29 Agosto 2011 – A pochi giorni dall’inizio della stagione della caccia, l’associazione dei cacciatori esprime tutto il suo malcontento. Libera Caccia fa un esposto alla Provincia per riscontrare se nell’estensione del calendario Venatorio provinciale, a norma di legge ci sono stati abusi e fughe. Oggi la replica dell’amministrazione provinciale.
Secondo Libera Caccia: “Il calendario non ha precedenti e come Libera Caccia, seppur anche noi firmatari di un documento comune insieme alle altre Associazioni Venatorie toscane, non è possibile sottacere e non assumere iniziative di protesta”. “La Libera Caccia, Associazione che ha ancora il coraggio di chiamarsi “venatoria” ha deciso di presentare con la massima celerità possibile un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica di Arezzo, per riscontrare se nell’estensione del Calendario Venatorio provinciale, a norma di legge ci sono stati abusi, fughe in avanti e limitazioni che oltre a non avere niente di scientifico, vanno in contrasto in maniera plateale con i dettati della Regione Toscana”.
Nelle accuse della Libercaccia si leggeva: “Il Calendario venatorio aretino quest’anno è farcito di limitazioni e assurdità talmente plateali che non solo è estremamente penalizzante per i cacciatori locali ma diventa pericoloso come precedente: potrebbe scatenarsi un effetto-domino in seguito al quale ogni Provincia della Toscana in futuro potrebbe avventurarsi in limitazioni di qualsiasi genere provocando un Far West normativo dal quale tutti i cacciatori toscani uscirebbero con le ossa rotte”.
“Dare un giorno solo di preapertura – continua – far partire tordo cesena allodola e beccaccia dal primo ottobre, eliminare dalle specie cacciabili in via definitiva marzaiola e combattente sono vere e proprie castronerie da asino dietro la lavagna. L’estensione dell’uso dei pallini d’acciaio negli appostamenti palustri al di fuori delle ZPS e la chiusura della caccia alla femmina del fagiano dopo l’8 dicembre la dicono lunga su una chiara volontà persecutoria nei confronti della caccia in generale.
E anche se, per merito di un Istituto che risponde al nome di ISPRA e i dati restrittivi che fornisce, completamente difformi da tutto il resto d’Europa, Arezzo prima della classe in Toscana chiude la caccia alla beccaccia il 15 gennaio, la “perla” è rappresentata dalla proibizione all’uso del cane da cerca nel mese di gennaio, vera “creazione artistica” di menti eccelse che albergano nei palazzi della Provincia o rappresentanti associativo-venatori in Consulta che come minimo dovrebbero dimettersi immediatamente”.
E ancora, “una Provincia può intervenire sul Calendario Venatorio Regionale in senso restrittivo, ma deve motivarlo con gravi condizioni ambientali specifiche, altrimenti qualcuno dovrà spiegarci a che cosa serve il Calendario Venatorio Regionale, frutto di concertazioni, incontri, dibattiti a tutti i livelli che durano mesi, se poi una Provincia così, in maniera totalmente estemporanea agisce per conto suo?”
L’amministrazione provinciale dal canto suo ha replicato, puntualizzando innanzitutto sul fatto che quello che sta accadendo nel calendario, diversamente da quanto detto da Libera Caccia, ad Arezzo ha precedenti.
Alcuni esempi: la riduzione dei tempi della femmina del fagiano, richiesta dai cacciatori, approvata ed in vigore già da sei anni; il divieto di usare pallini di piombo nei laghi già in vigore in tutta la provincia di Firenze dal 2009; un giorno di preapertura, per il quale non solo Arezzo ma sei province toscane lo faranno il primo settembre, se la Regione Toscana lo deciderà; per il divieto a marzaiola e combattente la legge prevede limitazioni a specie in difficoltà, ed i dati degli abbattimenti che lo provano sono quelli dei tesserini regionali compilati dai cacciatori; la restrizione al primo ottobre a tordo, cesena e allodola, sul quale le linee guida ISPRA sui calendari venatori sono chiare sulla necessità di spostare l’inizio della caccia al 1 ottobre; la limitazione all’uso dei cani nel mese di gennaio, sulla quale è la legge che stabilisce che le Province possono attuarla a partire dal primo gennaio; la chiusura della beccaccia al 15 gennaio che è già in vigore dal 2009-2010, mentre la regione Puglia e Province della Marche, Emilia Romagna e Piemonte chiudono la caccia alla beccaccia addirittura il 31 dicembre.
Riaffermata quindi la piena fondatezza e legittimità del calendario venatorio, stupisce la campagna lanciata contro la Provincia, con argomenti non fondati, per norme già in vigore in qualche caso da anni ad Arezzo, a Firenze, Grosseto e Siena, a Perugia, Bologna, Parma, Reggio Emilia, o altrove in Italia, senza che mai ne sia stata chiesta spiegazione.
La Provincia incalza: “Si aggiunga che “Liberacaccia” ha partecipato – o meglio partecipava fino ad oggi – alla Consulta della caccia, ed i suoi rappresentanti provinciali mai hanno espresso le contestazioni che avanza oggi la presidenza regionale: a questi signori spetta rispondere e spiegare la coerenza del loro atteggiamento.
“Liberacaccia” regionale, che invoca l’unicità del calendario regionale, si è accorta che dieci province toscane su dieci hanno fissato ognuna date diverse e modalità diverse per la caccia al cinghiale e che solo la Provincia di Arezzo ha fissato il periodo 18 settembre – 31 gennaio, come da legge regionale, mentre tutte le altre province hanno modificato, riducendola, la data del calendario regionale? Non possiamo, inoltre, non sottolineare che da qualche settimana si è abbandonato il confronto civile e corretto, per scegliere la strada della polemica gratuita o scandalistica. Se “Liberacaccia” aveva motivazioni valide, poteva ricorrere al TAR, che è l’organo giurisdizionale competente in materia di atti amministrativi”.
“Denunciare la Provincia alla Procura della Repubblica per immaginari abusi può servire a creare il caso, lo scandalo, e conquistare qualche titolo di giornale, ma non porta nulla in favore di un serio e corretto confronto sulla caccia, né favorisce un corretto rapporto tra istituzioni e rappresentanti di categoria. Qualche settimana fa, sul sito internet di una testata venatoria, sono apparsi insulti contro la Provincia, che hanno costretto a presentare denuncia per calunnia aggravata e diffamazione nei confronti del direttore responsabile della testata e del responsabile delle offese, non potendo consentire che il diritto di critica si spinga al livello della calunnia.
Spiace rilevare che la strada intrapresa da “Liberacaccia” sia la stessa e segua queste orme, perché una cosa è il diritto di critica, altra cosa le offese, gratuite e diffamatorie, che il comunicato contiene. Per questo è stato dato mandato al legale di fiducia di presentare un esposto nei confronti del Presidente regionale di “Liberacaccia” e di chiunque si sia reso partecipe con lui del comunicato na cosa è il diritto di critica, altra cosa le offescia segue queste orme: la calunnia., che hanno portato a presentare denuncialla Procura della Repubblica di Arezzo, che valuterà se tali affermazioni contengono calunnia e diffamazione della Provincia”.
Fonte: La Nazione “Arezzo”