Viaggi di Caccia: Una giornata di caccia alle anatre a Comacchio. Due amici, Francesco e Giorgio, vanno a caccia nelle paludi di Comacchio. Una giornata intensa, fatta di pensieri, sensazioni e colpi andati segno.
L’amicizia tra due amici cacciatori che vivono la caccia come un ulteriore occasione per saldare la loro amicizia. Il pessimismo di uno e l’ottimismo del’altro, in mezzo alla palude. Il 26 gennaio avevo chiuso virtualmente la mia stagione di caccia, dopo aver trascorso molte giornate all’aria aperta. Mi piace sempre far coppia con qualcuno a caccia e, poiché nessuno dei miei compagni di avventure mi proponeva una battuta di caccia, avevo deciso di chiudere in anticipo la stagione venatoria.
Una telefonata, però, ribaltò del tutto la mia decisione. Francesco mi chiama a casa e mi dice: “Giorgio che ne dici di una giornata a caccia di anatre?”. Per la contentezza rimasi in silenzio per qualche secondo, al punto che Francesco esclama: “Mi senti? Ci sei ancora?”. “Si, si, sono qui Franco, è che non ti sento bene, puoi ripetere?”.
Mi spiegò la sua iniziativa nel dettaglio: la domenica, ci saremmo recati a Comacchio per la chiusura della caccia. Accettai senza indugio. Inizia a pensare che Gennaio non è un mese ideale per la caccia in palude, perché è troppo presto per la risalita dei selvatici, mentre quelli che si sono trattenuti dopo essere scampati alle fucilate per tutta la stagione venatoria sono in massima allerta. Scacciai subito questi pensieri negativi sulla riuscita della giornata, pensando che comunque sarebbe stata bella chiudere la stagione con uno dei miei più cari amici di caccia e nella vita. Non potevo rifiutare.
Mentre pensavo a tutte queste cose non mi ero accorto che avevo ancora la cornetta in mano, nonostante la conversazione fosse terminata già da qualche minuto. Mia moglia Flavia, vedendomi in quella strana posizione, mi chiese: “Giorgio tutto bene? Hai ricevuto qualche brutta notizia?”. “No, no, anzi! Mi ha chiamato Francesco, domenica andiamo a caccia nelle paludi di Comacchio”, risposi. Lei mi sorrise, sapeva quanto mi facesse piacere un’idea del genere. Mi ritengo fortunato ad avere una moglie come Flavia, che rispetta la mia passione per la caccia, che ogni tanto mi tiene per qualche ora lontano da casa. Altre mogli, non vedono di buon occhio i propri mariti andare a caccia, ma Flavia no. Mi dice sempre che in una coppia bisogna rispettare le esigenze e le passioni di uno dei due, altrimenti si reprimono certi desideri che, presto o tardi, sfociano in assurdi litigi. Flavia ci tiene a dire, però, che bisogna rispettare certe scelte, basta l’altra parte non esageri con le richieste. Come darle torto. Vedendomi raggiante di felicità, mi dice: “Allora devo tirare fuori tutta la tua attrezzatura, visto che l’avevi già riposta in soffitta”.
Mancavano pochi giorni alla fatidica riapertura personale della mia stagione venatoria. Contavo i giorni, ma ala fine arriva il sabato, la vigilia. Dopo numerose telefonate tra me e Francesco, sull’organizzazione della giornata a Comacchio, il sabato pomeriggio stabiliamo gli orari: “Sveglia molto prima dell’alba, Giorgio. Ci aspettano molti chilometri per arrivare al punto di incontro e, lo sai, mi piace arrivare sempre in anticipo in queste situazioni”. “Per me va bene, a domani” risposi.
Nonostante la mia contentezza al pensiero che la mia stagione venatoria non fosse terminata, un pensiero mi gironzolava costantemente per la testa: gennaio non è il periodo migliore. Fortunatamente Francesco è una persona molto positiva ed ottimista ed andare a caccia in posti bellissimi in compagnia di un amico è uno stimolo per partire senza indugi. La domenica arriva. Francesco mi passa a prendere ed iniziamo il nostro viaggio verso Comacchio. Da Ferrara, città nella quale abitiamo, fino a Comacchio sono circa 50 Km, bisogna prendere la strada direzione Porto Garibaldi e , successivamente, l’ A13, il Raccordo Autostradale Ferrara-Porto Garibaldi. Finalmente circa 45 minuti di macchina, arriviamo a Comacchio alle 4.45 del mattino. Ad attenderci al punto di ritrovo c’é il nostro “barcaiolo” che dovrà portarci all’appostamento con la sua barchetta. Si chiama Alfredo ed a prima vista esprime una certa durezza di carattere, di chi ha scelto una vita ed un lavoro senza badare ai dettagli. E’ la classica persona che sembra dire al mondo: “Vivo e faccio quello che mi va di fare”. Insieme a lui c’è un bellissimo esemplare di American Water Spaniel, una delle migliori razze per la caccia in palude. Si chiamo Darko. Sarà il nostro ausiliario per tutta la giornata. Nonostante la sua apparente scontrosità, nel presentarci si dimostra cordiale e disponibile. Saliamo a bordo della sua barca, si accende il motore fuoribordo e si parte verso l’appostamento.
