Caccia, Armi e Normativa. Si è da poco più di un mese aperta la Stagione Venatoria e a breve, il 5 novembre 2015, entreranno in vigore le modifiche normative alla legate al D. Lgs. 121/2013 relative alla capacità dei caricatori delle armi da caccia nonché alle modifiche all’art. 38 TULPS introdotte dalla legge 43/2015.
Sono molte le incertezze sulla questione quindi vediamo di fare un po’ di chiarezza grazie al contributo dell’Avv. Rosario Maglio almeno per quanto concerne la disciplina relativa ai limiti per le munizioni dei fucili da caccia.
L’avvocato fa il punto sulla questione con un approfondimento sulla disciplina previgente e sulle criticità interpretative insorte in seno alla giurisprudenza di legittimità e di merito, dedicando poi ampio spazio alla legge n.166/2014 e ai limiti fissati dall’attuale regime normativo nell’esercizio della caccia.
La disciplina precedente alla riforma del 2014 ed i problemi interpretativi insorti durante la sua vigenza.
L’art. 13, comma 1, della legge 157 del 1992, nella sua versione originaria (prima della recente modifica introdotta prima dal D.L … , poi convertito con mod., in Legge 11 agosto 2014, n.116) stabiliva che “l’attività venatoria è consentita con l’uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40”.
La limitazione al numero di cartucce nei fucili da caccia è stata introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 79/409/CEE, che all’art.8 aveva imposto agli Stati membri di vietare il ricorso a qualsiasi mezzo di cattura o di uccisione in massa o non selettivo delle specie di uccelli tutelate dalla direttiva ed in particolare delle specie elencate nell’allegato IV, lettera a).
L’espresso riferimento alle specie di “uccelli” aveva suggerito al legislatore di differenziare la disciplina fra armi a canna liscia, normalmente utilizzate per la caccia agli uccelli, e le armi a canna rigata, utilizzate invece per la caccia ad altre tipologie di prede (per lo più mammiferi). La violazione al divieto imposto dall’art. 13 è stato sanzionato penalmente, dall’art. 30, lettera h), della medesima legge n. 157/92, che ha previsto la pena dell’ammenda (fino a lire 3.000.000) per chi esercita la caccia con mezzi vietati (ritenendosi tale un fucile contenente più cartucce di quelle consentite).