Caccia al cinghiale in Maremma: Viva Maria! L’urlo liberatorio “Viva Maria” saluta la gloriosa fine di una vera e propria “battaglia” tra il cinghiale, i cani, i canai, e i postaioli. Ma badate bene, non sempre è la squadra dei cacciatori che ha la meglio, la bestia nera si muove nel suo ambiente: la macchia mediterranea. In quei luoghi è il signore incontrastato e conosce tutte le astuzie e tutti i modi per non finire in padella. Quindi per un “viva Maria” tante, troppe volte, è la tipica imprecazione che echeggia per quei boschi.
Di Federico Cusimano
E’ il suono della corna a rompere gli indugi…
Il suono della corna segna tutte le fasi della cacciarella, in molti paesini maremmani dove la tradizione della caccia al cinghiale è ancora viva e gode di ottima salute, a dispetto di telefoni, telefonini, e-mail e qualsiasi altra diavoleria tecnologica è la corna che annuncia la sera precedente la battuta del girono successivo.
Per vicoli e strade fino alla piazza del paese il suono del corno di caccia avverte tutti i modo inequivocabile che la mattina successiva c’è cacciarella. Tutti lo sanno, tutti sono stati avvertiti e chi manca l’appuntamento non ha scuse! La mattina dopo iniziano di buon ora le febbrili operazioni che servono da preludio alla caccia vera e propria: caffè, biscotti fatti in casa, ricotta rigorosamente di pecora, pane casareccio tagliato a fette e così via.
Dopo la colazione viene stabilita la strategia della cacciata. Il capo caccia si consulta per l’ultima volta con i tracciatori, che già dalle prime luci dell’alba hanno perlustrato le zone di caccia, con i canai e infine decide l’ordine della sciolta delle bracche. Da le ultime disposizioni a tutti; talvolta una o due bracche vengono messe di rincalzo e quindi non verranno sciolte subito ma soltanto ad un certo punto della cacciata. Successivamente viene il momento di assegnare le poste, alcune squadre fanno decidere alla sorte, in altre invece è il capo caccia ad assegnare le poste secondo dei criteri propri che dovrebbero, almeno secondo lui, garantire il miglior risultato della battuta. In ogni caso a questo punto tutto è pronto per la caccia vera e propria, i postatoli si incamminano verso le poste che possono essere sistemate a terra oppure su dei palchetti di legno appositamente costruiti. Vorrei spendere soltanto qualche parola sulla opportunità sparare da una postazione rialzata rispetto al terreno come può essere un palchetto. Alcuni storcono il naso ritenendo che sia un lusso destinato ai “signori” e che la vera caccia si fa da terra. Ritengo personalmente queste considerazioni sbagliatissime, avendo cacciato da sempre sia dal palchetto che da terra posso con certezza affermare che si tratta soltanto di una questione di sicurezza. Sparare da un palchetto sopraelevato rispetto al terreno offre una migliore tutela per tutti, la fuciliata avrà senza dubbio una direzione dall’alto verso il basso tendendo in questo modo a far conficcare la palla per terra qualora il bersaglio viene mancato, inoltre la propensione al rimbalzo con una traiettoria di questo tipo dovrebbe essere inferiore. Ovviamente questo a beneficio di tutti i partecipanti alla battuta, cani compresi.
Una volta che tutti i partecipanti hanno preso posto il capo caccia effettua una rapida verifica, oggi sempre di più tramite radio ricetrasmittente, ed accertatosi che: le tronche che circondano e dividono il luogo destinato alla battuta sono tutte armate, i postatoli sono al proprio posto, i bracchieri hanno raggiunto i luoghi di sciolta e gli eventuali battitori sono anch’essi pronti, finalmente da inizio alla battuta suonando forte la corna in modo tale che tutti possano sentire che le “danze” si sono aperte. Uso questa espressione, credo, in modo appropriato in quanto per poter ballare serve la musica e questa per un cacciatore di cinghiali viene fornita dai cani che con le loro voci riempiono il bosco. All’inizio di questa stagione un mio caro amico bracchiere mi ha detto con espressione serie e grave: “quest’anno con i cani che abbiamo non dobbiamo pagare la tessere alle associazioni venatorie, ci toccherà pagare la SIAE”.
