Caccia e Cacciatori: Sicilia, il Sindacato Nazionale Cacciatori dove finiscono le tasse pagate dai cacciatori isolani.
L’articolo riguarda il gettito annuo che i cacciatori versano all’erario regionale: gettito che viene utilizzato non già a fini gestionali, come legge vuole, bensì a coprire le spese generali della regione. Il problema riguarda, purtroppo, anche altre regioni. Secondo l’art. 23, comma 1, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 “Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e dalle leggi regionali in materia, sono autorizzate ad istituire una tassa di concessione regionale, ai sensi dell’articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e s.m.i., per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio venatorio di cui all’articolo 22. L’art. 23 sopra riportato costituisce il principio sul quale è stato incardinato dal Legislatore siciliano l’art. 30, comma 1, L.R. n. 33 dell’ 1 settembre 1997, secondo il quale “per il conseguimento delle finalità della presente legge, è istituita la tassa di concessione regionale, per il rilascio dell’abilitazione all’esercizio venatorio, il cui importo è fissato nella misura annua del 50 per cento della tassa di concessione governativa nazionale per l’ambito territoriale di caccia di residenza. …….”.
È utile rappresentare che seppure la Sicilia gode di uno Statuto speciale, tuttavia l’ordinamento tributario siciliano è indissolubilmente vincolato all’ordinamento tributario statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. e della Costituzione. E in tema di tributi non potrebbe essere diversamente, sia perché altrimenti verrebbe svuotato l’art. 5 della stessa Costituzione che vuole la Repubblica “una e indivisibile“, sia perché altrimenti verrebbe leso il principio di uguaglianza ex art. 3 della Carta.
In buona sostanza, la Sicilia, come le altre Regioni, gode di autonomia in tema tributario esclusivamente all’interno dei limiti dettati dalla Legge dello Stato, nel caso in specie dall’art. 23, comma 2, L. n. 157/1992 a mente del quale “La tassa di cui al comma 1 è soggetta al rinnovo annuale e può essere fissata in misura non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento della tassa erariale”.
Risulta, quindi, palese che l’attuale distrazione delle tasse pagate dai cacciatori verso capitoli che finanziano la spesa generale dell’Ente si pone in contrasto sia col principio di cui all’art. 23, comma 1, della L. n. 157/1992 che legittima l’imposizione ad ogni cacciatore di una tassa regionale esclusivamente per finanziare le finalità previste dalla Legge di riforma della caccia, sia con l’art. 30, L.R. n. 33/1997.
Secondo la Ragioneria Generale della Regione l’art. 30, L.R. n. 33/1997 che destina le tasse pagate dai cacciatori al finanziamento della gestione faunistica sarebbe dovuto essere applicato sino al 1999, stante che successivamente troverebbe applicazione l’art. 51, comma 2, L.R. n. 33/1997 secondo cui “Gli oneri (per la gestione faunistica) per gli esercizi successivi al 1999 saranno determinati a norma dell’articolo 4, comma 2, della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47“: articolo, questo, che non prevede alcun vincolo di destinazione delle tasse. L’assunto della Ragioneria è palesemente errato sol che si pensi che una tale ricostruzione non spiegherebbe le ragioni per le quali il Legislatore siciliano solo in un primo momento, precisamente dalla data di promulgazione della L.R. n. 33/1997 sino al 1999, avrebbe dato un vincolo di destinazione alle tasse che qui ci occupano, per sganciarle da ogni vincolo (violando, secondo il meccanismo della norma interposta, l’art. 117, comma 2, lett. e della Costituzione) negli anni a seguire.
Occorre poi rilevare che il patrimonio faunistico regionale costituisce un bene ambientale “costituzionalmente protetto” la cui conservazione prescinde dall’assecondare l’attività venatoria. La gestione faunistica di tale patrimonio costituisce la finalità della Legge quadro, la L. n. 157/1992, la quale affida alle Regioni la concreta attuazione della gestione medesima. Significa, dunque, che a prescindere dalle tasse pagate annualmente dai cacciatori, la Regione deve, comunque, assicurare la corretta gestione faunistica del proprio territorio. Significa, in altri termini, che la gestione faunistica del territorio siciliano è finanziata in parte con i proventi derivanti dai cacciatori ai sensi dell’art. 30, L.R. n. 33/1997, in parte attraverso l’intervento proprio della stessa Regione.
