Caccia e Territorio: Parchi, i pro e i contro della nuova legge quadro che modificherà la normativa italiana delle aree protette.
La tempistica dell’esame – La discussione in commissione Ambiente al senato è iniziata lunedì scorso. La commissione di Palazzo Madama lo scorso 6 marzo ha completato l’esame delle proposte di legge per la modifica della normativa quadro, definendo il testo unico, proposto dal presidente Giuseppe Marinello quale testo base per il seguito dell’esame congiunto dei disegni di legge n.119 (D’alì), n.1004 (De Petris) e n.1034 (Caleo), che andrà all’approvazione definitiva.
La modifica della Legge quadro che regola le aree protette italiane, la 394/1991, divide il mondo dei Parchi italiani. Emergono, a seconda degli interlocutori, elementi positivi e altri negativi, a giudizio degli esperti che l’hanno analizzata. Ecco nel dettaglio i punti salienti. Nascono i parchi geologici nazionali, piu’ tutele per le aree marine – Novità della modifica è la nascita della categoria dei Parchi geologici nazionali, categoria non prevista dalla classificazione internazionale dell’Iucn- l’International union for conservation of nature, che riceveranno finanziamenti alla stregua di un Parco nazionale. E, nello stesso articolo, viene prevista una maggior tutela per le aree marine protette, così come più volte richiesto dalle associazioni ambientaliste, prevedendo maggiori garanzie per le risorse.
Il presidente del Parco viene nominato da ministero e Regioni – Un’involuzione della norma, a giudizio di alcuni esperti, riguarda la procedura di nomina del presidente: il testo proposto mantiene inalterata la decisione di nomina da parte del ministero dell’Ambiente, ma “d’intesa con i presidenti delle Regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano nel cui territorio ricade in tutto o in parte il parco”. La carica di presidente di Parco nazionale, però, “è incompatibile con qualsiasi incarico pubblico amministrativo o elettivo”. Pesa, poi, secondo alcuni, la presenza di amministratori locali nel Consiglio direttivo del Parco che fa temere ai più critici che “la gestione dei Parchi finisca in mano ai Comuni”. Manca poi, sempre secondo alcuni esperti, la presenza di un rappresentante del ministero dei Beni culturali che affianchi i rappresentanti dei dicasteri dell’Ambiente e delle Politiche agricole.
Controllo fauna selvatica ma cacciatori ora validati dall’Ispra – Nella modifica alla Legge quadro proposta sono previsti anche “interventi di controllo della fauna selvatica nelle aree protette e nelle aree contigue, quale attività di pubblico interesse”, ma che “non costituiscono in nessun caso esercizio di attività venatoria”. Gli interventi di controllo faunistico, “sia di cattura che di abbattimento, devono avvenire, per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’organismo di gestione del Parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate, previa abilitazione rilasciata a seguito di corsi di formazione organizzati dallo stesso Ente e validati dall’Ispra”. Attualmente, secondo quanto riferiscono gli esperti, la legge 394 permette il controllo faunistico da parte dei cacciatori e senza nessun intervento da parte di un organo scientifico. Da un diverso punto di vista, però, il controllo faunistico non fa distinzione tra specie protette e non, nell’art. 10 si legge infatti “per tutte le specie”.
Un contributo per sbarchi su isole minori ma a favore del comune – La modifica alla legge 394 prevede anche un “contributo” per lo sbarco dei passeggeri nelle isole minori ricomprese nelle aree protette. Il contributo è “destinato a finanziare interventi per la tutela ambientale, nonché per il controllo della sicurezza territoriale, per il potenziamento del servizi igienico-sanitari e per il miglioramento dell’accoglienza e della promozione turistiche”.
Federparchi sarà per legge rappresentante enti gestori del Parco – Desta attenzione, secondo gli esperti, il ruolo di Federparchi, che secondo l’art. 6 del testo di modifica proposto, avrà “la titolarità della rappresentanza istituzionale in via generale degli enti di gestione delle aree protette”. In questo modo alla Federparchi, che attualmente ha associate 250 aree protette su un totale delle quasi 800 italiane, viene dato di fatto il monopolio come associazione di gestione di aree protette.
Nello stesso articolo, ai Parchi viene dato l’onere di “mantenimento e recupero delle caratteristiche ambientali dei luoghi interessati, ivi compresi il patrimonio edilizio esistente”. Si parla indifferentemente di qualsiasi patrimonio edilizio, sottolineano gli esperti, ma anche per “le attività agro-silvo-pastorali sostenibili e l’agricoltura biologica quali elementi delle economie locali da qualificare e valorizzare nonché il turismo ecosostenibile come attività non solo stagionale”. Stessa tutela del Parco applicata anche alle aree contigue – Positivo, secondo gli esperti, l’inserimento della tutela rispetto alle aree contigue al Parco. In queste aree “possono essere previste dal regolamento del Parco misure di disciplina della caccia, della pesca, delle attività estrattive e per la tutela dell’ambiente, ove necessarie per assicurare la conservazione dei valori dell’area protetta”.
Royalties ai privati per la costruzione di opere ad impatto ambientale – Preoccupa alcuni esperti, invece, l’inserimento “della concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali, la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzione”. Il timore è che in tal modo si apra un varco che potrebbe snaturare le aree protette nate per la tutela della biodiversità. Nell’art.9 viene poi permessa la costruzione di opere ad impatto ambientale attraverso il meccanismo di pagamento di royalties agli Enti parco.
“I titolari di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, di potenza nominale superiore a 1 MegaWatt e aventi un impatto ambientale, presenti nel territorio dell’area protetta- recita il testo- sono tenuti a versare annualmente all’ente di gestione dell’area protetta, in unica soluzione e a titolo di contributo alle spese per il recupero ambientale e della naturalità, una somma il cui ammontare è definito da apposita convenzione stipulata con l’ente di gestione. Il presente comma si applica agli impianti che entrano in esercizio successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.
18 marzo 2014
Fonte: Agenzia Dire – dire.it