… alla fine arriva il momento dello sparo
Prima di concludere questa piccola ed ovviamente parziale descrizione di questa affascinante forma di caccia al cinghiale vorrei spendere soltanto qualche riga per parlare di armi e munizioni che si usano a cacciarella. Soltanto pochi anni fa discutere di questo argomento era del tutto superfluo, tutti noi cacciavamo con i nostri fucili calibro 12. Non era raro sentire che qualcuno addirittura caricava cartucce a pallettoni (tra l’altro vietate dalla legge), insomma l’argomento armi e munizioni si esauriva ben presto. Per fortuna i tempi sono cambiati ed oggi c’è una maggiore consapevolezza di quale sia l’arma migliore per praticare questa caccia.
Il calibro12, aimè, lungi dall’essere scomparso dalle cacciarelle, comincia però a vedersi meno. I pericolosissimi pallettoni, grazie a Dio, almeno in maremma possono considerarsi quasi estinti. I fucili a canna rigata ormai da una decina di anni sono divenuti i protagonisti di questa caccia. In due parole sintetizzerei il motivo di tale successo: efficacia e sicurezza. Riconosco che ci sono ancora un certo numero di estimatori del vecchio 12 che sostengono che “a corto” questo calibro offre maggiori garanzie ed in ogni caso non è necessaria alcuna spesa in più in quanto ogni cacciatore possiede un calibro 12. Tuttavia è indiscutibile che i fucili a canna rigata offrono decisamente maggiori garanzie su entrambi i fronti sopraccitati. Per quanto riguarda l’efficacia è ormai noto che è la maggiore velocità della palla che produce una morte più rapida al selvatico per via dello shock idrodinamico provocato dall’onda d’urto del proiettile. Senza voler, in questa sede addentrarmi in questioni tecniche, si può però affermare che anche dal punto di vista “etico” è più giusto finire l’animale in maniera più rapida e pulita possibile. Dal punto di vista della sicurezza è stato provato che le palle sparate da una carabina rigata hanno sicuramente una minore propensione al rimbalzo di quanto non lo facciano le palle del calibro 12 o 20. L’elevata velocità alla quale viaggiano fa si che, mancando il bersaglio, se urtano una superficie dura come una roccia tendono a polverizzarsi, se invece incontrano una superficie più morbida come può essere il tronco di un albero ci si conficcano. Quindi superato il gap culturale che vede nell’arma rigata un pericolo maggiore, per via della maggiore gittata, personalmente non ho dubbi sul preferirle. I calibri maggiormente utilizzati dai cacciatori di cinghiale sono: il .30-06 Spring., il .308 Winch., il .300 Win Mag e il 9,3×62 camerati in carabine semiautomatiche; l’ 8×57 jsr, il 444 Marlin e il 9,3x74R camerati in fucili tipo express.
Ma adesso parte una canizza, una di quelle potenti, i fucili vengono stretti tra le mani, i bracchieri cominciano ad incitare a gran voce i cani, il cinghiale scorre via veloce, poi si ferma, si sente che i cani gli abbaiano a fermo, un cane guaisce e la posta vicino alla mia mi mima che deve averlo ferito, con un cenno d’intesa ci diciamo che deve essere un grosso verro, la tensione sale, i bracchieri si muovono verso il punto il cui il cinghiale si è fermato, tentano di farlo ripartire. Dopo ancora qualche secondo la canizza riparte, si è mosso: viene su verso le poste, tutti sono attenti, concentrati, pronti. Si spara avanti e dietro, mai di lato, la sicurezza è la prima cosa ed ognuno di noi ne è consapevole, la canizza adesso e portentosa e vicina, sento il mio cuore che comincia a battere all’impazzata, i muscoli tesi come una corda di violino sono pronti a scattare. Poi uno sparo, forte e nitido due poste sotto la mia, ma la canizza continua non lo ha colpito …eccolo lo vedo è proprio un bestione ma ho la linea di tiro occupata da un cane. Alzo la carabina sperando di avere la chance di sparare ma niente mi si copre non dandomi l’opportunità. Faccio appena in tempo a girarmi verso la posta vicino alla mia e vedo Valerio imbracciare il fucile: spara due colpi in rapida sequenza, la canizza si spegne, l’animale è stato preso… Viva Maria!