La Provincia di Asti autorizza gli agricoltori a difendere le proprie colture dai cinghiali anche tramite la caccia secondo il principio dell’autodifesa delle coltivazioni.
Secondo un’apposita delibera della Provincia di Asti tutti i proprietari o conduttori di fondi agricoli sono autorizzati a difendere le proprie coltivazioni dai cinghiali contenendo il proliferare della specie con l’attività venatoria.
Il provvedimento arriva a seguito delle incessanti pressioni di Coldiretti e dopo le interminabili discussioni riguardo alla scarsa efficacia delle squadre organizzate dai cacciatori nella soluzione del problema che negli ultimi anni ha registrato un crescendo dei danni arrecati alle coltivazioni; a poco infatti sono valsi i tentativi di contenere la specie con le sole battute di caccia a squadre.
Grazie alla nuova delibera infatti gli agricoltori con regolare licenza per l’esercizio venatorio, presentando un’apposita richiesta di autorizzazione, potranno abbattere i cinghiali sconfinati nei terreni propri o dei quali sono conduttori secondo il principio dell’autodifesa.
Gli agricoltori potranno tenere i capi abbattuti esclusivamente per il consumo in proprio pertanto dovranno provvedere immediatamente alla macellazione e prelevare i campioni da inviare successivamente all’autorità sanitaria.
L’iniziativa della Provincia, al momento solo sperimentale, già sta sollevando le polemiche degli addetti ai lavori, squadre di cinghialari in prima fila, ma secondo il direttore di Coldiretti Asti, Antonio Ciotta, invece questo provvedimento si attiene maggiormente alla vigente legislazione in materia e spiga: “Le cosiddette squadre di “cinghialisti”, si sono suddivise il territorio escludendo la possibilità agli altri cacciatori di intervenire nelle loro zone, per altro la legge affida al cacciatore il compito di attuazione dei piani di contenimento delle specie proprio a salvaguardia delle colture e al mantenimento dei giusti equilibri numerici della fauna”.
Prosegue Ciotta, “Possiamo quindi dire che l’esercizio dell’attività venatoria viene in subordine allo status di proprietario o conduttore dei fondi. La nostra impressione è poi sempre stata che tali squadre, formate da un numero molto limitato di cacciatori, potessero agire per convenienza, abbattendo ogni anno un numero esiguo di capi, al fine di far proliferare la specie piuttosto che attivarne l’effettivo contenimento”.
Inoltre si evince dal nuovo provvedimento che l’obbiettivo primario dello stesso è “quello di allontanare i cinghiali dalle colture” pertanto è in ogni modo “vietato il foraggiamento dei cinghiali in quanto lo stesso avrebbe l’effetto di attirare altri animali” sui fondi.
Negli ultimi anni si sono moltiplicati i danni alle colture causati dagli ungulati ma non essendo possibile rintracciare gli animali abbattuti in modo da capire se essi siano stati ceduti ad aziende ristoratrici.
Il presidente provinciale di Coldiretti, Maurizio Soave, si esprime soddisfatto per l’iniziativa “Un provvedimento che raggiunge subito l’obbiettivo di rimette in equilibrio gli stessi rapporti fra i cacciatori; da sempre le squadre per le battute ai cinghiali hanno suscitato le ira dei cacciatori esclusi, tanto più dei cacciatori proprietari di fondi e agricoltori”.
Inoltre, prosegue Soave, “L’obbiettivo principale del provvedimento è comunque quello di puntare a rimettere in equilibrio la fauna presente sui fondi agricoli, attraverso gli abbattimenti in autodifesa. Infatti nessuno meglio di chi vive con il lavoro dei campi, può essere in grado di mantenere una presenza di animali adatta all’equilibrio naturale. Di per sé, contrariamente a quanto talvolta si sente dire, nessun animale è nocivo: basta mantenerne una densità adeguata al territorio”.