La barca procede silenziosa e leggera sull’acqua. Io, in silenzio a prua, mi faccio “accarezzare” dal vento gelido. Non detesto il freddo, anzi. Basta sapersi coprie bene. In quel momento mi vengono in mente le parole di mio padre: “Con il freddo, basta che le estremità, testa, piedi e mani, siano bene coperte ed asciutte. Solo così si possono sopportare le basse temperature”. Il pensiero di mio padre, che non c’è più, mi procura una bella sensazione, perché dico a me stesso che quello è uno dei tanti preziosi consigli che mio padre mi ha lasciato in eredità. Consigli che hanno un valore inestimabile per me. Navigando nella laguna, mi stupisco di come Alfredo riesca ad orientarsi in quelle zone, non avendo nessun punto di riferimento, la buio per di più. Lui, però, manovra il timone senza indugio, trasmettendo sicurezza a noi dell’equipaggio. Dopo circa mezz’ora di navigazione arriviamo nel luogo prescelto per la cacciata. Le postazioni sono due capanni a terra, situati su un argine che taglia in due la laguna.
Scendiamo dalla barca, prendiamo i fucili e le cartucce, ed iniziamo a prepararci. Iniziamo a lasciare gli stampi in acqua. Alfredo, prima di congedarsi, ci dice: “Questa è una radio, tenetela voi per precauzione. Ha un’autonomia di molte ore. Se avete bisogno di qualcosa, chiamatemi, qui il cellulare non prende bene. In bocca al lupo!”. Alfredo è un uomo di esperienza e sa che la prudenza non è mai troppa. Di nuovo ritorna quella sensazione che oggi non scaricheremo nemmeno i fucili, ma Francesco, come se avesse capito mi dice: “Certo non sarà facile oggi, ma sono sicuro che qualche colpo lo assesteremo per bene, ne sono convinto”.
Il mio amico, mentre entriamo nei nostri rispettivi capanni, mi intrattiene con piacevoli conversazioni ed argomenti di vario tipo: i figli, la famiglia, le sue speranza per il futuro…per la giornata di caccia. Questo mi aiuta a trovare l’ottimismo che è indispensabile a caccia. Io penso che nella caccia non esistono certezze, ma con un buon compagno o una squadra affiatata si riescono a superare tutte le difficoltà. All’improvviso il vento cambia e questo non ci aiuta molto, perché è probabile che abbiano maggior fortuna quei cacciatori più al largo nella laguna, nei punti dove ci sono le botti gemelle. Dentro di me penso: “Lo sapevo, che sfortuna.”
Comunque rimango tranquillo ed aspetto. Francesco mi rassicura e mi dice che se altri spareranno molto più di noi, non è detto che il nostro carniere sarà vuoto a fine giornata. Alle prime luci dell’alba, arrivano due anatre ed io e Francesco imbracciamo i nostri fucili: sono due germani che volano in direzione opposta l’una dall’altra. Partono i colpi e le due anatre vanno giù in acqua. Darko parte e riporta, una per volta, le due anatre. Francesco mi dice: “E questo è solo l’inizio, abbi fede!!”. Trascorrono pochi minuti e passa sopra le nostre teste un piccolo stormo di mestoloni. Il Mestolone ha un volo veloce e regolare, con improvvisi abbassamenti a pelo d’acqua e repentine risalite. Non è una preda facile per me, ma decido di non voler sbagliare e faccio fuoco. Francesco mi segue ed abbattiamo tre esemplari, che vengono riportati prontamente a riva dal nostro ausiliario. Da lontano si sentono i colpi sparati dai cacciatori appostati nelle botti. Sono quasi a ripetizione, segnale che da quelle parti c’è una maggiore concentrazione di selvaggina. Francesco ed io ci guardiamo. A questo punto gli dico: “Oh, qui bisogna recuperare. Al porticciolo ci dobbiamo presentare con il carniere carico di prede”. Il tempo passa ed il vantaggio accumulato dalle postazioni lontane sembra farsi sempre più grande. Basavamo le nostre supposizioni sul numero di colpi sparati, facendo una stima approssimativa delle prede che stavano catturando.
