Appena sciolti i cani si precipitano in una forsennata canizza, che si avvicina sempre più alimentando le mie speranze. Dopo quasi cinque minuti d’inseguimento vedo un musetto bianco spuntare dagli arbusti davanti a me, e un piccolo di capriolo barcollante per la corsa guardarsi intorno spaurito. Non mi muovo e il vento soffia a ovest verso valle, così il capriolo, ignaro della mia presenza, si ferma a prender fiato mentre si guarda intorno esausto. Con pochi balzi scompare nella macchia alle mie spalle, mi preparo con un ramo a parare i cani per non farli uscire dalla battuta, ma quei furbastri hanno già mollato il capriolo e sono di nuovo sulle tracce del cinghiale.
Pochi minuti dopo un ostinato abbaio a fermo segnala la presenza di uno o più animali. Mentre i canai avvisano per radio che stanno faticosamente arrivando sui cani, ecco che parte la canizza. Stavolta siamo certi non si tratti di un capriolo. Spengo la radio per godermi l’adrenalinico passaggio dei cani, che a ondate si avvicinano alle poste, per poi allontanarsi. Sembra proprio che gli animali non vogliano sfondare. “Attenti alle poste dell’Acquedottoooo!” urla Gabriele per radio. “La posta di Vincenzo è lì!” penso, e mi preparo a sentire il tuono della sua Argo, ma resto delusa.
La canizza nel frattempo è risalita nuovamente verso di me. “State pronti alla Posta Reale!” gracchia la radiolina appena riaccesa. Al sentire questa frase un brivido mi percorre la schiena, le mani si fanno di burro e il respiro corto. “Calma” mi dico, “non ti agitare sennò questa stagione la inauguriamo con una bella padella!”. Sono pronta con la carabina imbracciata quando sento due colpi ravvicinati provenire dalla mia sinistra, due poste più in là. “Preso!” (l’accento emiliano di Carlo è riconoscibile anche da una parola di sole due sillabe!). Buon per lui, ma i cani sono sempre in canizza, di sicuro ce ne sono altri. “I cani son sfiniti..”, comunica Gabriele per radio, sembra sfinito anche lui. Ma i Butteri non si arrendono: è appena mezzogiorno, in battuta ci sono altri animali. Dalla tracciatura di Cresimino si è stimato un branchetto non piccolo, per cui val la pena insistere. I canai tornano ai carrelli con i loro ausiliari stanchi (ma fortunatamente illesi). Ingaggiano una nuova muta per continuare la braccata. “Che grinta!” penso, sperando che questa possa essere l’occasione buona anche per me. Dall’alto dove sono io, s’intravede un pezzo di un lago, più lungo che largo, che chiude in basso la battuta. È da laggiù che ora provengono le voci della nuova canizza che si è accesa appena sciolti i cani freschi. “Attento al lagoooo! Stincoooo!”. Pietro (alias Stinco, ndr) si precipita in una folle corsa sul lato lungo del lago, affiancando il cinghiale che, inseguito dai cani fino alla sponda, sta attraversando a nuoto lo specchio d’acqua. Stinco di corsa, spinto dall’adrenalina, è più veloce del cinghiale a nuoto, e riesce a trovarsi sulla sponda opposta quando l’animale arriva. Prima che il cinghiale possa mettere una zampa sulla terra ferma, Stinco, con la sua 9,3×62, esplode un colpo precisissimo alla testa dell’animale, che scompare nelle acque prima di riemergere privo di vita. “…E ora sarà dura ripescarlo!” la voce di Stinco per radio è ancora affannata, ma tradisce l’emozione e la soddisfazione per l’azione di caccia ben riuscita!
Una buona parte della muta dei cani continua a generare canizze forsennate, che spesso e volentieri lambiscono la linea delle poste risvegliandoci dal torpore che il sole caldo di Novembre infonde su di noi. Ogni volta sembra che gli animali stiano per sfondare, e ogni volta la chiassosa canizza si rivolge verso valle. Evidentemente i porcastri, orfani della loro guida, si sono dispersi all’interno della battuta, sfiancando i cani in corse affannose e infinite, e questo minuetto rischia di perdurare all’infinito.
Il recupero degli ausiliari non è certo immediato, e richiede un po’ di tempo. Nel frattempo scarichiamo i fucili e ci raduniamo intorno alle prede per complimentarci con i compagni. Mentre raccolgo le mie cose mi guardo intorno e scopro che, col sole alto nel cielo, il Valdarno ha vinto la sua timidezza, mostrandosi ora in tutte le sue sfumature e forme.
Grazie all’ospitalità di una squadra meravigliosa, all’ottimo lavoro di canai e ausiliari, alle adrenaliniche canizze e al panorama mozzafiato, questa Posta Reale è stata un bel regalo per inaugurare una stagione ricca di promesse ed emozioni.