In estate inoltrata i campi dorati della maremma sono costantemente predati dai cinghiali. Sempre più spesso mi capita di ricevere inviti alle operazioni di contenimento per la specie cinghiale. Si tratta di una forma di caccia molto particolare, da appostamento, vespertina o addirittura notturna. Quando mi capita l’occasione prendo parte volentieri a questi interventi. Questa sera sono in compagnia del mio amico Fabrizio. Veniamo accompagnati sul posto dalla guardia venatoria responsabile dell’intervento.
Giunti sul posto ci viene spiegato che dobbiamo coprire una zona in cui la biada è tutt’ora in fase di trebbiatura. Da qui si vedono un campo di favino alle nostre spalle e uno di grano alla nostra sinistra, che sono stati oggetto di un inopportuno interesse da parte dei cinghiali nelle notti scorse. Le postazioni per controllare questo campo sono due, una più sulla destra che domina un insoglio e un pezzo coltivato a favino, e uno più sulla sinistra, coltivato a grano.
Cerchiamo con un colpo d’occhio di soppesare l’esposizione e il possibile vantaggio di uno dei due appostamenti, ma nessuno dei due riesce a spezzare la catena di disponibilità con cui ci rimpalliamo la precedenza di scegliere. Alla fine, Francesco [la guardia venatoria, ndr] decide che è necessario tirare una moneta e stabilire così casualmente la nostra posizione. Lanciamo la moneta e, come presagivo, vado a assegnarmi la postazione sulla sinistra, con una fetta di grano nella visuale. Approfitto degli ultimi raggi di sole per studiare i punti di riferimento e telemetrare le distanze. Chi mi conosce sa quanto preferisca di gran lunga cacciare di giorno e con la luce per godermi la caccia e gli animali ma, stasera c’è una luminosissima luna piena, il campo appena trebbiato è uno sfondo perfetto per le setole nere e, non da ultimo, la voglia di testare una nuova ottica da puntamento digitale insieme configurano un mix entusiasmante di opportunità e aspettative.
La luce residua del sole si mescola al bagliore della luna lasciando una visibilità discreta con lo scorrere delle ore. Grazie alle luminose lenti del binocolo scorgo nel campo un capriolo e due lepri, altrimenti invisibili, e mi godo la loro compagnia, utilizzando le loro sagome per studiare le varie funzioni dell’ottica da puntamento. Una macchia interrompe il mio sguardo. Scorre da destra a sinistra il bordo del bosco. Osservo l’animale e telemetro la distanza. Si tratta di un cinghiale, di grosse dimensioni e solo, a una distanza di circa 200 metri.
“Testa o croce?” mi ripeto in mente, pensando che come per la scelta delle postazioni ancora una volta tutto si gioca su quale direzione prenderà in cinghiale: il favino sulla destra dove c’è Fabrizio o il campo di grano a sinistra di fronte a me? Cerco di seguire l’animale col binocolo e poi con l’ottica digitale, ma non è facile adattare gli occhi a questi diversi tipi di “visione” e faccio non poca fatica a ingaggiarlo a ogni cambio. Gli ingrandimenti più spinti mi fanno perdere la nitidezza e torno su 11 ingrandimenti che mi danno una visione accettabile. Aspetto che si stacchi dal bordo bosco assecondando il suo lento incedere ma, quando sto solo aspettando che si fermi un istante le vedo tornare sui suoi passi e ripiombare nel buio della macchia. Il rimpianto per un tiro mancato è inevitabile, sento di aver perso una bella occasione nell’attesa di poter fare un tiro più pulito.
Due minuti ad arrovellarmi sembrano ore, ma mentre sto per rassegnarmi all’idea ecco che il cinghiale rispunta sul campo, questa volta una decina di metri più avanti. In realtà questa volta è ben più vicino, telemetro la posizione a 156 metri. Riporto gli ingrandimenti su 11 come buon compromesso tra l’ingrandimento e la nitidezza, armo la carabina, posiziono la croce sull’animale che…ovviamente si posiziona di punta. Attendo con calma che si metta a cartolina. Nel mentre il telefono vibra nella tasca ma non ho nessuna intenzione di prenderlo per leggere il messaggio. So che sarà Fabrizio che mi scrive chiedendomi perché ancora non sparo…La mia risposta gli giunge attraverso il boato con cui la palla del 7×64 lascia la carabina per andare ad inchiodare sul posto il cinghiale.