Nel corso di una settimana di ferie estive in maremma è giunto inaspettato ma molto gradito l’invito ad un’uscita di contenimento al cinghiale con la modalità dell’aspetto. Al piacere per la compagnia e per l’opportunità di andare a caccia di cinghiali in una stagione che solitamente è occasione solo di malinconici ricordi invernali, si è presto associato un grande entusiasmo per l’esperienza della caccia in notturna.
Gli appostamenti temporanei, infatti, vengono allestiti nel tardo pomeriggio e l’aspetto si protrae fino a notte inoltrata. In Toscana come in quasi ogni posto, alla caccia si associa quasi sempre l’aspetto conviviale, e sono rare le squadre che non organizzano un lauto pranzo (o cena) al temine delle battute. In questo caso, pur non essendo una vera e propria squadra, i selecontrollori coinvolti nell’uscita, in barba all’orario bizzarro del tardo pomeriggio, non si fanno certo mancare una sostanziosa merenda. Per l’occasione siamo stati ospiti della famiglia Suardi, proprietari dell’azienda in cui si è organizzato il contenimento. Nel giardino della splendida fattoria, circondato da casali e campi, gli amici di San Martino sul Fiora hanno allestito in un battibaleno una “interessante merenda” a base di formaggi e bistecche di chianina, con cui ci siamo rifocillati in allegra compagnia prima di completare le formalità della registrazione e la disposizione delle poste. Al fresco delle querce secolari, con un panorama mozzafiato negli occhi, a molti di noi viene quasi voglia di fermarsi lì a contemplare le distese di grano punteggiate da papaveri…ma il “dovere” ci chiama, e ancora con un tozzetto in bocca, e col sole alto nel cielo, ci accingiamo ad allacciare gli scarponi e a preparare le carabine. Non siamo in molti, e la zona da controllare è abbastanza ampia.
I fuoristrada solcano i campi seminando cacciatori a 4-500 metri l’uno dall’altro. Io, a causa delle stampelle che devo usare per camminare dopo un piccolo incidente, mi muovo con difficoltà nell’erba, e gentilmente Maurizio, responsabile della disposizione dei cacciatori, mi assegna un comodo appostamento che raggiungo facilmente appena scesa dalla jeep. Oggi mi accompagna l’amico Fabrizio, col quale ho diviso tante esperienze di caccia al cinghiale in battuta e, per la prima volta questa all’aspetto. Sono contenta di non esser sola, per me è un’esperienza nuova, non saprei certamente come gestire tanti aspetti, tra cui in particolare la scelta della posizione in base al vento e poi, soprattutto, il buio. La caccia di selezione non mi è nuova, anche se fin ora l’ho praticata esclusivamente al capriolo, ma al crepuscolo solitamente si lascia l’appostamento. Qui invece è completamente diverso: è proprio col buio che comincia il bello! “Giugno è veramente un mese formidabile per la caccia”, riflettiamo con Fabrizio, mentre sistemiamo gli sgabelli nell’erba, alta il giusto, a coprirci fino alle spalle “Sono le sette di sera e c’è ancora tanta luce! In una giornata così si possono fare mille cose!”. In effetti, mentre si cenava temevo in cuor mio che stessimo tardando un po’, ma ora che siamo appostati mi rendo conto che c’è ancora tanto tempo prima che gli animali escano in pastura nei campi. Mentre sbinocolo qua e là, seminascosta dall’erba, vedo Fabrizio rientrare da lontano [era andato a recuperare il treppiedi che aveva lasciato nel fuoristrada di Maurizio, ndr] e con le mani fa gesti come a dire “tanta roba!!”. Appena si siede, mi sussurra “Non hai idea! Mentre passavo nel campo che ci separa dalle poste alla nostra sinistra, ho attraversato un trottoio trafficatissimo, e intorno c’è tutta terra smossa…secondo me ci sarà da divertirsi stasera!”. L’entusiasmo di Fabrizio mi rincuora, e son contenta di averlo come compagno di posta, da lui ho molto da imparare: udito formidabile, occhio da falco, grande conoscenza del cinghiale e ottimo “tiratore”, sicuramente l’amico di Porto Ercole può definirsi un professore in materia per un’inesperta come me! Stiamo in silenzio e fermi come mummie. È una situazione molto particolare per me: giacchetti arancio, poste tutt’intorno, fanno pensare a una battuta di caccia al cinghiale, ma l’atmosfera contemplativa e l’orario evocano la caccia di selezione… Un’esperienza decisamente interessante!
