata selezione naturale, quale propulsore di ogni futura politica tra ambiente e agricoltura e la caccia ne farà le spese. Ecco, quindi, che uomini presidenti, pur guardando all’interno di casa loro, devono pensare con attenzione alle scelte di Bruxelles dove solo meri calcoli stanno alla base dei criteri operativi di quei funzionari che siedono nei grandi palazzi europei, lontani da tempo dai loro Paesi, dalle tradizioni, bensì presi solo da un perverso modo di attuare la globalizzazione.
25 giugno 2013
Fonte: BresciaOggi