Con la caccia di selezione si riescono a gestire le specie cacciate in relazione al loro numero, attraverso l’utilizzo di un modello tecnico-scientifico che aiuta la conservazione della fauna sul territorio.
La figura del selecontrollore è il “super-esperto” nel prelievo mirato della selvaggina, il quale mette in pratica la caccia di selezione secondo criteri molto severi. La caccia di selezione viene esercitata in una considerevole porzione di territorio dell’Italia Centro-Settentrionale, e negli ultimi anni ha coinvolto in prima persona un numero crescente di cacciatori.
Questo fenomeno è abbastanza recente ed una buona percentuale di territorio amministrato con tale forma di caccia è il risultato di esperienze maturate in circa quindici anni a partire al 1996. L’aumento dell’adozione della caccia di selezione come fenomeno di controllo della fauna selvatica, rappresenta un vero e proprio cambiamento nella storia recente della caccia italiana, poiché la stagione venatoria rappresenta solo una delle fasi della gestione.
Cos’è la caccia di selezione?
Iniziamo con il dire ciò che non è. Non consiste nella caccia ad animali malati o a scarti, poiché questi rientrano nella categoria degli “abbattimenti sanitari”, al fine di scongiurare epidemie tra la fauna selvatica.
La caccia di selezione è un sistema di caccia di origine mitteleuropea. Essa si basa sul conteggio dei capi degli animali appartenenti alle specie cacciabili (ovvero censimenti) e sul conseguente piano di abbattimento suddiviso per classi di età (piccoli, adulti, subadulti, femmine). Inizialmente viene stimato il numero di animali da abbattere a seconda dello scopo che si vuole raggiungere: ad esempio ci potrebbe essere la necessità di far aumentare una data popolazione, oppure farla diminuire o ancora mantenerla stabile. In relazione all’obiettivo da raggiungere si decidono i capi da abbattere. Chi adotta la caccia di selezione terrà sempre bene in mente che lo scopo fondamentale è quello conservare e mantenere inalterata la struttura della popolazione (cuccioli, subadulti, adulti, femmine, maschi).
Generalmente si considera controproducente non realizzare almeno al 90% un piano di abbattimento, perché si otterrebbero risultati non previsti, come lasciare una struttura di popolazione squilibrata e non a forma piramidale con i cuccioli (molti) alla base e i vecchi (pochi) all’apice.
La caccia di selezione viene adottata, in particolare, per controllare e gestire le popolazioni animali degli ungulati “rossi”: capriolo, daino, cervo, muflone.
La caccia di selezione, in sostanza, è uno studio attento e approfondito sulle popolazioni degli animali selvatici, che lo scopo di conservare e rendere equilibrati il numero dei capi in una data area.
Per quanto riguarda il “selecontrollore” si può affermare che si tratta di quel cacciatore il quale, dopo la partecipazione ad uno specifico corso e superamento dello stesso con relativo esame, coopera con gli Agenti venatori provinciali nelle attività di controllo numerico delle specie cosiddette “invadenti” o squilibrate da l punto di vista demografico. Il termine “selecontrollore” non coincide a livello nazionale tale figura di collaboratore, non essendo citato dalla normativa sia di livello nazionale che regionale sulla caccia: il termine è stato preso in prestito dall’esperienza appenninica nella caccia di selezione agli ungulati ed è ormai entrato a far parte del vocabolario del cacciatore. La sua etimologia si riferisce esplicitamente al concetto della caccia di selezione, nonché a quello del controllo numerico della fauna sancito dall’art. 17 della legge nazionale sulla caccia n. 157/92. Il selecontrollore ha il compito del prelievo mirato di una determinata specie, il quale può operare tramite speciali licenze durante il periodo di caccia vietata nonché in zone protette protetti. Il selecontrollore è sotto la diretta responsabilità degli Agenti venatori provinciali e deve rispettare un rigoroso protocollo che regolamenta le varie fasi della loro attività: si va dalla modalità di attivazione del selecontrollore, fino al trattamento e destinazione dei capi prelevati. Tale figura è nata in Lombardia nel 2002 in seguito all’emendamento dell’art.41 della legge regionale sulla caccia 26/93, il quale ha aggiunto ai soggetti coadiutori nel controllo numerico della fauna invadente già precedentemente indicati, una nuova figura: quella degli “…. operatori espressamente autorizzati dalle province, selezionati attraverso specifici corsi di preparazione alla gestione faunistica”. Ogni selecontrollore, per collaborare con gli Agenti venatori, deve essere iscritto all’Albo provinciale dei selecontrollori, provenire dalle fila dei cacciatori esperti di ungulato e risiedere perlopiù nei territori limitrofi alla zona che si vuole coprire.
C’è da sottolineare che la caccia di selezione viene rivolta particolarmente al mantenimento dell’equilibro delle popolazioni dei cinghiali in Nord Italia.
La caccia di selezione congiunta al selecontrollore, rappresentano un metodo scientifico della conservazione della fauna selvatica, per evitare che una data popolazione di animali cacciabili possa crescere troppo rispetto all’ambiente che li ospita oppure scomparire. Coloro che parlavano di caccia di selezione già molti anni fa, venivano considerati quasi alla stregua degli assassini, quando invece essi avevano già capito l’importanza del mantenimento dell’equilibrio della fauna, considerata la forte (eccessiva) antropizzazione degli ambienti naturali.