Caccia alla Beccaccia: Nuove e vecchie generazioni di cacciatori a confronto, quel che l’esperienza può insegnare all’entusiasmo nel racconto di Giovanni.
Di andare a caccia di beccacce con un fucile in mano, ho avuto desiderio ardente fin da ragazzino. Non per il gusto della violenza, che non mi appartiene e nemmeno perché considero la caccia uno sport!
Per me andare a caccia è una cosa seria, un confronto con la natura, un modo per viverla e tutelarla: mio padre d’altronde era un cacciatore di quelli veri, dotati di etica e di valori che mi ha trasmesso.
Caccia solo quello di cui hai bisogno, ama l’ambiente, abbi rispetto della tua preda sono alcune delle regole che cerco di passare ai nuovi cacciatori di oggi: purtroppo non è così semplice!
Io sono originario della Bassa Padana e nel mese di ottobre, quando s’intensificava il passo della regina nelle nostre zone, fra i cacciatori era fermento. Mi padre, sempre accompagnato dai suoi meravigliosi cani da caccia, rimase sempre fedele ai setter e temo che la passione sia genetica. I miei primi ricordi di caccia infatti si legano a Vigo, un favoloso esemplare che addestrammo personalmente; ricordo ancora tutto alla perfezione: albeggiare, odore di caffe in casa, Vigo eccitatissimo e partenza di tutta fretta verso il bosco con papà e alcuni amici.
Le giornate migliori erano quelle limpide, nuvolose solo a tratti: allora l’erba brillava per via della rugiada e l’atmosfera era quasi da sogno. Certo questo non capitava spesso, ma di queste giornate ne ricordo tante. Durante una di queste, avrò avuto 17 anni scarsi, trascorsi una mattina di caccia davvero indimenticabile. Come al solito la giornata era partita sotto il “nostro” albero, il punto di ritrovo di tanti amici: chissà quante sere abbiamo trascorso a discutere della caccia appena conclusa sotto la vecchia quercia…
Il gruppo si inoltrò presto nel bosco dirigendosi verso i punti di pastura che conosceva bene e io dopo un’attesa che al cane probabilmente sembrò eterna, liberai finalmente Vigo. Guardarlo era un piacere: perlustrò la zona come al solito e presto ebbe un’idea chiara di tutto il dintorno abitato da pioppi, rovi, ginepri, robinie e fontanili. Insomma il luogo era zona di pastura ideale per la regina dei boschi. Vigo più volte rallentò e affinò la ricerca, specie in prossimità di alcune zone in cui la macchia si faceva più fitta, a testa alta, per catturare qualsiasi odore.
Buona parte della mattina trascorse inutilmente: nessuna traccia della beccaccia e molti dei nostri compagni decisero di tornare a casa per ritentare nel pomeriggio. Mio padre a quel punto mi strizzò l’occhio: lo diceva sempre che la caccia non è matematica. Mi consigliò di prendere una strada diversa per far rientro all’albero e alla macchina: più lunga, poco battuta sia dai cacciatori, sia dalle beccacce. Lo confesso, pensai che non ci fosse tanto con la testa ma decisi di seguirlo, esattamente come fece il cane, un poco rattristato dalle aspettative tradite.
Il guizzo di Vigo fu sorprendente quando percepimmo, poco distante da noi la favolosa frullata della regina. I primi tiri furono una vera e propria vergogna! Buon per la beccaccia: tutta colpa della precipitazione e soprattutto della mia distrazione. E chi pensava di trovare nel bel mezzo del nulla una beccaccia?
Trascorse del tempo, forse una mezzora e le mie speranze stavano per appassire di nuovo quando notai Vigo rallentare il suo passo, farsi circospetto e dannatamente silenzioso: trovata! Il cane, quasi rispettoso della Regina prese una ferma splendida: mio padre con uno sguardo mi concesse il passo e mi invitò a calmarmi: benedetta gioventù.
Il nuovo frullo del volatile richiamò la mia attenzione: volava bassa, facendo slalom fra un’infinità di ostacoli che la nascondevano. La mia doppietta conquistò un ciuffo di rovi e sfiorò un ramo di ginepro, ma mio padre che aveva seguito tutta la scena, con un tiro bellissimo riuscì a fermare quella favolosa beccaccia. Mentre Vigo riportava la preda strizzò l’occhio: la prossima sarà tua.
Quel giorno imparai che la caccia non è regole ferree ma piuttosto istinto, che ogni cacciatore deve imparare ad ascoltare e che con l’impazienza non si va da nessuna parte…