La vicenda cinghiali tiene costantemente banco nel mondo venatorio umbro, anche quest’anno con l’inizio della stagione venatoria riemergono i soliti problemi in particolare la questione delle quote di iscrizione delle squadre. Premesso che fin da subito abbiamo contestato questo regolamento, a partire dall’assegnazione dei settori, dalla caccia in singolo, passando per il pagamento dei danni da parte delle squadre, Arci Caccia lo ha ribadito fin dalla sua approvazione che tra l’altro è stata legittimata in assemblea pubblica da circa 1500 cacciatori, questo inciso è per chi avesse la memoria corta.
Le criticità erano ben evidenti fin da subito, tanto che già il primo anno la regione è dovuta correre ai ripari facendo slittare di un anno l’applicazione in alcune parti. Adesso che siamo arrivati al nocciolo della questione si è scatenato l’ennesimo putiferio questa volta contro gli ATC, di fatto sconfessando anche l’operato di alcuni rappresentanti delle Associazioni Venatorie, in particolare coloro che oggi accusano l’Arci Caccia di essere la protettrice degli ATC e di essere contro i cacciatori. Siamo entrati in un vicolo cieco, perché difronte alle sentenze del TAR prima e del Consiglio di Stato poi, c’è poco da fare, gli ATC e i rappresentati delle Associazioni, ne hanno preso atto e hanno applicato i regolamenti emanati dalla Regione.
Cosa che però non dice nessuno che dal Dicembre 2015 la Regione ha destinato alla gestione della caccia e del territorio a caccia programmata solo il 67% fronte del 100% degli introiti derivanti dalla Tassa di concessione regionale, fondi per altro finalizzati dalla legge 157/92 e destinati alla gestione di fauna e ambiente, compresi i danni da fauna selvatica. Io non ci sto a questo gioco di bassissimo livello, ognuno si prenda le sue responsabilità senza scaricare le colpe sugli ATC, nè tantomeno su Arci Caccia. In molti mentono sapendo di mentire, trovando soluzioni alternative o scorciatoie ai problemi, che negli anni in cui hanno ricoperto incarichi di amministratori provinciali e consiglieri regionali hanno contribuito a creare. Occorre una revisione completala del regolamento 34, sono anni ormai che portiamo avanti questa battaglia ribadendo il concetto che il regolamento deve solo indicare modalità e tempi e luoghi di caccia, per la gestione serve ben altro, serve un piano di azione concreto che utilizzi cacciatori come fine e non solo come mezzo di consenso, abbiamo scritto la bozza regolamento concordata tra quattro Associazioni Venatorie e condivisa anche con il comitato delle squadre di caccia al cinghiale, la bozza inviata in Regione lo scorso anno non ha ancora avuto un momento di discussione, tanto che i rumors dicono che giace li in quanto di marcata impronta Arci caccia.
Anche il mondo agricolo non è esente da colpe, abbiamo lavorato un intero anno con alcune Associazioni agricole, ad un documento sulla gestione dei conflitti faunistici, solo che al momento delle firme si sono defilati. Si vada verso la filiera delle carni, si pensi ad un modello dal quale ne possano derivare risorse e benefici per tutti, all’interno di un percorso di trasparenza e legalità, anche perché già il regolamento n.5 del 2010, prevede che i capi abbattuti durante gli interventi di contenimento, quindi quelli al di fuori del periodo venatorio, dovevano essere ceduti a titolo oneroso per costituire il fondo per il risarcimento dei danni, se questo fosse stato fatto quante risorse avremmo in cassa oggi? Anche qui ci sono delle responsabilità che oggi pesano. Rivolgendomi ai cacciatori di cinghiale non commettiamo più gli stessi errori degli anni passati, sediamoci ad un tavolo facendo tutti un passo indietro, mettendo da parte personalismi ed egoismi, un confronto franco e sereno per giungere a soluzioni valide, che rispondano alle esigenze del mondo agricolo e del mondo venatorio,