Appare dal nulla un germano alto nel cielo. Invece di calare sui nostri stampi passa largo e punta decisamente verso le altre postazioni, ma ad un certo punto ci ripensa e si dirige verso la nostra posizione. Francesco mi lascia il tiro e faccio fuoco. Cade giù e Darko riparte. A questo punto penso: sono passati germani e mestoloni; per completare il carniere servirebbero le Canapiglia. È la meno comune fra le anatre oggetto di caccia, tuttavia è in incremento numerico. La Canapiglia si immerge per cercare il cibo, così evita la concorrenza con le specie che occupano la stessa nicchia ecologica. Nemmeno faccio in tempo a terminare il pensiero che una Canapiglia svolazza davanti a noi. Dico a Francesco: “Questa è tua, vai!”
artono i colpi, ma non vanno a segno. Era troppo lontana ed aveva un volo troppo irregolare. Francesco sorride e mi fa : “La prossima è mia”. Rimango sempre stupito dall’ottimismo di quell’uomo. Quasi mi fa rabbia. Alla fine, però, penso che sia uno stile di vita giusto e corretto. D’altronde, essere pessimisti non aiuta di certo a vivere meglio. Arriva uno stormo di germani ed iniziano a sorvolare il nostro appostamento fuori dalla portata dei nostri fucili e, dopo aver descritto un semicerchio si posano lontano, fuori dagli stampi. Ci acquattiamo nelle nostre rispettive “buche”, trattenendo il respiro, pronti a far fuoco. Le anatre notano gli stampi e si dirigono verso questi. Come tirate da un filo invisibile, i germani cominciano a nuotare velocemente verso di noi. Si fermano ad una distanza ideale per il tiro. Come si fa con un buon vino, per assaporarne ogni singolo profumo e sapore, sorseggio con gioia gli attimi inebrianti che precedono lo sparo. Non esiste nulla al mondo che possa distrarre l’attenzione di cacciatore in questi momenti. Questi sono unici ed irrepetibili ogni volta. Fisso nella mia mente queste sensazioni, come se volessi creare un cassetto nella mia memoria per ricordare quel preciso istante. Credo che la medesima cosa stesse facendo Francesco. Facciamo fuoco ed i colpi vanno segno. Scatta una risata ad entrambi. Siamo stati fortunati con le prime due: i primi colpi infatti avevano fermato due alzavole e la terza, dubbiosa, vedendo le compagne ferme sull’acqua non si decideva a fuggire. Velocemente l’avevo “incannata” riuscendo a fermarla con un altro colpo fortunato. Francesco si complimenta con me per la tecnica utilizzata e mi dice: “Questa triplete è merito tuo”. Per un attimo ha utilizzato un modo di re che nel calcio, da interista quale è, si usa spesso per indicare la vittoria del campionato, della champions league e del mondiale per club. Io, milanista dalla nascita, gli concedo questa licenza poetica. A malincuore decidiamo che è ora di rientrare. Con la radio chiamiamo Alfredo, il quale ci conferma che sta per partire con la sua barca per venirci a prendere.Il carniere era pieno, la giornata trascorsa è stata perfetta, la stagione venatoria l’avevo conclusa nel migliore dei modi e con il mio migliore amico, sia nella vita che nella caccia. Sentiamo in lontananza il rumore del motore della barca di Alfredo, il quale, a distanza, esclama: “Ragazzi!!” sventolando una mano. Prendiamo la nostra attrezzatura, saliamo in barca e torniamo al molo. Durante il ritorno Alfredo ci chiede come è andata. Lo fa con discrezione, con prudenza. Sa perfettamente che l0umore dei cacciatori che tornano con il carniere mezzo vuoto non è dei migliori. Gli facciamo vedere le prede e lui si complimenta con noi. Arriviamo al piccolo molo, salutiamo Alfredo e Darko, sistemiamo la macchina e partiamo per tornare a casa.
Durante il viaggio di ritorno ringrazio Francesco per la sua disponibilità. Stavo per ringraziarlo per il suo atteggiamento sempre positivo e solare, ma lui mi interrompe dicendomi: “Grazie di che? Siamo amici e si va a caccia insieme. Se nella caccia non ci sono certezze nei risultati, nella nostra amicizia posso dire di certezze ne ho tante”. Arrivo a casa e saluto Francesco, con il quale ci diamo appuntamento per la settimana prossima per una cena insieme alle nostre famiglie. Flavia, sull’uscio della porta, mi vede e mi chiede: “Come è andata?”.
Ed io: “Ora che ti vedo, posso dire che la giornata è stata perfetta”.