Caccia alle Papere e Beccaccini di Evita Peròn: Adios pampa mia, dice il testo di una canzone. Ascoltandola si capisce che il cantante ha un tono malinconico, consapevole che nessun altro luogo al mondo potrà trasmettere le stesse emozioni delle pampas argentine.
Las pampas sono un luogo magico, quasi surreale. Sono un’immensa distesa di pianure fertili dell’Argentina, che comprendono le province di Buenos Aires, La Pampa, Santa Fe e Córdoba, dell’Uruguay, e della parte meridionale del Brasile. L’estensione complessiva di queste pianure supera i 750.000 km². Un territorio vasto, a dir poco. Solo vedendolo si capisce la sua immensità.
Quando ero bambino mio nonno mi raccontava spesso si battute di caccia nelle pampas, dove si possono incontrare tantissimi animali selvatici, dagli uccelli acquatici al cervo rosso, dal puma al cinghiale, dai pecari ai capibara. Non so dire se il senso di magia che provavo mentre ascoltavo le storie di mio nonno fosse dovuto alla sua capacità di raccontare o alle pampas stesse.
Non l’ho mai saputo fino a quando non sono andato a caccia al largo del fiume Paraná, nella provincia di Santa Fe, nel cuore dell’Argentina. Santa Fe è costituita da terre nere particolarmente fertili ed inframmezzata da appezzamenti di terreno coltivati più o meno intensivamente. In questa area è possibile incontrare una grande varietà di uccelli acquatici, più di venti specie di anatre selvatiche, di cui quattordici sono cacciabili. Solo citando quelle più numerose, si possono incontrare il codone delle Bahamas e Cile (e garganrilla maicero), il Cicero o Cuchara, la peposaca Netta o Creston ed, ovviamente, il beccaccino.
I cacciatori di tutto il mondo considerano questi luoghi come un vero paradiso. Decisi di andare a caccia una domenica di giugno. Da noi in Argentina, la stagione di caccia va dal primo maggio, al 10 agosto, in pieno inverno. Per chi non lo sapesse, l’Argentina è nell’emisfero australe e quindi le stagioni sono l’esatto opposto di quelle europee.
Quella domenica io ed il mio amico Miguel decidemmo di andare a caccia di anatre e beccaccini. Per questa caccia il fucile magnum è il migliore con canna 1 stella, caricato con cartucce Winchester. La caccia alle anatre si effettua sfruttando le poste di caccia costruite dalle guide di queste zone. Gli appostamenti vengono creati con arbusti e rami presi nei dintorni. Sono molto semplici e rustici, ma danno un maggiore senso di selvaggio ad una giornata di caccia. Ma la tecnologia non poteva non arrivare anche nelle pampas, al punto che utilizziamo non solo uccelli da richiamo, ma anche anatre robot, che si dimostrano molto efficaci per attirare il selvatico. Questo tipo di caccia è sempre stata la mia preferita: l’attesa, affidarsi ai propri sensi per individuare il selvatico, lo sparo, vedere il cane che scatta, sono momenti che la rendono unica rispetto alle altre. La compagnia di un buon amico, inoltre, rende tutto ancora più bello. Ad accompagnarci nelle pampas c’è Mosé, il mio American Water Spaniel che ci aiuterà a recuperare il selvatico abbattuto.
Scusate non mi sono presentano. Mi chiamo Lionel. Io e Miguelito arriviamo al punto di incontro “all’entrata” della zona di caccia, dove ci aspetta Manuel, la nostra guida che ci condurrà alla posta e dove sistemerà i richiami. Per arrivare alle poste occorrono circa 45 minuti di barca, perché quest’ultime sono situate in mezzo ad una laguna. Non è ancora l’alba e fa molto freddo. Ogni tanto mi arriva qualche goccia d’acqua sul viso e penso alle anatre che si posano su di essa senza provare alcun fastidio. Durante la navigazione Manuel ci indica i punti dove ci sono altri appostamenti fissi, ma ci dice che quello al quale ci sta conducendo è uno dei migliori che riserva solo agli amici. Secondo lui quell’appostamento è molto distante dagli altri e li le anatre si sentono abbastanza sicure, poiché gli spari degli altri cacciatori si sentono molto in lontananza.
Giungiamo finalmente al centro della laguna dove ci sono le poste. Manuel attracca la barca legandola ad un paletto conficcato nella terra ed inizia a sistemare i richiami vivi e le anatre robot, mentre noi controlliamo la nostra attrezzatura. Terminato il suo lavoro, Manuel ci saluta molto velocemente ricordandoci che tornerà a prenderci tra qualche ora. Per sicurezza ci ha lasciato una radio trasmittente con la quale è possibile mettersi in comunicazione con il campo base, se mai dovessimo averne bisogno. Io e Miguel entriamo nei nostri nascondigli, in attesa che le luci dell’alba inizino ad illuminare lo specchio d’acqua davanti a noi. Carichiamo i nostri fucili ed inizia l’attesa. I richiami vivi e quelli robot fanno il loro dovere fin da subito. Alcune anatre arrivano in volo posandosi sull’acqua, attirate dai versi dei nostri richiami. Mosé punta fisso le anatre, pronto per scattare vedendo il selvatico cadere in acqua dopo lo sparo. Anche lui rimane in silenzio.
Le anatre nuotano verso dei cespugli in mezzo all’acqua che impediscono il tiro. Aspettiamo che escano allo scoperto e li levino in volo. La squadriglia di anatre, composta da quattro esemplari, prende il volo e partono in sequenza i colpi dei nostri fucili che vanno a segno. Mosé compie il suo dovere riportandoci le anatre.
Manuel sospira ed io gli chiedo: “Cosa c’è?Non sei soddisfatto? Abbiamo appena iniziato”. “Spero passino anche dei beccaccini. Mi piace tornare a casa con il carniere variegato”. “Anche a me”, risposi. “Vedrai che passeranno”.
Inizia di nuovo l’attesa, nella speranza che qualche beccaccino compaia davanti a noi. Nemmeno il tempo di finire il pensiero ed eccone uno che arriva da lontano. Il nostro occhio esperto lo riconosce anche a distanza. Lascio il colpo a Miguel, che non fallisce. Il sole ormai splende sulla laguna e le anatre si fanno sempre più numerose, ma a parte quell’esemplare, di beccaccini neanche l’ombra. Inizio a cantare nella mia mente la canzone Adios pampa mia, per smorzare la tensione. Essere troppo concentrati, in alcuni casi, può essere controproducente. Si rischia di sparare male e troppo in fretta. Mentre scorrevano le parole della canzone dentro di me, iniziano ad arrivare dei beccaccini, come se li avessi attirati con una specie di formula magica. Sicuramente erano stati i richiami ad attirarli, ma a me piace pensare che la magia delle pampas sia una cosa vera. Miguel mi guarda e sorride. Gli faccio un cenno con la testa, come a dire: “Tocca a noi”.
In quel momento, tra il puntamento e lo sparo mi è sembrato che il tempo scorresse molto piano. Una sensazione strana, che mi ha fatto assaporare ogni istante di quell’azione. Passano le ore ed il nostro carniere è pieno. Decidiamo di tornare e chiamiamo via radio Manuel. Io e Miguel diamo soddisfatti della giornata di caccia.
Durante il viaggio di ritorno, sulla barca tutti e tre iniziamo a cantare ad alta voce quella canzone, consapevoli però che il nostro non è un addio alle pampas, ma un arrivederci.