Testimonianza di ciò è data dall’art. 51, comma 1, della medesima Legge regionale il quale per gli anni 1998 e 1999 ha finanziato il settore faunistico con ben 7 miliardi e 680 milioni di lire annui: importo, questo, significativamente superiore all’introito derivante per ogni anno dalle tasse pagate dai cacciatori. Si capisce bene adesso che se il bilancio regionale non consente di finanziare il settore faunistico dal lato della spesa generale, tuttavia continuano a trovare applicazione sia l’art. 23 della Legge quadro, sia l’art. 30 della L.R. n. 33/1997 da intendere, quest’ultimo, ove occorra, quale norma speciale rispetto ad altre norme regionali di carattere generale.
È in questa chiava che va letto l’art. 51, comma 2, L.R. n. 33/1997: “Gli oneri per gli esercizi successivi al 1999saranno determinati a norma dell’articolo 4, comma 2, della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47? enon potranno essere inferiori ai tributi versati dai cacciatori. Quanto sopra appare ancora più chiaro sol che ci si chieda quale sia stata la ragione in forza della quale il Legislatore della Legge quadro abbia imposto un vincolo di destinazione alle tasse versate dai cacciatori. La ragione è semplice: evitare che le Regioni, con i loro problemi di bilancio, abbandonino al proprio destino la fauna selvatica e utilizzino i proventi della caccia a finanziare capitoli di spesa ritenuti più importanti. È ciò che sta accadendo in Sicilia: le somme versate dai cacciatori confluiscono nel “calderone” comune e finanziano la spesa generale; solo una minuscola parte è utilizzata per fini gestionali quali le coperture dei danni arrecati agli agricoltori dalla fauna selvatica.
In definitiva, le tasse versate annualmente dai cacciatori devono essere utilizzati esclusivamente per la gestione faunistica del territorio; a queste potranno aggiungersi, nei limiti di bilancio, ulteriori stanziamenti. A nulla vale che la Legge regionale di stabilità del 2009 abbia modificato il regime di finanziamento della spesa. Infatti, restano fermi sia il principio ex art. 23, comma 1, L. n. 157/1992 che continua a legittimare il pagamento della tassa regionale, sia il disposto ex art. 30, comma 1, L.R. n. 33/1997. Si badi bene che il Sindacato non avrebbe interesse a sollevare alcuna questione qualora le somme destinate annualmente alla gestione faunistica provenienti dalla spesa generale fossero almeno pari alle tasse versate dai cacciatori erroneamente distratte a finanziare la spesa generale stessa. Ma non è così.
Sotto il profilo gestionale ciò che risulta essere stato finanziato negli ultimi anni è il capitolo relativo agli indennizzi per i danni cagionati dalla fauna selvatica (cap.143703). Diversamente da come affermato dalla Ragioneria il cap. 142522 che dovrebbe finanziare i compiti istituzionali delle Ripartizioni Faunistico Venatorie in realtà finanzia a stento il pagamento dei gettoni di presenza ai componenti le commissioni di esami per l’abilitazione all’esercizio venatorio.
Restano praticamente privi di copertura le spese per la costituzione e gestione di oasi di protezione e di Zone di Ripopolamento e Cattura; restano privi di copertura l’acquisto di selvaggina per il ripopolamento, l’acquisto di materiali gestionali quali cannocchiali, antenne satellitari, reti, beverini, ecc.; resta privo di finanziamento ogni possibile accordo con i proprietari terrieri tendente a lasciare a perdere parte del raccolto a beneficio dei selvatici, a lasciare incolto parte del terreno per il rifugio degli stessi, a seminare essenze appetite a Conigli, Coturnici, Lepri, ecc., a non utilizzare pesticidi letali alla fauna; restano privi di contributi le associazioni ambientaliste e venatorie che da tempo ormai hanno interrotto ogni attività di vigilanza; soprattutto resta privo di finanziamento l’art. 15, comma 1, L. n.157/1992 a mente del quale “Per l’utilizzazione dei fondi inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, è dovuto ai proprietari o conduttori un contributo da determinarsi a cura della amministrazione regionale in relazione alla estensione, alle condizioni agronomiche, alle misure dirette alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente.”
Tanto devono sapere i cacciatori siciliani.
Il responsabile del settore giuridico
Dott. Giovanni Di Giunta
Sindacato Nazionale Cacciatori
( 9 gennaio 2015 )