La prima volta che ci siamo imbattuti in Stoccobianco era in giugno. Eravamo in cerca di un maschio giovane, e in giro c’era un gran fermento di caprioli. Avevamo visto altri M2, ma questo ci aveva impressionati per il notevole palco, non poderoso ma molto alto, ben sviluppato nelle altre due punte ma con gli stocchi tozzi, brevi e dalle punte bianchissime che, illuminate dalla luce del tramonto, sembravano intinte nell’argento. “Un gran bel capriolo”- ci dicevamo con Vincenzo – “speriamo di ritrovarlo quando sarà il nostro capo!”.
Dopo gli amori è arrivata la tanto attesa assegnazione e, senza dircelo esplicitamente, ogni volta che tornavamo in quella zona sia io che Vincenzo speravamo di incontrare Stoccobianco.
La sera prima, un martedì, eravamo a sbinocolare in giro per vedere com’era la situazione e, dopo esserci saziati della vista di femmine con uno o due piccoli, c’eravamo accorti quasi a buio di un maschio che brucava nel tagliato in una posizione dominante ma ben defilata. Le punte degli stocchi biancheggiavano sullo sfondo scuro. Oggi finalmente è mercoledì, e la carabina è qui.
“Fai piano, e con calma. Hai tutto il tempo del mondo. Da come sta brucando tranquillo non si è accorto di noi” mi sussurra Vincenzo. Mettiamo giù gli zaini, la carabina poggiata sopra. Mi stendo tra i rametti cercando di non fare rumore. “Sono 140 metri, con 14 gradi di angolo di sito, non dovresti fare particolari aggiustamenti” mi dice Vincenzo, col tono falsamente freddo e distaccato che usano i piloti degli aerei quando comunicano “Stiamo precipitando, ma la situazione è sotto controllo”. è emozionato, ma sa che lo sono anch’io e non vuole mettermi pressione.
Stoccobianco è sulla croce di mira, ma è quasi sempre di punta. “Ora è a cartolina. Quando te la senti spara” mi incoraggia Vincenzo. Il capriolo si mette a brucare dai rametti che piovono giù dal muro di rovi che gli fa da sfondo. Sento rivoli di sudore scorrere tra la mia guancia e il legno del calcio. La pancia nuda sulla terra secca, il sole abbagliante che mi fa lacrimare l’occhio sinistro, il calciolo oscilla impercettibilmente al mio respiro. Forse dovrei resettare tutto, trovare il giusto comfort e stabilizzare di più la carabina. Ma trattengo il respiro, la croce ora è ferma sul capriolo e decido di sparare adesso. SEGUE