Ad aprire le danze è l’amico Franco che a giorno pieno abbatte un verro in mezzo al grano. Col sole ancora caldo e alto un grugnito dai toni bassi serpeggia esattamente davanti a noi. Non abbiamo un reale punto cieco eccetto pochi metri che separano il bordo-macchia dalla pendenza del poggetto su cui siamo appostati. Eppure il suono sembra provenire proprio da lì. Sono attentissima a ogni ulteriore indizio acustico, ma non posso cambiare la mia posizione ora, farei troppo rumore, quindi resto seduta sullo sgabello con la carabina poggiata sul treppiedi sperando che non si riveli troppo alta. Sia io che Fabrizio, rivolgiamo la nostra attenzione alla nostra destra, certi che l’ultimo grugnito sia giunto da lì. “Gira solo gli occhi a sinistra, Pina, stai immobile, c’è un cinghiale che ci sta fissando” sussurra Fabrizio. Mi percorre un brivido, mi giro lentissimamente e vedo l’animale nerissimo stagliato in mezzo alle margherite, col grifo alto a sondare l’aria. Da un momento all’altro una folata di vento rivelerà la nostra presenza. Il cinghiale comincia a camminare a muso basso, mi da il tempo di girare la testa, il corpo, il treppiedi e infine lo sgabello. Si ferma per qualche istante. “Sono 130 metri. Spara appena te la senti” mi incita Fabrizio.
Il reticolo è fermo, il cinghiale abbastanza (“certo che i cinghiali non sono come i caprioli” penso mentre il mio bersaglio non è mai perfettamente una statua di marmo), miro poco dietro la spalla anteriore e “BAM!”. La deflagrazione del colpo mi sorprende e fa fischiare le orecchie. Fabrizio ha visto l’animale piegarsi sulle zampe posteriori mentre la palla in uscita ha sollevato una striscia di terra. Osserviamo l’animale fuggire con una disperata corsa sostenuta solo dall’avantreno verso il fitto di un roveto che è davanti a lui e alla nostra sinistra. L’abbondante sangue sull’anchuss e lo strattonare del cinghiale agonizzante nei rovi ci danno la certezza che lo ritroveremo lì. La luce inizia a obliquarsi sul nostro campo, i milioni di margherite gialle che punteggiano la collina sembrano diventare fosforescenti, il cielo terso dalla tramontana assume toni sempre più incandescenti, l’occhio si abitua alla luce sempre più arrendevole…“Un branco!” sussurra attonito Fabrizio col binocolo schiacciato sugli occhi. “Ne conto otto! Due scrofe e il resto porcastri” confermo io, cercando di far bella figura col mio “prof”, “Sono lontanissimi, il binotelemetro segna 290 metri!…
Io da qui non gli tiro” chiarisco, emozionata e felicissima per tanta opulenza. “Aspettiamo che si avvicinino, ora siamo a vento buono, non dovrebbero avventarci e, speriamo, nemmeno vederci, se arrivano a una distanza fattibile puoi sparare”. Il branco si muove compatto, talvolta qualche porcastro tenta un guizzo di autonomia e si allontana, una scrofa grugnisce e lo richiama all’ordine.
Il vento da nord ci porta qualche suono gutturale, sempre più distinto man mano che i cinghiali si avvicinano..
Da terra con uno zaino sull’altro sono abbastanza stabile, ma la distanza è ancora troppa. Aspetterò. Ma ad un certo punto un’unica mente sembra guidare il branchetto verso la macchia che fa da cornice (in questo caso, ahimè, da sipario) al nostro campo. Si muovono e sono lontani “No, no…io non tiro, e poi ho già tirato poco prima. Fallo tu!” passo la carabina a Fabrizio che senza troppi complimenti la poggia sul treppiedi aperto difronte a lui, mette l’occhio nell’ottica, gira di pochissimo la manopola degli ingrandimenti ed esplode un colpo che mi fa sobbalzare, benché lo aspettassi. Dal binocolo vedo un cinghiale rotolare nell’erba, quello a lui più vicino prendere una rincorsa fulminea e gli altri animali formare un trenino nero che va a ripararsi nel fitto della macchia. “Bravo Fabrizio! …grazie! Io non me la sentivo!” “E’ normalissimo, stai tranquilla – mi rassicura – con così poca luce, gli animali mai perfettamente immobili, ci vuole un po’ d’esperienza!”.
Il manto nero della notte avanza e soffoca ogni bagliore dietro le montagne in lontananza. Piccoli LED luminosi s’infittiscono e prendono vigore fino a illuminare una notte senza luna. “Non pensavo che le stelle facessero tanta luce” osservo tra me e me e ancora una volta ringrazio la mia buona stella per avermi fatto vivere un’altra bella avventura di caccia.
Testo e foto di Pina Apicella