Caccia al Capriolo: Quando un colpo non va a buon fine l’etica del cacciatore impone al professionista di seguire le tracce del selvatico per non abbandonarlo sofferente e moribondo fra la natura. Ecco qualche consiglio e qualche mito da sfatare quando il selvatico è un capriolo.
Esistono, in merito ai caprioli, alcune leggende che è fondamentale sfatare, relative in special modo al loro recupero. Tanto per cominciare si racconta generalmente che il capriolo sia un ungulato che avvilisca molto presto immediatamente dopo uno sparo non mortale, che quindi non riesca ad allontanarsi più di tanto dal luogo dello sfortunato scontro e che nella fase del recupero non sia in alcun modo pericoloso per il cane, tant’è che il più delle volte si consiglia di utilizzare cani da traccia giovani e di poca esperienza che grazie a questo genere di avventure si potranno fare le ossa. Niente di più sbagliato e chi conosce con precisione il capriolo e le potenzialità che una situazione di stress può regalare a qualsiasi creatura, non potrà che darci ragione.
Per rendere ancora più inoffensive queste antiche convinzioni, il più delle volte errate, è sufficiente prendere in considerazione la reazione di un animale messo in una condizione di stress altissima, causata appunto da uno sparo non andato a buon fine, che lo ha ferito ma che non lo ha ucciso.
L’animale, qualunque sia la creatura della quale parliamo reagirà seguendo tre fasi: la prima sarà quella dell’allarme, nella quale il pericolo sarà riconosciuto come tale. Il battito cardiaco aumenterà insieme con la pressione sanguigna. Alla fase di allarme segue quella di resistenza, per intenderci quella che nel caso del capriolo è spesso sottovalutata. In questa fase un qualsiasi corpo ferito è in grado di dare risposte eccezionali e inaspettate, garantendo una funzionalità e una forza sorprendenti. La terza e ultima fase è quella dell’esaurimento in concomitanza della quale le capacità adattive del fisico sfiniscono causando un lento e definitivo indebolimento delle energie.
Detto questo, chiunque, anche non conoscendo a pieno la biologia del capriolo, può ben immaginare che non sempre il recupero di questa piccola creatura sia così semplice e indolore per il cane da traccia. Vediamo nello specifico i motivi.
• Energie residue incredibili. Lo abbiamo detto: nello stato di allarme e di resistenza il capriolo mette in gioco energie sorprendenti, che nessuno si aspetterebbe. Queste possono trasformarsi in eccezionali capacità di fuga o resistenza, o in alcune inspiegabili reazioni violente contro il suo inseguitore, che vanno contro la stessa natura del capriolo.
• Leggerezza e velocità. Lo sappiamo bene, il capriolo è l’ungulato più piccolo oggetto, in caso di ferimento, di ricerca con cani da traccia. Per quanto la ricerca sia spesso sottovalutata in termini di difficoltà, è bene ricordare che il capriolo ha dalla sua diversi fattori degni di nota: è leggerissimo, (il suo peso si aggira intorno ai 20 – 25 kg da adulto), è dotato di piccoli zoccoli e si dimostra particolarmente agile. Se teniamo in considerazione che da ferito mette i mostra doti più che sorprendenti, lasciando sul terreno un carico olfattivo irrisorio, si capisce bene la difficoltà del cane che se alle prime armi difficilmente recupererà l’ungulato.
• Fuga a tutti i costi. La paura che ha il capriolo del cane è piuttosto nota. Sarà praticamente impossibile che questo, anche se ferito si fermi per affrontare il proprio inseguitore. La sua prima scelta sarà certamente la fuga. Ecco perché un cane alle prime armi potrebbe essere messo alle strette da questo atteggiamento: un buon inseguitore dovrà invece essere in grado di raggiungerlo e sottoporlo ad uno stretto bloccaggio, cosa non da tutti.
• Quel che non ti aspetti. Anche nel caso in cui il capriolo sia stato bloccato, la situazione potrebbe precipitare. Impossibile sottovalutare il potenziale del palco di cui i maschi sono dotati: si tratta infatti di periocolosi pugnali o di robuste stanghe (a seconda dell’età del capriolo) che potrebbero dimostrarsi particolarmente pericolose se non mortali per il cane da traccia che lo fronteggia.
• Tutta questione di ferite. Il capriolo dunque non è, come delle volte si è detto, un animale che se ferito, si esaurisce subito. Tutto dipende dalle ferite: nel caso in cui siano stati feriti gli arti ad esempio, questo animale è in grado di cimentarsi in fughe degne di Arsenio Lupen rendendo il recupero piuttosto difficile e in alcuni casi pericoloso. Diverso il caso nel quale il capriolo sia stato ferito in quelli che sono comunemente detti tessuti molli: i reni, il fegato, l’intestino, ma anche il rumine. In quel caso sì, le sue potenzialità saranno piuttosto ridotte e le possibilità di fuga pressoché irrisorie. Prima di inviare alla ricerca del capriolo un cane sarebbe dunque piuttosto importante saper stimare dove il capriolo è stato ferito e con quale gravità. Purtroppo questo non sempre è possibile.
Il consiglio è dunque quello di non sottovalutare mai le potenzialità di questa creatura comunemente docile ma che se messa alle strette potrebbe causare non pochi problemi al cane da caccia. Parola d’ordine professionalità.