Caccia al capriolo – “La donzelletta vien dalla campagna in sul calar del sol….e reca in mano un mazzolino di rose e di viole”. Ricordi di gioventù. Non so perché mi frulla per la testa questa poesia di Leopardi da quando mi son svegliata. Forse perché è sabato, il giorno più bello della settimana. E, finalmente, il primo sabato che riusciamo a uscire a caprioli!
È febbraio. La caccia di selezione è aperta da più di un mese ormai, ma le ultime battute di caccia al cinghiale in gennaio hanno avuto la priorità. Molte squadre si son tenute le cacciate più belle per fine stagione, nella speranza di chiudere “col botto”, e gli inviti si sono susseguiti in un vortice di occasioni imperdibili! Ma il richiamo del folletto si fa sentire, e in cuor mio son ben contenta che il clamore e la “socialità” della caccia in braccata si siano placati lasciando spazio alla pacata, strategica, contemplativa caccia di selezione al capriolo!
La nostra prima uscita è in Toscana, e l’esplorazione delle zone di caccia ci lascia, come sempre, senza fiato per la loro bellezza. I campi punteggiati da macchia sono di un verde quasi fosforescente, un velo rigoglioso ricopre la terra come la peluria impalpabile della pelle di un neonato. È ancora inverno, gli alberi sono spogli e le piccole gemme sui rami tremano al pensiero delle piogge violente di cui è spesso prodiga la primavera, ma l’impulso fremente della vita che rinasce è tangibile nell’erba tenera e delicata che calpestiamo nel buio. Arriviamo all’appostamento troppo presto. Ancora non padroneggiamo il nostro orologio biologico e l’ora dell’alba, e per non sbagliare siamo partiti con largo anticipo. La luna nuova non ci aiuta nel trovare il percorso che porta all’appostamento, procediamo adagio, godendoci un tempo che all’ ”uomo” della città non è dato vivere.
Per sbinocolare con calma Vincenzo posa lo zaino a terra. Non siamo ancora giunti all’appostamento, mancano pochi metri. “Ferma non ti muovere!” intuisco dal suo labiale. “Ci sta guardando!”. Senza muovere un muscolo sposto solo lo sguardo, che si va a posare sul velluto di un bel palco. Un maschio ci ha visto prima che noi vedessimo lui, e ci si avvicina. Mentre distoglie il suo sguardo da noi pian pianino ci accucciamo. Si avvicina ancora, il muso proteso come ad assaggiare l’aria che proviene dai nostri corpi, ma il vento ci soffia in faccia e a lui non arriva nessun odore. Ci sentiamo braccati. Mi viene da ridere pensando alle vignette che ironizzano su cacciatori ritraendoli sotto tiro delle loro prede. È proprio così che ci sentiamo. Dal labiale di Vincenzo intuisco un “Non è possibile, ci sta venendo addosso!”.
“Ah, se fosse agosto!” penso, rivolta al palcuto e curioso osservatore, ma so che a suo tempo, quando il calendario prevederà l’abbattimento dei maschi adulti, il nostro amico si sarà già informato, e si guarderà bene dal riproporre un numero del genere!
Tuc. Tuc. Gli zoccoli battono la terra, a pochi metri da noi. Non saprei se interpretarlo come un gesto di sfida o un invito a giocare. A un certo punto decide che non siamo poi tanto interessanti e se ne va, esaudendo la nostra preghiera di farlo senza abbaiare!
Divertiti e incoraggiati dalla carica di questo primo incontro, io e Vincenzo ci sistemiamo. Treppiedi a portata di mano, binocolo al collo, carabina sullo zaino, cuore in gola.
La giornata promette bene e questa zona è notoriamente generosa e interessante. Ci chiediamo dove sia la femmina con i due piccoli che vedevamo ogni sera in agosto quando nel piano c’era il maschio….
“Eccola!” esclamo a bassa voce, indicando a Vincenzo il punto, a circa 170 metri, in cui una femmina sta brucando. “Ha il collo un po’ curvo, un atteggiamento ingobbito, è senza piccoli… secondo me è una femmina vecchia”, la butto lì, cercando di far colpo su Vincenzo con un commento da cacciatrice esperta. Vincenzo la osserva con l’ottica ad alto ingrandimento, non concorda con la mia tesi, ma tanto vale. La femmina non ha piccoli, e il nostro obiettivo odierno è un classe zero.
Col sole già alto decidiamo di lasciare l’appostamento. Tenteremo un’altra zona la sera. Le giornate si stanno allungando, ma l’appostamento serale va preparato nel primo pomeriggio. I raggi obliqui del sole esaltano i contorni di alberi e cespugli, e rendono tiepida la terra su cui ci siamo seduti, circondati dall’attrezzatura.
“Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella…e novellando vien del suo buon tempo…” nelle ore di attesa e osservazione di campi, boschi e anfratti, la mia memoria si mette a ruminare ricordi scolastici che pensavo ormai persi. Mi vien da pensare a quanto siamo fortunati a essere qui, in collina, seduti su un prato freschissimo, col sole che ci riscalda, nel silenzio, nella natura; a come un sabato così non abbia prezzo … e a quanti oggi si rintanano nei centri commerciali, tra neon, rumore e folla, a comprare o desiderare di comprare cose che non li renderanno mai felici quanto siamo noi qui, adesso….
Il tempo passa e le speranze vanno svanendo come la luce. “Una femmina con due piccoli!” esclama Vincenzo senza togliere gli occhi dal binocolo. “Si muovono con un passo deciso e non sembrano abbiano intenzione di fermarsi. Comunque preparati. Se non s’infilano nel bosco fai in tempo a sparare!”. Mi tolgo la giacca e la piazzo sullo zaino che è a terra per fissare meglio la carabina. La famigliola viene inghiottita da un fitto roveto in mezzo al campo. Li aspetto con la canna puntata sull’altro versante. Ma niente da fare. Improvvisamente tre sagome appaiono sul versante opposto, attirando l’attenzione dell’occhio che non è sull’ottica. “Wow! Altri tre!” La voce di Vincenzo trema per l’emozione. La luce è ormai quasi nulla ma non per le luminose lenti del binocolo. Si tratta di un’altra femmina accompagnata da due piccoli. Il binotelemetro segna 160 m. Porto l’ingrandimento a otto. Miro al piccolo che segue a pochi metri la femmina. Armo la carabina. Un respiro regolare, non troppo profondo, senza trattenere il fiato…Bam!
Al momento dello sparo tutti e tre i caprioli fanno un balzo verso la cima della collinetta. “Hai sparato a quello dietro la femmina?” mi chiede conferma Vincenzo col tono preoccupato di chi dovrà confortarmi per la poderosa padella cui ha appena assistito. Il piccolo cade a terra, dopo due balzi scomposti come reazione allo sparo. “Waidmannsheil!” – tira un sospiro di sollievo Vincenzo, felice che tutto sia andato per il verso giusto. La notte arriva lesta quando giungiamo a rendere gli onori al primo capriolo dell’anno. Mentre le luci della città si accendono di vita mondana qui, nel bosco, stanchi ma felici, celebriamo con gratitudine il nostro sabato sera speciale.