Caccia da capanno: Bergamo, ANUU, “tradizione penalizzata dai nuovi limiti contenuti nel nuovo Piano Faunistico Venatorio”.
Il nuovo P.F.V. (Piano Faunistico Venatorio) che dovrebbe entrare in vigore attuerà la grande penalizzazione delle nostre radicate tradizioni venatorie. Una di queste è la caccia da capanno, che rischia di vedere la soppressione immediata di oltre 60 appostamenti fissi e una agonia per altri 30/40 situati sui Colli di Bergamo e nel raggio di 1000 metri dal S.I.C. “Valpredina”, in quanto questi ultimi, con il mancato rinnovo da parte del titolare, che avvenga per motivi di salute, vecchiaia o altro, non si potranno più mantenere, per cui non si potrà nemmeno intestarli ai figli, a parenti o ad altri. Inoltre, le nuove regole che imporranno di sottoporre a V.I.A. (Valutazione di Incidenza Ambientale) il rinnovo e il cambio di titolarità degli appostamenti fissi localizzati entro i Siti della Rete Natura 2000 e in un raggio di 1000 metri dal confine degli stessi, creeranno non pochi problemi e costi per ottenerne le autorizzazioni. Lo stesso varrà per la richiesta di nuove autorizzazioni.
Altra tegola sarà la trasformazione delle “Rotte di Migrazione” in “Oasi di Protezione”, e anche per quelle di nuova istituzione e/o ampliate, che potrà comportare la revoca delle autorizzazioni di quegli appostamenti fissi che ricadono in queste zone, ma anche il divieto di impiantarne di nuovi a distanza inferiore ai 400 metri dai loro confini. Dulcis in fundo, il divieto, nel raggio di 100 metri dagli appostamenti fissi presenti su tutto il territorio provinciale, di porre in atto qualsiasi forma di pasturazione artificiale e impiantare e/o mantenere in essere specie vegetali alloctone, quali ad esempio: fitolacca (Phytolacca spp.), piracanta (Pyracantha spp.), piracanta coccigea, ciliegio tardivo (Prunus serotina), ecc. ecc. Si badi bene: solo entro i citati 100 metri, al di là chiunque potrà continuare a impiantare le suddette specie vegetali alloctone produttrici di bacche! L’importante è che si trovino fuori portata dagli appostamenti: una chiarissima volontà non di limitare la diffusione di specie “sgradite” (in realtà già diffusissime in tutta la Lombardia), bensì di colpire la caccia da capanno.
Probabilmente si è persa la ragione! Si vuol vietare tutto e di più per demotivare questa forma di caccia, senza conoscere (ma son più che convinto che le cose si conoscano ma siano i pregiudizi che prevalgono) cosa stia dietro alla storia di un capanno di caccia. L’ appostamento fisso non è un numero come qualcuno ha detto o scritto. Dietro ci sono innumerevoli storie di persone che, per generazioni, si tramandano la titolarità con non pochi sacrifici fatti di: – fisici; nell’impegno nel mantenere in ordine quel proprio fazzoletto di terra che il cacciatore si sceglie e che cura tutto l’anno come una specie di giardino, il quale diventa sosta per i gitanti, in quanto trovano quell’area pulita e attirante per un pic-nic e/o un momento di relax; – privazioni; si conoscono storie di alcune di queste persone che, per dedicarsi alla cura del proprio capanno, non sono mai andate in vacanza (il mare l’hanno visto solo in cartolina o alla TV) con sacrifici familiari; – economico-finanziari; la maggior parte dei titolari di autorizzazione dell’appostamento fisso, sono anche proprietari dell’area, avendola acquistata con sacrifici economici, facendo mutui, investendo la propria liquidazione e tutto o parte dei loro risparmi pensando poi di goderne i benefici, nel trascorrere alcune ore nella natura, ascoltando i canti dei propri uccelli da richiamo e della propria passione.
Questo P.F.V.P., a quelle persone che loro malgrado sono coinvolte, molto probabilmente rovinerà l’esistenza! E questo sarebbe tener fede allo slogan politico sempre ostentato: vicinanza alla gente, al territorio, alle tradizioni, eccetera. Perché invece non premiare i capanni di caccia presenti in provincia di Bergamo, veri monumenti, cattedrali verdi di secolare passione? Perché non dare lustro ai tanti sacrifici per migliorare l’ambiente con questi manufatti che testimoniano la nostra storia e mettono in risalto il sito rigenerato dalla mano dell’uomo? Tutte queste indicazioni sono state disattese nella stesura del P.F.V.P. e il risultato è che, con la revoca dell’autorizzazione, ci sarà l’abbandono e quei monumenti arborei, creati da generazioni, diverranno delle selve piene di rovi e incuria. Se è questo che si vuole, ossia la cancellazione delle nostre tradizioni e l’abbandono del territorio, lo si poteva dire subito.
Noi comunque faremo tutto quanto ci è possibile per non perdere questo patrimonio e per tutelarlo in ogni sede, provinciale, regionale, nazionale e internazionale che sia. Auspichiamo che, da parte dell’Amministrazione a ogni livello, politici e uffici, il buon senso abbia il sopravvento. Sarebbe sufficiente tornare al P.F.V.P. presentato in V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) nel giugno del 2012 che è ottemperante alla sentenza del TAR di Brescia e che consentirebbe di conservare tutti i capanni e di non perdere troppi ettari di territorio (conteggiati in più nell’attuale, solo a garanzia, qualora non ne vengano considerati alcuni. Ci si fascia la testa prima di averne il male a scapito dei cacciatori) e non ci sarebbero le istituende Oasi di Protezione sulle Rotte di Migrazione che creeranno tutti quei problemi sopra citati.
Carlo Luigi Piffari
Presidente provinciale dell’ANUU Migratoristi
( 2 luglio 2013 )
Fonte: BresciaOggi