Nel silenzio dell’ora della siesta della campagna toscana camminiamo a marce basse e finestrini giù per prendere dell’aria in faccia che ci faccia rinvenire dal riposo mancato. È un fine settimana caldo di luglio e da settimane siamo in cerca di un maschio adulto di capriolo. L’abbiamo visto il giorno prima e non si può cambiare zona, oggi si ritorna lassù. Verso il mare il cielo è chiaro ma cumuli grigi e neri si ammucchiano in direzione della nostra zona di caccia.
Tuoni cupi e dirompenti squarciano il silenzio e minacciano temporale. “Il tempo lo si vede sul posto” ci diciamo sempre con Vincenzo, e senza consultarci siamo concordi sull’uscita. Prenderemo acqua ma per quel bel maschio vale la pena. Risaliamo il poggio e ci buttiamo nell’erba alta da dove, non visti, abbiamo intercettato il palcuto in una posizione infelice per un tempo insufficiente a sparare. Aspettiamo un’oretta (siamo arrivati presto causa pioggia incombente).
Verso le 20:00, nel pieno sole di luglio, ecco che appare sul limitare del bosco a un centinaio di metri un maschio adulto. “Non è lui!” commentiamo subito all’unisono. La carabina è già in posizione ma anche questo capriolo non si ferma un momento, appare e scompare dentro l’erba che a tratti è alta anche laggiù. Il bosco lo risucchia. Che rabbia! Non avrei azzardato un tiro, Vincenzo concorda con la mia strategia, anche perché il nostro obiettivo è il maschio individuato nelle precedenti uscite.
Alle nostre spalle le nubi si abbassano a sfiorarci la testa, sono gonfie e pesanti di acqua elettrica, dal loro urtarsi nell’atmosfera giungono echi di tuoni sempre più minacciosi. Ma non è ancora il momento di andare via. Mezz’ora dopo la sparizione del capriolo, quando la luce inizia a giungere obliqua sulla pendenza del poggio, intercetto un capriolo nell’orzo, a quasi 500 metri sotto di noi. Giochiamo a dadi con le ipotesi: sarà lui o è un altro ancora? Il mio sesto senso e la stizza per le due occasioni mancate mi fanno propendere per la sfida che occhieggia nell’orzo. “Ci giochiamo tutto nell’avvicinamento!” dice Vincenzo. La distanza e le cunette ci agevolano mentre guadagniamo una balla di fieno. Appoggio zaino e carabina, inquadro il capriolo. È lui! “Sono 315 metri, non vogliamo avvicinarlo di più?” mi propone Vincenzo.
Mi guardo intorno: appoggi e coperture migliori non ne abbiamo, la carabina è ben salda, il mio corpo è spalmato sulla balla di fieno e mi sento perfettamente sicura. “No, tiro da qui”. Vincenzo non ribatte, è l’accompagnatore perfetto, suggerisce, sostiene, partecipa all’azione di caccia senza mai mettere in crisi le mie decisioni. E poi sento che si fida di me. Il capriolo nel frattempo ci ha dato tempo di riflettere, si è seduto a ruminare.
Quando si alza il suo destino è già scritto e sigillato dai tuoni che si infittiscono e si avvicinano. Il tuono del 7×64 si aggiunge alla grancassa che suona nel cielo e spazza dalla mia vista il capriolo. La reazione al tiro sembra farci sperare, ora dobbiamo trovarlo prima che sia completamente buio. Mentre punto sull’anschuss Vincenzo si incammina verso il fosso che delimita il campo d’orzo. “E’ qui!”. La sua voce, flebile perché lontana e concentrata mi fa sobbalzare e mi regala la più grande soddisfazione che in una sera così si possa desiderare.